Con l'equo compenso la SIAE incasserà da sola un quarto del totale europeo

Dopo la firma del decreto si prova a capire di che cifre stiamo parlando: ecco il risultato

Equo compenso siae
Equo compenso siae - Immagine via Focus.it
27/06/2014 - 12:58 Scritto da Redazione

Vi abbiamo raccontato qualche giorno fa del decreto sull'equo compenso firmato dal Ministro della Cultura Dario Franceschini, che porterà un gettito di circa 157 milioni di euro nelle casse della Siae, con un aumento del 150% rispetto ai 63 milioni del 2013.
Sul Corriere si prova a fare i conti con più precisione, soprattutto riguardo l'affermazione più volte ripetuta dai rappresentanti Siae che negli altri paesi europei la "tassa sui telefonini" sarebbe già molto più alta che in Italia, e che quindi questo aggiornamento delle tariffe sarebbe da ricondurre in un quadro di allineamento europeo.
Ebbene, i 157 milioni di euro che incasserà la Siae sono addirittura un quarto del totale che si incasserà totalmente a livello europeo, ovvero 600 milioni di euro. Una cifra enorme, considerando che molti paesi, tra i quali Regno Unito, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Cipro e Spagna, non applicano nessuna imposta. 
Dalla Siae ribadiscono ancora una volta che non si tratterà di una tassa a carico dei consumatori, mentre Confindustria Digitale risponde che inevitabilmente questo aumento di spesa andrà ad influenzare anche i prezzi al pubblico. Il vicepresidente Filippo Sugar ha dichiarato al Corriere: «Il consumatore non paga proprio nulla. È il produttore che paga la licenza per fare copie private sui dispositivi digitali in vendita. In caso di uso professionale dei supporti i produttori sono esenti dal pagamento e vengono stipulate apposite convenzioni». Quindi se si utilizza un tablet o uno smartphone per lavoro, e quindi non si ha intenzione di utilizzarlo per ascoltare della musica, guardare un film o leggere un libro, il produttore del supporto è esentato dalla tassa. Il meccanismo appare un po' farraginoso, e per ora non ci sono ulteriori dettagli su questa esenzione. 
Tra i detrattori del decreto c'è Confindustria Digitale, che ha spiegato: «È una situazione paradossale, contraria al comportamento dei consumatori italiani che privilegiano lo streaming, per il quali il diritto d’autore è corrisposto ai titolari dai gestori delle piattaforme digitali, mentre la copia privata tende a diventare sempre meno diffusa».
Per finire, Altroconsumo ha già raccolto 60 mila firme di protesta dei consumatori e farà ricorso al Tar del Lazio, che potrebbe avere esito positivo: in Germania, paese preso ad "esempio" per l'equo compenso, al momento l'indotto è bloccato a causa del ricorso presentato dai produttori, mentre in Francia il Consiglio di Stato ha già dato ragione ai produttori in materia di equo compenso.

 

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