Una storia tra le tante: quella gita a Berlino ascoltando Ziggy Stardust

"Nel 1993 io nascevo, Bowie pubblicava il suo album "Black Tie White Noise" e al suo fianco ritornava per l’ultima volta Mick Ronson"

11/01/2016 - 17:48 Scritto da Lucio Corsi

Tutti abbiamo delle storie o ricordi personali legati a David Bowie. Chi ha ereditato i suoi dischi da qualche zio o sorella maggiore, chi lo vide per la prima volta su Mtv, o addirittura chi ha avuto la fortuna di vederlo suonare dal vivo. A loro modo, tutte le storie meritano di essere raccontare in queste ore in cui l'incredulità per la morte di Bowie non ha ancora lasciato spazio al dolore. Per questo pubblichiamo questo piccolo racconto personale a Lucio Corsi, un giovanissimo musicista italiano che più di molti altri ha subiìto il fascino del Duca Bianco pur essendo nato solo nel '93.

 

Nel 1993 io nascevo, Bowie pubblicava il suo album "Black Tie White Noise" e al suo fianco ritornava per l’ultima volta Mick Ronson, suo storico chitarrista nonché colui che sentite suonare il piano ogni volta che ascoltate "Satellite of Love" di Lou Reed.

Come moltissime altre persone su questa terra, conservo gelosamente dei ricordi personali legati a David Bowie, anche se per questioni anagrafiche non ho mai vissuto "gli anni d'oro" della sua carriera. Il primo ricordo che ho di me con David Bowie nelle orecchie risale ad una gita a Berlino in terza superiore: quella gita durò tre giorni in più del previsto a causa dell’eruzione di un vulcano in Islanda. Il novanta percento degli alunni finì a letto a causa di un virus e dovemmo tornare in Toscana con un pullman che si ruppe poco dopo Siena. La miglior gita che ricordo. 

Ero a Berlino e avevo Ziggy Stardust nel lettore mp3. Mi guardavo intorno come per cercare le sgommate sull’asfalto risalenti ad una di quelle notti di Bowie ed Iggy Pop passate in macchina a tirare freni a mano fino a rimanere senza benzina. A Livorno ci passeggio volentieri perché mi immagino Ciampi sotto un ponte che scrive una poesia, lì a Berlino mi sembrava di poter vedere ad ogni angolo il Duca Bianco intento a prendersi un caffè prima di rientrare in studio e registrare "Low".

(Brian Eno, Robert Fripp e David Bowie durante le registrazioni di "Low" nel 1977)

Una delle cose più difficili per un autore di musica popolare è riuscire ad evolversi, riuscire a mutare la propria musica. Questo è un aspetto che mi ha sempre affascinato della sua storia musicale, perché sono stati pochi i musicisti in grado di farlo. Bowie è sempre riuscito a mutare nel migliore dei modi, collezionando e rubando qualsiasi cosa per far sì che arricchisse il suo percorso. Non a caso si circondava di musicisti di grande talento, a partire da Mick Ronson, o per le varie tracce di pianoforte suonate da Rick Wakeman, tastierista degli Yes. La libertà con la quale creava un mondo come quello di Ziggy Stardust per poi distruggerlo con un ultimo concerto cantando "My Death" di Jacques Brel e riapparire sotto le vesti di Aladdin Sane e poi ancora con il Duca Bianco è sempre stata per me fonte di grande ispirazione. Mi ha sempre dato energia. In un'intervista una volta gli chiesero: “Do you believe in God?” Lui rispose: “I believe in an energy form.”

Gli unici souvenir che mi portai a casa da quella gita a Berlino furono un libro di fotografie sul periodo Ziggy Stardust, con qualche nota in tedesco e queste cose qua:

Davi Jones, "When I’m five", "Space Oddity", la passione per i Beatles, la canzone per Dylan, "The rise and Fall Of Ziggy Stardust and the spider from Mars", il cambio di costume in camerino all’Hammersmith Odeon con in sottofondo il lontano assolo di chitarra di Mick Ronson che tira giù il palco, le foto di Mick Rock, le basette del bassista Trevor Bolder, Angie, i Rolling Stones, "All the Young Dudes", “a cosa mi serve la televisione quando ho i T.Rex?”, "Velvet Goldmine" e Bowie che non lo accetta, Lou Reed, la produzione di "Trasformer", i cori di Bowie in "Satellite of Love", Iggy Pop, la produzione di "The Idiot", "China Girl", il video di "Life on Mars" fatto in un giorno, improvvisato. "Young Americans", il disco soul a Los Angeles bianco e con la faccia tirata come non mai, "The return of the Thin White Duke / Throwing darts in lovers’ eyes", "Low", "Heroes", "Lodger", "Brian Eno", "Robert Fripp", un sacco di altre storie, "Five Years": 

And all the fat-skinny people, and the tall-short people
and the nobody people, and the somebody people
I never thought I’d need so many people." 

 

---
L'articolo Una storia tra le tante: quella gita a Berlino ascoltando Ziggy Stardust di Lucio Corsi è apparso su Rockit.it il 2016-01-11 17:48:00

COMMENTI

Aggiungi un commento avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia