Legge Cirinnà: il Paese è reale, la musica forse no

Il ddl Cirinnà infiamma la discussione sulle unioni civili e sulla stepchild adoption. Una discussione alla quale, a quanto pare, non prendono parte i musicisti italiani.

- Il manifesto del festival MI AMI 2014

Fuori c'è una battaglia, tu come stai?

Il ddl Cirinnà infiamma la discussione sulle unioni civili e sulla stepchild adoption anche fuori dal Senato, ormai da settimane. Il discorso si diffonde tra le strade delle città e soprattutto sui social network, dove si sta giocando una parte significativa del dibattito sui diritti delle persone omosessuali.

Che si tratti di Roberto Formigoni o di Maurizio Gasparri, il pallino del gioco sui social network è spesso tenuto da gente per lo più anziana che teoricamente dovrebbe prediligere media più tradizionali. Una cosa che spinge spesso il dibattito politico a un livello basso, con errori di comunicazione solo apparenti che in realtà puntano a coprire il campo per accreditarsi agli occhi di un certo elettorato. Così, di fronte a un uso primitivo e fuori dai denti dei tweet e dei post su Facebook, si registra un insolito silenzio da parte di tanti fra gli artisti più seguiti del panorama musicale italiano, anche tra quelli in ambito indipendente. Ciò che rende strana questa assenza è che a volte si tratta di artisti con una visione generalmente molto chiara, non solo della musica ma anche delle dinamiche sociali e politiche, magari artisti e band che nelle canzoni e ai concerti non si fanno pregare se c’è da esporsi. Ecco allora se la qualità della discussione è quella che è - troppi slogan, poche riflessioni - perché la musica dovrebbe tirarsi indietro quando potrebbe contribuire in maniera costruttiva?

(foto via Internazionale.it)

La gente si sta mobilitando, nelle piazze e anche attraverso il web. Sui social nascono i flash mob che poi trovano concretezza nelle piazze d’Italia, come è successo lo scorso gennaio per l’anti Family Day #svegliatitalia (in quell’occasione tra quelli che si sono fatti sentire ci sono stati Levante, Le Luci Della Centrale Elettrica, Nicolò Carnesi, Colapesce). E allora se quel movimento nasce tra le bacheche di Facebook, viene da chiedersi come mai gli artisti non sentano la necessità di intervenire nel dibattito e provare a innalzare il livello. Il Teatro Degli Orrori - tra i più lucidi nel parlare dell’Italia di oggi - in questi giorni di polemiche sulla Cirinnà hanno preferito rilanciare un appello per l'abolizione della contenzione meccanica (beninteso una battaglia altrettanto meritevole di attenzione). Più sincronizzati sulla stretta attualità sono i membri dello Stato Sociale, peraltro non nuovi al tema, visto il bacio in diretta tv al Primo Maggio e anche la partecipazione nel 2013 all’Indie Pride di Bologna, festival di musica indipendente improntato sulla lotta all'omofobia.

Ovviamente ogni musicista ha diritto di parlare di quel che gli pare senza per questo essere accusato di menefreghismo. E ovviamente si può rifiutare l’assunto di base e capovolgere la questione, sostenendo che la politica non passa dai social network bensì dalle azioni concrete, dall’attivismo, dal darsi da fare. Ma forse il punto è un altro: oggi per un artista esporsi in maniera politica sui social è considerato un rischio. Nella società dei tribunali di Facebook e Twitter, spesso basta una parola di troppo per essere fraintesti, contestati e insultati, con il risultato che la riflessione passa in secondo piano e il musicista finisce per difendere se stesso, non le sue idee (vedi il caso Nobraino per la battuta - invero non molto riuscita - sugli immigrati annegati). Ci sono stati i "nastrini" colorati di Sanremo, è vero, ma è bene ricordare che l'iniziativa non è venuta dai singoli artisti ma dal blogger Andrea Pinna: Noemi ha raccolto l'appello a sostenere la comunità LGBT italiana e ha prestato e distribuito il "gadget" ai colleghi. Un gesto simbolico non indifferente, soprattutto nel programma più importante della RAI, che tuttavia non basta.


È innegabile che la canzone politica non goda da molti anni ormai di particolare salute, per cui certi messaggi possono risultare strani e fuori luogo alle orecchie degli ascoltatori. Ciò non toglie che da un punto di vista prettamente comunicativo il dibattito sul ddl Cirinnà registra un buco importante sul quale è naturale interrogarsi, quello della musica italiana.

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L'articolo Legge Cirinnà: il Paese è reale, la musica forse no di Manfredi Lamartina è apparso su Rockit.it il 2016-02-19 13:45:00

Tag: opinione

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