MI AMI 2015 - Le band di venerdì

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Tutte le band della prima giornata del MI AMI: Appino, Riccardo Sinigallia, Populous, Nadàr Solo, The Monkey Weather, TY1, Iosonouncane, Ardecore, Le capre a sonagli, Peter Kernel, Moustache Prawn, Joan Thiele, Massaroni Pianoforti, Dave Saved, Johnny Mox, His Electro Blue Voice, Donato Epiro, Petit Singe, Lamusa.
Massaroni Pianoforti
Gianluca Massaroni apre ufficialmente il MI AMI 2015 insieme alla sua band formata da 4 elementi e subito si capisce dove vuole andare a parare: mezz’ora di cantautorato alla vecchia maniera, con testi intelligenti ed arrangiamenti curati. Tra Baglioni e Fossati, lui lo sa benissimo e ci scherza pure sopra. Chiude il suo set con “Carlo”, vero e proprio tormentone dell’anno scorso, dal vivo ancora più bella. Un’apertura azzeccata. (Simone Stefanini)
Foto di Alessandro Sozzi
Massaroni Pianoforti
Foto di Federico Buonanno
Joan Thiele
Uno dei nomi che abbiamo voluto a tutti i costi, anche se non ha ancora pubblicato nemmeno un ep: il live di Joan Thiele è stato una sorpresa continua, voce fantastica e canzoni forti, che hanno lasciato dietro di sé una fila lunghissima di nuovi fan. In attesa di rivederla il prossimo anno, su un palco più grande. (Nur Al Habash)

Foto di Alessandro Sozzi
Joan Thiele
Foto di Federico Buonanno
Joan Thiele
Foto di Starfooker
Moustache Prawn
I Moustache Prawn sono una band che dal vivo rende molto con poco. In formazione classica chitarra, basso e batteria, liberano una furia ben celata quando scendono dal palco. Brani corti e belli tesi di punk rock pieni di feedback e stop ritmici, che poco lasciano alle interpretazioni, ovvero quando il rock è assimilabile ad una raffica di schiaffi a mano aperta. Il trio brindisino fa muovere la testa avanti e indietro, spingendo per una ventina di minuti contro i barocchismi di genere e contro la melodia da classifica. Rock ruspante. (Carlo Tonelato)
Foto di Federico Buonanno
Peter Kernel
Un fulmine a ciel sereno devasta il palco della Collinetta di Jack quando gli italo-svizzeri Peter Kernel fanno il loro ingresso. L’intreccio delle voci di Aris e Barbara si fonde e potenzia i suoni ricchi di chitarre e percussioni, dando un’impronta ancora più noise ai pezzi, privati nel live della morbidezza uniformante della registrazione. Se qualcuno in prima fila aveva il cappello lo avrà sicuramente visto volare via. La band, in particolare con “High Fever”, porta a casa una prestazione carica e ad alto tasso di adrenalina. (Eva Cabras)

Foto di Alessandro Sozzi
Peter Kernel
Foto di Alessandro Sozzi
Le Capre a Sonagli
Quando li vedi dal vivo capisci molte cose delle loro follie sonore: sono molto più tosti, viene fuori la parte più stoner, ma anche quella più divertente. Gippo, il cantante, è seduto sull'ampli ed emette i suoi grugniti (sì, sono veri), gli altri intorno a lui, detto in poche parole, spaccano tutto. Grande finale al coro di “Siamo tutti nudi, tuu tuuu”. Uno spasso e una gioia da vedere e sentire. (Chiara Longo)
Foto di Alessandro Sozzi
Le Capre a Sonagli
Foto di Federico Buonanno
Ardecore
L’inconfondibile sound degli Ardecore trasforma la Collinetta di Jack in un gigantesco terrazzo erboso. Affacciato sul palco, il pubblico ha potuto assistere alla serenata malinconica della band romana, capace come sempre di esprimere l’essenza delle proprie radici con la morbidezza del folk e l’energia di un gladiatore. Autentici e passionali, gli Ardecore padroneggiano la scena come veterani e scaldano il cuore più delle temperature proibitive di giugno. (Eva Cabras)
Foto di Federico Buonanno
Iosonouncane
Sarà che “Die” è uno dei dischi dell’anno, ma c’è un’atmosfera bollente davanti al palco, già dalle note dell’intro. Incani suona le macchine come se fossero un pianoforte e non sembra di avere un electric performer davanti, ma uno che esce dai solchi dei dischi prog più belli. Voce strepitosa, gente in trance, lui sa che li sta facendo godere e allora si accende una sigaretta e la finisce in tre boccate, mentre guarda il pubblico con l’aria di sfida e di complicità. Un live superiore alla media, oggi, in Italia. (Simone Stefanini)
Foto di Federico Buonanno
Iosonouncane
Foto di Federico Buonanno
The Monkey Weather
Rompere il ghiaccio non è mai facile, l’importante è avere il coraggio di suonare mentre tutti stanno arrivando e la capacità di prendere gli spettatori uno alla volta e non lasciarli più andare via. The Monkey Weather si presentano sul palco in divisa, aprono le danze sul Palco Pertini e non fanno prigionieri. Buona la prima. (Marco Villa)
Foto di Claudio Romani
Nadàr Solo
I Nadàr Solo sono stati decisamente bravi e il pubblico sotto il grande palco Pertini ne è completamente conquistato. Salgono sul palco e sparano un rock cantautorale energico e raffinato. Si esibiscono bene, caricano con “Non volevo”, attirano con il brano “Cara madre” e qualcuno si lascia scappare una lacrima di emozione. Il cantante e bassista Matteo De Simone tiene bene la scena. Siamo sicuro che avranno modo di crescere sempre di più. (Maurizio Cacia)
Foto di Claudio Romani
Riccardo Sinigallia
A volte capita che un concerto prenda il sopravvento su chi sta suonando, mandando all’aria scalette studiate con attenzione. Al MI AMI è successo a Riccardo Sinigallia, che ha scoperto di essere andato lungo e di dover tagliare un pezzo di live. Per alcuni potrebbe sembrare un errore, per noi è il segno di un concerto vissuto con intensità a mille: stile ed emozioni vere. (Marco Villa)
Foto di Alessandro Sozzi
Riccardo Sinigallia
Foto di Claudio Romani
Riccardo Sinigallia
Foto di Claudio Romani
Appino
Andrea Appino sale sul palco Sandro Pertini con l’entusiasmo di un ragazzino pronto ad urlare contro il mondo. Il pubblico c’è, lo conosce e canta con lui. Porta con sé i pezzi del suo ultimo album e qualche successo precedente. “Grande raccordo animale” conquista e crea la giusta dimensione. Emoziona con il vecchio brano “Il Testamento” e la gente lo segue. Un vero “animale” da palcoscenico. (Maurizio Cacia) Foto di Claudio Romani
Appino
Foto di Claudio Romani
Populous
Tensione umida e tropicale, bassi che accarezzano, beat che perforano il petto: c'è chi pensava che il live di Populous fosse solo da ballare, e invece c'era anche tantissimo da ascoltare, compresa la bellissima voce di Lucia Manca. (Nur Al Habash)

