La moda del lento tarda ad arrivare: Nicolò Carnesi intervista i Baustelle

Abbiamo chiesto a Carnesi di recensire "La moda del lento" dei Baustelle. Lui, per schiarirsi le idee, ha fatto due chiacchiere con Bianconi.

Abbiamo chiesto a Carnesi di recensire "La moda del lento" dei Baustelle. Lui, per schiarirsi le idee, ha fatto due chiacchiere con Bianconi.
Abbiamo chiesto a Carnesi di recensire "La moda del lento" dei Baustelle. Lui, per schiarirsi le idee, ha fatto due chiacchiere con Bianconi. - La copertina de "La moda del Lento"

Abbiamo chiesto a Nicolò Carnesi di recensire "La Moda del Lento", il disco dei Baustelle che oggi, dopo 10 anni, viene ristampato. Lui per chiarirsi le idee ha fatto due chiacchiere direttamente con Francesco Bianconi.
 

Dicembre a Bologna, freddo decisamente fuori dalla portata di un siciliano come me. Risultato: febbre alta e voce così bassa che potrei cantare “Il Corvo Joe” tre tonalità più in basso di Francesco Bianconi.
Squilla il telefono. “Nicolò, scriveresti un articolo sulla ristampa de La Moda del Lento dei Baustelle?”
Ecco, appunto.
Tra uno starnuto e l'altro inizio a fantasticare su come starei nelle vesti di un giornalista appassionato, e mi cimento nella stesura del mio primo articolo. Complici le dosi di antibiotici, le minestrine al brodo Coop e le allucinazioni febbrili, mi ritrovo ad intraprendere un viaggio nel tempo sentimentale e confusionario, in cui passato e futuro si intrecciano e si inseguono in un infinito ballo lento (eh!) che sorvola un presente sempre più annebbiato ed irreale.



Col fiuto da “grande giornalista” noto subito che sono passati esattamente dieci anni da quando “La Moda del Lento” fu pubblicato. Dieci anni sono quelli in cui puoi parlare per la prima volta del passato sentendoti un figo. Torno nei corridoi del mio liceo: nerd un po' depresso, cantante fra le nuvole. Di quelli che però in fondo gli piace. Alla fine ci brindano su. Alla solitudine come stile di vita. Alle sigarette, e alla meraviglia della solita vita maledetta. Al mio paesino di tremila anime che anche se non ruberò mai in un autogrill sulla strada per la libertà, mi manca poco per essere “Alain Delon”. Appoggiato al muro osservo passare il mondo in chiave estetica e mi chiedo la bellezza che cos'è? Osservo il mio presente slegato e decadente, quei dandy infelici e la loro velocità senza meta. Spengo la sigaretta e concludo che potrei tranquillamente essere uno dei personaggi di un nostalgico album elettropop italiano. Tipo quello che è uscito il 12 maggio di quei dieci anni fa, il secondo disco dei Baustelle, “La Moda del Lento”.

Mi domando se davvero i Baustelle si sentissero come quel sedicenne un po' disperso in quel tempo decadente e dal futuro incerto. Lo chiedo a Francesco Bianconi:

“In realtà ci pensavo molto di meno che adesso alla decadenza del tempo, - risponde Bianconi - alla nostalgia di un qualche passato, all'incertezza del futuro. Le canzoni del disco hanno dentro tutte queste cose, ma me ne sono accorto più a posteriori rispetto all'epoca in cui sono state scritte. Evidentemente, però, era come mi sentivo allora. Ricordo anche che quel periodo coincide più o meno con la mia lettura de “Le particelle elementari” di Houellebecq e alcune canzoni sono permeate di questo tipo di filosofia cinica e pessimista.

Di colpo ti accorgi di tutte quelle cose che avevi nascosto, chiuse in una scatola subito dopo averle vissute. Vengono fuori all'improvviso e ti fanno rendere conto di quanto altro c'era, dieci anni fa. Oltre alle sigarette e ai sogni di fuga. Di quanto altro ti sei portato fuori da quei corridoi.

“Un'altra cosa che ho notato a distanza - continua Francesco - è che ci sono molte canzoni d'amore: “La Moda del Lento” è anche un disco d'amore. Ci sono canzoni di astio nei confronti di persone che evidentemente mi avevano ferito. C'è l'amore quasi stilnovista di “EN”, quindi felice: è difficile scrivere canzoni di quel genere, devo dire che “EN” è una canzone che canto ancora molto volentieri. Poi ce ne sono alcune di amore un po' impossibile come “Cin cin”: c'è un pessimismo dentro che già sai che quella storia non finirà molto bene. Ci sono canzoni di astio tipo "La canzone di Alain Delon" che alla fine è una specie di “Like a Rolling Stone” di Dylan (dico: magari!): queste canzoni di odio verso qualcuno che si è amato, che ogni tanto hai bisogno di scrivere, come se avessi bisogno di insultare quella persona che ti ha fatto del male. A volte ne escono canzoni interessanti, sicuramente come “Like a Rolling Stone”, magari “La Canzone di Alain Delon” un po' meno...” (ride, NdA).

