10 dischi italiani prodotti bene secondo Matteo Cantaluppi

10/04/2015 - 11:42 Caricato da Redazione
Matteo Cantaluppi è un produttore italiano da qualche anno trasferitosi a Berlino. Ha lavorato a molti album importanti: lo si può considerare una delle figure chiave dietro “Fuoricampo” dei Thegiornalisti, ha prodotto l'ultimo “Qui e ora” di Paletti, e molti altri ancora. Da poco è anche uscito il suo disco del progetto Frontera scritto insieme a Baffo Banf.i

Gli abbiamo chiesto quali sono i 10 dischi italiani prodotti bene: i più innovativi per il periodo in cui sono usciti, quelli che hanno davvero cambiato le cose e quelli che più l'hanno colpito in questi ultimi anni.
Vasco Rossi “Bollicine” (1983 - Carosello)
Fresco di una partecipazione a Sanremo con “Vado al Massimo”, e di 200.000 copie vendute con l’album che dà il titolo alla canzone, Vasco nel 1982 è a un bivio: rimanere uno “scoppiato” o fare sul serio. Decide di fare sul serio, e pubblica “Bollicine”. Prodotto da Maurizio Biancani (lo trovate sempre al Fonoprint…) e Guido Elmi (il mitico “Steve Rogers”), Vasco sforna un album solido, precisissimo, contemporaneo, ma senza tradire la sua essenza. Fa largo uso di sintetizzatori, “triggera” la batteria (rinforzandola con suoni sintetici) e ci dà dentro con il campionatore. Rimastica Billy Idol e Frankie Goes to Hollywood (“Portatemi Dio”) e mescola i Duran Duran a John Carpenter ("L'Ultimo Domicilio Conosciuto"), il tutto in salsa “Vasco”. Contiene almeno 3 pezzi epocali, inutile dirvi quali. Dodi Battaglia alla chitarra in “Una canzone per te”.
“Credi che basti un figlio per essere un uomo e non un coniglio”.
Zucchero “Blue’s” (1987 - Polygram)
Nell’epoca dei telefoni e delle macchine da scrivere, Corrado Rustici, musicista napoletano, a 17 anni si trasferisce prima a Londra, poi atterra a New York, per dirigersi verso la California. Suona con Whitney Houston, Aretha Franklin e molti altri, e quando produce “Blue’s” di Zucchero è avanti anni luce rispetto agli altri. 7.000.000 di copie (?!) vendute in tutto il mondo, registrato tra gli Umbi Studios di Modena ed il “Fonoprint” di Bologna (gli Abbey Road italiani…), impiega alcuni tra i migliori musicisti dell’epoca, tra cui David Sancious alle tastiere e Clarence Clemons (proprio lui) al sax. Album pulito, suonato benissimo e che fa uso di alcune tecniche per l’epoca innovative, come la chitarra “MIDI”. Praticamente tutti singoli, con l’apice emotivo in “Dune Mosse”. Inaugura l’epoca dei duetti e come numero di copie vendute si supera solo con il successivo “Oro, Incenso e Birra”.
“Un viaggio in fondo ai tuoi occhi…”
C.S.I. “Ko De Mondo” (1994 - I Dischi Del Mulo)
C’è un mondo prima di “Ko De Mondo” ed uno dopo “Ko De Mondo”. Come il muro di Berlino (esagerato!) è l’album spartiacque, dopo di esso nulla sarà più come prima. Registrato da qualche parte in Bretagna con uno studio mobile e qualche registratore digitale (DA88 della Tascam), “Ko De Mondo” è l’album di un collettivo con le idee chiarissime, proprio come il suono di questo disco. Originale, ben suonato e ben registrato, ti fa credere che tutti noi possiamo cantare. Errore fatale, è impossibile replicare un album del genere. Ci fa capire come la Toscana e l’Emilia Romagna siano posti unici al mondo.
“Viaggiano i perdenti, più adatti ai mutamenti”….
Subsonica “Microchip Emozionale” (1999 - Mescal)
E’ possibile decidere, con lucidità e determinazione, di mettere insieme una band di successo mantenendo una certa integrità ed indipendenza? Si, e Max Casacci, piemontese di Torino, lo fa. Basta essere organizzati(ssimi). Forte di una struttura funzionale (gli studi di registrazione “Casasonica”) e di una certa esperienza come musicista, tecnico del suono e produttore (ha 33 anni quando fonda i Subsonica), Casacci produce un album veramente “emozionale”, come suggerisce il titolo, e riesce dove forse i Casino Royale e i Bluvertigo hanno fallito: fa il botto, e dura nel tempo. L’album è un mix di contaminazioni tipiche del periodo (jungle, trip hop, funk) e ha giuste dosi di chitarre, tastiere, bassoni, campionamenti, cassa in quattro, testi “sintetici”. Un disco che si può ballare o ascoltare, o tutti e due insieme. E ricordiamoci che ai tempi l’Hard Disk Recording (registrare musica su computer) non era una realtà ancora consolidata, per cui intonare voci, mettere a tempo le esecuzioni, o copiare parti qua e la non erano operazioni così’ banali. Mixato da Carlo U. Rossi, Marco Capaccioni ed i Subsonica stessi (eccetto “Tutti i miei sbagli”, registrata e mixata al Junglesound da Enrico “Ciro” La Falce). Inattacabile.
“Psycoton, Seranase, Liserdol, Felison, Flunox, Control, Quilibrex e Lexotan”….