Foto di Starfooker
TY1
Foto di Claudio Romani
Lamusa
Lamusa non ha ancora molta esperienza con i live di questo progetto, è quello che si dice un vero esordiente. Ma uno di quelli che hanno studiato per bene: il suo set è trascinante e in venti minuti riesce ad immergere gli ascoltatori in una dimensione psichedelica e spaventosa, unica. Uno dei live più interessanti dell'edizione di quest'anno. (Nur Al Habash)

Foto di Starfooker
Petit Singe
La cosa bella di Petit Singe durante i suoi live è che immersa in una concentrazione profondissima, quasi una trance che parte dallo schermo del computer e arriva chissà dove. Probabilmente non ha notato nemmeno le centinaia di persone che stava trascinando via con sé, a colpi di loop e campioni ricercatissimi. Una meraviglia. (Nur Al Habash)

Foto di Starfooker
Johnny Mox
Mette in piedi uno one-man show da prima serata nazionale, quelle storie dove la gente è così divertita e coinvolta da fare ogni cosa che gli chiedi, "adesso gridate tutti in coro, più forte non vi sento", e succede! Rock'n'roll scheletrico che dialoga col beatboxing, gli ultimi dieci minuti chiama la band sul palco per chiudere con una jam lisergica che poi si sposta e invade fino a notte fonda il prato del MI FAI. (Marcello Farno)

Foto di Starfooker
Johnny Mox
Foto di Nik Soric
His Electro Blue Voice
In alcuni momenti ho veramente temuto per l'impianto, il suono era strabordante, una colata lavica così densa e aggressiva da lasciare intorno solo terra bruciata. Il pubblico era inebetito, scorgeva nel vortice qualcosa di ipnotico che non gli permetteva di allontanersene. In definitiva uno dei live più potenti di tutto il festival. (Marcello Farno)
Foto di Starfooker
Donato Epiro
Torbido e sinuoso, il “Fiume Nero” trascina a valle i detriti di culture indefinite - che sia medio-oriente, africa o più semplicemente l’eco allucinata del primitivo, è un chiasso evocativo e ipnotico. Donato Epiro utilizza scientemente library music, noise e un logorio ritmico ossessivo eppure sommesso. Affascinante nella sua incarnazione più silvestre e disorientante. (Marco Verdi)
Foto di Nik Soric
Dave Saved
Era uno dei nomi da andare a cercare. Ma lui, e la sua musica, sono così: proiezioni notturne di emozioni sussurrate. Schivo e cerebrale nel costruire stratificazioni palpabili eppure incerte, tra gli abbozzi ritmici di una techno destrutturata e pause concrete, sintetizzatori, field recordings. Un suono cosmico e profondamente immersivo, perennemente sospeso tra la danza mentale e un crudo senso di decadenza. (Marco Verdi)

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La gallery MI AMI 2015 - Le band di venerdì è apparsa su Rockit.it il 2015-06-11 17:07:20