Faber Nostrum: tra gli applausi e il fastidio, una riflessione sul tributo a Fabrizio De André

Qualcuno c'ha messo l'anima, altri sono in posa e si sente

La copertina di Faber Nostrum
La copertina di Faber Nostrum

Faber Nostrumè l'album di tributo a Fabrizio De André in cui la nuova musica italiana paga pegno nei confronti di uno dei cantautori più celebri e celebrati del nostro paese. L'antico assunto secondo cui Faber (insieme a Franco Battiato e Lucio Battisti) sarebbe incoverizzabile si sgretola di nuovo sotto il peso di questa playlist o compilation, chiamatela come vi pare. Non è la prima volta che le canzoni di De André vengono reinterpretate, i casi più eclatanti sono quelli del concerto-tributo del 12 marzo 2000 da cui è stato tratto l'album Faber, amico fragile, con Celentano, Battiato, Finardi, Vecchioni, Ligabue, Jovanotti, Bertè e Vasco, la riproposizione filologica di Non al denaro non all'amore nè al cielo di Morgan del 2005 e i vari tour del figlio Cristiano che canta suo padre con arrangiamenti nuovi e molto, molto discutibili.

Il target dell'operazioneFaber Nostrum è abbastanza trasversale, dovrebbe andare dai fan di Fabrizio De André ai ragazzi che sono nati dopo la sua morte (11 gennaio 1999), molti dei quali non sono mai venuti in contatto con le parole, prima ancora che con la musica, del cantautore genovese. Il risultato di questo tentativo di svecchiamento è un grande dipende. Diciamo pure che alle soglie del 2020, i tabù non dovrebbero esistere, così come i giudizi preconcetti e anche se "Gazzelle canta De André" fino a ieri sarebbe stato il titolo di una pagina meme, Sally in bocca a lui non muore. Certo, il finale un po' Daniele Groff se lo poteva risparmiare, ma in definitiva la fa diventare un brano pop su una storia d'amore ribelle e tossico, un tema sempre attuale. Gli Ex -Otago purtroppo pestano la prima vera merda con Amore che vieni, amore che vaiin una versione lounge jazzata che non emoziona e spesso infastidisce. Insomma, pur senza l'apprccio religioso di alcuni fan, questa è una delle canzoni più belle mai scritte e accollarsi di buttarla via così è quasi da eroi. Quasi.

Il primo vero infarto ce lo regala Willie Peyote che riscrive Il bombarolo facendola diventare una canzonaccia di Anastasio a X Factor. Tra tutte le cose che ci sono da fare nella vita, quella di scrivere un nuovo testo per un pezzo di De André non è tra le più smart, diciamola tutta. Va bene che non c'è più l'idealismo dei '70 e quindi il bombarolo deve trovare un nuovo contesto, ma farlo diventare reazionario filo gialloverde no. Per quello basta andare su Facebook. Anche i Canova non brillano, Il suonatore Jones dalla loro bocca è ampolloso e sofisticato senza motivo, ricoperto di una patina che non gli appartiene affatto. Canzone per l'estate di Cimini e Lo Stato Sociale è una versione che non convince a pieno ma dà noia meno di altre. Primo brivido per Inverno dei Ministri, che sale potente ed è organica col percorso della band; in pratica, potrebbe essere un pezzo della loro scaletta da sempre e nessuno griderebbe al sacrilegio.

 

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Colapesce gioca d'astuzia e la sua versione de La canzone dell'amore perduto è la cover della cover di Battiato, non di De André. Purtroppo per lui, abbiamo già quella del Maestro e al confronto ci perde un po', pur eseguendo un gran lavoro. The Leading Guy ci regala un picco di questo album ed è un paradosso, visto che lui è abituato a cantare in inglese. La sua Se ti tagliassero a pezzetti funziona a tutti i livelli: intensità, voce, arrangiamento ed è una delle poche che manderesti in repeat dopo l'ascolto. Sarebbe molto interessante ascoltare un suo album in italiano, la sua voce ricorda Fossati mischiato con The Tallest Man On Earth. Di Motta ci eravamo già occupati a parte e, tranne qualche svarione di testo probabilmente lasciato lì per favorire l'emozione del buona la prima, la sua Verranno a chiederti del nostro amore è rispettosa e sentita, tanto basta. 

Grave mancanza di questo tributo: le interpretazioni femminili. L'unica, neanche a nome suo e a metà è quella de La Municipal, che scelgono La canzone di Marinella con un coraggio che si rivela suicida. Il pezzo è ultra famoso ed è caricato con un'aggiunta di pathos inutile che arriva a ricordare gli Evanescence, per dire. Fadi è un discorso a parte: la sua Rimini è tutta anima e anche quando risulta calante oppure quando decide di adattare la melodia alla sua voce, viene fuori una sincerità che in molti dei pezzi contenuti in questo tributo, manca del tutto. Non stiamo parlando certo degli Zen Circus che scelgono di rallentare ulteriormente Hotel Supramonte per renderla ancora più struggente, forse addirittura troppo. In ogni caso, di nuovo una prova di spessore.

Per la versione di Fiume Sand Creek dei Pinguini Tattici Nucleari mi fermo un attimo per non perdere la calma: mi piacerebbe sapere a chi è venuto in mente l'idea che trasformare un pezzo iconico su un massacro dei nativi americani in un musical simile alla colonna sonora di Top Gun fosse una pensata brillante. Non lo è di suo ed è l'unico caso dell'album in cui ho sentito venir meno il rispetto nei confronti dell'autore. Artù prende una canzone di quelle epiche e datate, il Cantico dei drogatie la rifà senza infamia e senza lode, in una versione un po' sanremese. Chiude il tributo Vasco Brondi, stavolta utilizzando il suo vero nome dopo la fine de Le luci della centrale elettrica e fa centro con Smisurata preghiera, tratta da Anime salve. In direzione ostinata e contraria, come tutto il suo percorso del resto. Bravo.

Come avrete ascoltato e letto, alcune belle versione, altre decenti, altre ancora da strapparsi le orecchie. Il tributo ci sta, il tentativo di cercare nuovo pubblico utilizzando nuovi interpreti pure, qualcosa però si è inceppato e in molti casi il risultato è deludente al limite del fastidioso. Abbiamo tentato di approcciarci all'album in maniera più laica possibile, lasciando da parte l'amore e il legame che ognuno di noi ha con i pezzi originali, con Faber, con gli arrangiamenti e persino con le copertine dei vinili, per capire quanto avremmo ascoltato queste cover dopo la curiosità iniziale. Il risultato è: solo quattro o cinque pezzi poche volte, solo un paio in repeat. Favorire l'anima a dispetto della patina, questo è ciò che serve quando vai a toccare un nervo scoperto della canzone italiana, un poeta e un uomo morto giovane, a neanche 60 anni, dopo aver regalato perle e aver contribuito in modo irripetibile alla cultura e al senso della frase nel nostro paese. Un personaggio che manca ogni giorno di più, di cui vorremmo ascoltare le parole e i pensieri, oggi. Registrare un pezzo di De André è una responsabilità da non prendere sotto gamba, un lavoro da non fare con la mano sinistra ma con tutta la passione e tutto l'amore possibile. Qualcuno ce l'ha fatta e si sente, altri sono lì solo in posa, e si sente anche questo.

 

 

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L'articolo Faber Nostrum: tra gli applausi e il fastidio, una riflessione sul tributo a Fabrizio De André di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-04-29 13:00:00

COMMENTI (1)

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  • per.giorgiobarbieri5 anni faRispondi

    Bell’articolo. “Setacciare spiagge con l’accusa del corallo” però proprio non si può sentire...