Mi viene da aggiungere che “EN” è una canzone che si riascolta anche molto volentieri. Magari seduti sulla roccia millenaria del Teatro Antico di Taormina sotto ad un cielo stellato e col mare che fa da sfondo ai musicisti. L'apoteosi dell'esserci...

Comunque, torniamo a noi.
Scopro che mentre io, nel pieno dei miei sedici anni, stavo a farmi le seghe mentali, i Baustelle scoprivano un'anima modaiola:

“La Moda del Lento è un disco che voleva essere un po' modaiolo all'epoca, nel senso che c'eravamo innamorati sia io che Fabrizio Massara (ex membro della band, NdA) dell'elettronica e di molta musica che veniva da fuori Italia e che mescolava suoni acustici e suoni elettronici. Mi viene in mente, me lo ricordo come fosse ora, quando con Fabrizio ascoltammo a casa mia il primo disco dei Lali Puna, eravamo innamorati di quella cosa lì. In quel periodo c'era molta musica che veniva considerata di tendenza diciamo così, che mescolava un certo tipo di elettronica a sonorità più tradizionali. E volevamo che “La Moda del Lento” suonasse un po' più elettronico rispetto al “Sussidiario”. Solo che come spesso succede quando vuoi fare il modaiolo e come quando vuoi spararti delle pose... sì, puoi fare il colpo lì per lì ma poi il tempo inevitabilmente ti punisce. Quindi mai farsi troppo ubriacare dalle mode.
Io penso che dal punto di vista delle sonorità e dei suoni, ancora oggi, ascoltando “La Moda del Lento”, si sente che era un disco fatto da ragazzi che volevano un po' scimmiottare qualcos'altro, mentre dal punto di vista delle canzoni trovo che ci siano dentro delle cose molto belle e che continuiamo a proporre ancora adesso con molto piacere.”


Eccoci, dieci anni dopo. Com'è invecchiato La Moda del Lento?

“Quando uscì La Malavita (il loro terzo disco, NdA), dichiarai che La Moda del Lento sarebbe invecchiato peggio rispetto agli altri due dischi. Un po' ci credo ancora a questa cosa”.

Ci rifletto un attimo. “La Moda del Lento” è un disco che io, oggi, riascolto molto volentieri. Nella discografia dei Baustelle, il fatto che ci sia un disco che nei suoni si discosti totalmente da tutti gli altri, può essere una peculiarità, non un difetto. Mi viene in mente “Regeneration” dei Divine Comedy. Glielo faccio notare.
“Ecco, “Regeneration” dei Divine Comedy è un disco che invecchierà benissimo! (ride NdA) Dai, ne riparliamo tra dieci anni!”

(Nicolo Carnesi in studio)

E noi, come siamo invecchiati?
Nel pormi questa domanda mi tolgo la maschera da giornalista e rifletto sul viaggio che mi ha portato fuori dalla mia isola e dal mio isolamento (senza farmi mancare gli Autogrill!). Da giovane musicista al lavoro sul suo secondo disco, chiedo timidamente a Francesco cosa serva oggi per compiere questo viaggio senza perdersi per strada.

Secondo me non bisogna pensare troppo al futuro, bisognerebbe avere una mentalità molto punk nel senso di sgobbare, darsi da fare e avere le idee chiare sul presente e su quello che si vuol fare subito. Scrivere tonnellate di canzoni. Il successo poi è un incidente, una cosa che ti può capitare. Invece trovo che molte band e giovani musicisti di oggi siano troppo concentrati sul successo. È anche un discorso legato alle nuove tecnologie e ai nuovi modi di fruizione della musica: l'offerta di musica è elevata all'ennesima potenza, tutti possono formare una band, che è una cosa bellissima e democratica, però il contraccolpo è che tutti hanno più bisogno di mettersi in mostra e questa cosa influenza la forma a discapito della sostanza. Andy Warhol pare che quando incontrò la prima volta il giovane Lou Reed disse, si, che le sue canzoni erano belle, ma che doveva scriverne cinquanta. Questo dev'essere l'approccio. Credo molto poco al mito del successo e molto al lavoro”.

A proposito di nuove generazioni, inaspettatamente diventa lui, per un attimo, il mio intervistatore e mi chiede come sia nata la nostra scena musicale siciliana. Si parla un po' di come è cominciato tutto, delle nostre due provincie di origine, così diverse ma così simili nell'essere nido per le nostre canzoni. Mi viene in mente un mio conterraneo, Gesualdo Bufalino, che disse: “Le canzoni di allora avevano una certa udienza presso il mio orecchio, oggi c'è divorzio totale. Certo è che se io provo a canticchiare nel bagno, mentre mi faccio la barba, qualche motivo di oggi, inesorabilmente mi taglio”.
Ultimamente Bianconi porta la barba lunga. Mi sorge spontanea la domanda!

