Top.it 2011 *61-70

Le 100 canzoni dell'anno, le più belle, quelle che ricorderemo a distanza di tempo. Le migliori. Tutte in ascolto e recensite una ad una. Ecco la prima parte: dalla 100 alla 51.

Foto di Sha Ribeiro
Foto di Sha Ribeiro

 

 

61. Marco Parente

Il diavolaccio

 

Un bellissimo brano. Un Marco Parente edotto e disilluso. Struggente. Un ritratto di un Diavolo esausto e disperato. Come i cantautori, stanchi "di scrivere lettere al mondo" , in attesa di "una buona proposta" . La costante consapevolezza di un ineluttabile avvenire: il “tutto come prima, l’uomo alla donna, la tomba all’amore”. // Samir Galal Mohamed

 

 

 

62. Casa del mirto

Just Promise feat. Freddy Ruppert of Former Ghosts

 

Qui non puoi esitare, muovi la testa a tempo e vai: trascinante hit da dancefloor che arricchisce il tuo soggiorno di luci iridescenti e giovani cool con cocktail nella mano. Molto eighties alla base, voce calda come l’abbraccio di un affascinante sconosciuto, grande cura nei particolari per quattro minuti di raffinata chillwave. // Margherita Di Fiore

 

 

 

63. Bud Spencer Blues Explosion

Rottami

 

La definizione di hard blues, in debito con i Cream, aveva poco senso in Italia, prima dei BSBE. In un vocabolario dei generi musicali, il modo migliore per spiegarne l'essenza sarebbe ascoltare una canzone come questa. La batteria è tritolo, voce e chitarra sono calore e miccia. Questo pezzo è tutto ciò che resta dopo la deflagrazione. Rottami. // Roberta d'Orazio

 

 

 

64. Mezzala

Nella vasca coi piranha

 

Io ho capito che ormai davanti a Michele Bitossi devo arrendermi e farmene una ragione. Che siano i Numero6 o il suo progetto solista Mezzala, va sempre nello stesso modo: all'inizio mi pare che i brani non funzionino e dopo due settimane sono lì che li canticchio in continuazione. "Nella vasca coi piranha" funziona allo stesso modo. E Bitossi la piazza all'incrocio. // Marco Villa

 

 

 

65. Ratafiamm

Se mi allontano

 

C’è l’amore che lacera e prende a morsi. Ma anche quello ostinato (o vigliacco, volendo) che nasconde tutto lo sporco e si sforza di tenere viva questa spirale all’incontrario di cui faremmo meglio a tagliare i fili. Lucidi e crudeli, i Ratafiamm affondano il dito dentro la piaga nell’intervallo di sole due strofe. Vedi alla voce potenza cantautorale. // Marcello Farno

 

 

 

66. Boom Da Bash

Murder

 

Una delle canzoni più calde e incazzate dell'anno. Salentino e patois si mescolano al punto che quasi non li distingui più. Il gemellaggio è sempre più credibile e la miscela è bollente, esplosiva. Anche se non cogli ogni singola parola, è quel ritmo che dà il senso e che ti entra dentro. E allora Boom! Ballare! Muovere il corpo insieme al cervello. // Carlotta Fiandaca

 

 

 

67. Ovo

Marie

 

Un labirinto con le luci spente. Nel buio, una voce canta la più macabra delle filastrocche. Una nenia feroce. A un passo dall’ipnosi, tutto esplode e diventa sempre più scuro. I battiti fanno tremare le pareti. L’oscurità è tutta attorno. Ti svegli stordito, in lontananza la voce macabra canta sempre la stessa canzone. Il labirinto è più buio di prima. // Filippo Cicciù

 

 

 

68. Three In One Gentleman Suit

Green Riots

 

Ho sempre pensato che il respiro di questo pezzo fosse simile a quello delle grandi canzoni rock da classifica. Oppure che fosse la soundtrack perfetta per uno di quei telefilm americani, dove a un certo punto lui le stringe le mani, lei lo guarda e parte un bacio che ha il sapore dell’addio. In una sola parola: epica. // Marcello Farno

 

 

 

69. Il Buio

Inno generazionale di noi sfigati

 

Probabilmente essere onesti è l'unico modo per non essere patetici. Metterci un frammento di vita, e quella che potrebbe sembrare l'ennesimo esempio di un piangersi addosso sfigato diventa una scheggia che passa la pelle e arriva dove fa più male. Una piccola canzone, che nonostante il titolo non vuole rappresentare una generazione ma solo chi l'ha scritta. (Non è poco). Per questo è così bella. // Sandro Giorello

 

 

 

70. Soviet Soviet

Human Nature

 

Triplo wow per i Soviet Soviet che si confermano nel 2011 come una delle band più promettenti nel panorama postpunk/new wave italiano. Giovani, carini e molto occupati a suonare in giro per l’Europa, con “Human Nature” catturano sin dal primo istante con una sezione ritmica nera e potentissima, chitarre invernali e voce seducente. I like that mood, and love these guys. // Margherita Di Fiore

 

 

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L'articolo Top.it 2011 *61-70 di Redazione è apparso su Rockit.it il 2011-12-12 00:00:00

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