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Tiromancino “La Descrizione Di Un Attimo” (2000 - Virgin Music)
L’uso del campionatore (strumento in grado di registrare audio in formato digitale, risuonabile successivamente attraverso un computer o una tastiera) programmato dallo stesso Riccardo Sinigallia (che entra a far parte della band in occasione di questo loro quinto album, in veste anche di produttore artistico) mescolato al “disagio” dei testi di Federico Zampaglione, agli arrangiamenti orchestrali, alla ritmica “trip hop”, e a un gusto tutto romano per la melodia malinconica, formano “La Descrizione di un attimo”. Sound piuttosto scuro e gonfio, molto caldo. Un riuscitissimo mix per un album non leggerissimo. Accanto ai brani più noti, troviamo lunghi viaggi “bristoliani” con accenni hip hop, come “La Distanza”, “Roma Di Notte” e “Strade”, con cui partecipano al Festival di Sanremo 2000. Un successo a scoppio ritardato, con almeno un pezzo più che clamoroso, “Due Destini”.
“Mi chiedi di partire adesso, perché i numeri e il futuro non ti fanno preoccupare”

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Tiziano Ferro “111 Centoundici” (2003 - EMI)
Il secondo disco è sempre il più difficile nella carriera di un artista. Prodotto dallo stesso Tiziano Ferro con Michele Canova, una produzione impeccabile, a tratti audace, con testi in certi casi più sinceri di alcuni artisti indipendenti. E infatti vende 1.500.000 di copie in tutto il mondo, sarà un caso? Non lo è. Ritmiche sintetiche a tratti violente e sperimentali (“Mia Nonna”), voce compressissima, doppiata e armonizzata più volte, suono molto aperto e largo. Difficile trovare altri album italiani con questo sound (piuttosto internazionale), merito anche del timbro vocale di Ferro, ed effettivamente ci sono ben pochi artisti che cantano nella loro lingua locale (francesi, spagnoli, tedeschi, olandesi, ecc….) conosciuti nel mondo come lui; un motivo ci sarà. “Sere Nere”, un vero e proprio classico della canzone italiana, lo consacra a divo. Dall’album successivo la produzione diventa più regolare e perde quella vena “black” ed elettronica presente nei primi due dischi.
“Eri come l’oro ora sei come loro”….
Vinicio Capossela “Marinai, Profeti e Balene” (2011 - Warner)
Prodotto da Capossella con Taketo Gohara. Registrato in giro per l’Europa (Milano, Creta, Berlino, Ischia, ecc….), diviso in due parti…un viaggio pazzesco, che dire di più?
“Troppe braccia per non abbracciarti”….

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Ghemon “Orchidee” (2014 - Macro Beats)
L’album di Ghemon, prodotto da Tommaso Colliva e Marco Olivi, scorre che è un piacere. Avevamo bisogno di musica suonata, viva, ma anche a suo modo leggera e Ghemon mette insieme una squadra perfetta: Calibro 35, Selton, Patrick Benifei, tra gli altri. Il suono è preciso e quando entrano i ritornelli, tutto si apre. Zero menate. Decisamente uno degli album meglio concepiti della scena indipendente italiana.
“Quando Imparero’!”

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Riccardo Sinigallia “Per Tutti” (2014 - Sugar Music)
Una sorta di linea di demarcazione, la fine di un periodo, di un’epoca scura e forse di un certo cantautorato “disagiato”. Sinigallia, che appare per la seconda volta in questa mia personale classifica, fa un album che, pur non avendo un impatto “sociale” immediato, ha una certa e impressionante profondità e qualità. A partire dai testi, ma anche le musiche e il sound, scuro ma con qualche apertura. Synths “obliqui” (“Una Rigenerazione” e “13 07 2010”), rullanti stoppati e accordati bassi (“E Invece Io”), rimandi battistiani e a volte floydiani (“Per Tutti”), basso (e basse) importante, qualche glitch. Un missaggio dinamico, che non stressa le nostre povere orecchie. Classe immensa, sotterra un decennio di (alcuni) mediocri cantautori e partecipa pure a Sanremo 2014. Livello veramente alto.
“Non sono stato mai invitato, non a caso, ad una sola delle vostre convention”….

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Colapesce “Egomostro” (2015 - 42 Records)
Un album sorprendentemente equilibrato, veramente ben fatto e centrato. La produzione, di Mario Conte, è un vero turning point secondo me: ogni cosa è al posto giusto. Finalmente, perché non è semplice essere contemporanei in questo modo. Un balance preciso, tra riverberi, archi, chitarre, elettronica, tastiere, voce, ben miscelato da Giacomo Fiorenza. Il frutto di anni di lavoro, in un paese dove ce la devi (quasi) sempre fare da solo. Come avrei voluto fosse “I 400 colpi” degli Amor Fou, forse.
“Dov’è che vai? Hai per caso un Oki?”

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La gallery 10 dischi italiani prodotti bene secondo Matteo Cantaluppi è apparsa su Rockit.it il 2015-04-10 11:42:45