“Non sono un passatista a tutti i costi. Mi piacciono molte cose del presente. Le canto, magari non mentre mi faccio la barba perché tendo a non farla ultimamente. (ride NdA)”

Ma quindi, la moda del lento, dieci anni dopo, è arrivata? Sembra di no.

“La Moda del lento per quello che intendevo e continuo a intendere io, tarda ad arrivare. Per me la moda del lento, riferita alla musica, è una maggiore importanza alla sostanza, alla verità, alla sincerità. Ripeto, vedo molta posa e molta poca sostanza.

Ma non c'è solo pessimismo nelle sue parole. Come non c'è solo nostalgia nel riproporre un disco di dieci anni fa. Forse dovremmo solo capire che il presente dura più a lungo di un tweet, dovremmo rallentare un attimo per renderci conto di ciò che siamo e abbiamo ora.

Concludiamo questo viaggio fra i ricordi in tono scherzoso: Francesco ma, dieci anni dopo: Beethoven o Chopin?

“Decisamente Beethoven. Ma in fondo lo sapevo anche prima. Chopin è invecchiato molto di più. Beethoven va bene sempre, in ogni tempo.”

Per fortuna ci sono cose che vanno bene in ogni tempo. Come, nei suoi pregi e nei suoi difetti, “La Moda del Lento”.

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L'articolo La moda del lento tarda ad arrivare: Nicolò Carnesi intervista i Baustelle di Nicolò Carnesi è apparso su Rockit.it il 2013-12-03 11:12:00

COMMENTI (10)

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  • xerox193 11 anni fa Rispondi

    ok finta tontolona di un Irene Andreucci (ucci ucci!)

  • DistortedGhost 11 anni fa Rispondi

    Carlo xerox....., lascia perdere la musica e contatta una escort su internet urgentemente !!

  • xerox193 11 anni fa Rispondi

    DisorderGhost, per il tuo nick name suonava bene anche Irene Andreucci, potevi registrarti direttamente cosi no?

  • DistortedGhost 11 anni fa Rispondi

    ma dai FLAVIOLUCCI ma sdrammatizza che paroloni !! "astio, ti rendi conto che scrivi !!" e che ho detto di cosi' grave, era solo una MIA puntualizzazione che fara' anche bene al giovane CArnesi, tutto qui'.

  • flaviolucci 11 anni fa Rispondi

    Distortedghost, ti giuro che non capisco tutto questo astio.
    "Tanto per schiarirgli le idee?".
    Ma ti rendi conto di cosa scrivi?
    Ti ha fatto qualcosa Carnesi?
    Cosa intendi per "si sentono di essere arrivati"?
    Pur facendomi davvero schifo tutta la corrente neo-cantautorale, mi sembra che l'unica cosa che non abbiano nei loro tratti sia spocchia e supponenza.
    Anzi, li vedi dal vivo e sono impauriti e con gli occhi bassi.
    Boh, magari mi sbaglio, ma questa uscita mi sa tanto di sferzata d'odio casuale.
    Avesse detto ai Baustelle: "sono meglio di voi", lo capirei pure il tuo discorso, ma cazzo... in questa intervista è un agnellino.
    Boh... il modo nel quale i discorsi "casuali da bar contro tutto e tutti" stanno entrando nel web mi lascia sgomento.
    Poi magari capisco male io eh, ci mancherebbe.

  • RoyBatty 11 anni fa Rispondi

    Paoli intervistato da colapesci Bianconi intervistato da carnesi , Agnelli lo puo' intervistare la mia portinaia ?

  • theminnesotas 11 anni fa Rispondi

    distorted il tuo commento è, come si dice, #acaso

  • DistortedGhost 11 anni fa Rispondi

    bhe si presuppone e cmq era tanto per schiarirgli le idee, magari come tanti neo cantautori si sentono di essere arrivati chissa' dove solo perche' hanno fatto un dischetto e tanti bei concertini per l'Italia.... i Baustelle prima di arrivare dove sono hanno fatto una gavetta di almeno un decennio.

  • flaviolucci 11 anni fa Rispondi

    Posto il fatto che Carnesi non mi piace... quando mai NC ha detto in questa intervista di essere al pari dei Baustelle?

  • DistortedGhost 11 anni fa Rispondi

    Carnesi senza offesa ma.... ne devi masticare tanto ma tanto di pane duro prima di arrivare (se mai ci arriverai....) ai livelli di Bianconi, anche se lultime cose non mi son piaciute i Baustelle sono senza dubbio la migliore band "indie" italiana di sempre e "La moda del lento" e' un CAPOLAVORO !