Il Pan del Diavolo - Con il microfono in gola

Per il ritorno in pista il Pan Del Diavolo ha preparato un menù a base di piombo, polvere e carbone. Il duo folk-punk palermitano è riuscito a consolidare la propria capacità di sfoderare ritornelli che sai a memoria dopo mezzo ascolto. Il cantante-urlatore Pietro Alessandro Alosi si prepara dunque a un tour che è tra i più attesi della stagione.

La formazione si sta espandendo?

Sì, in maniera periferica. Abbiamo creato un suono che vogliamo riprodurre dal vivo e Antonio Gramentieri e Diego Sapignoli, chitarra baritono e batteria, sono eccezionali. Nei concerti suoneremo anche in duo, lo spettacolo che abbiamo preparato è abbastanza completo.

Quali differenze di approccio ci sono tra queste due tipologie di formazioni?

Quando siamo in duo dobbiamo spingere al 100% per coprire con la carica che abbiamo quello che manca a livello sonoro. Invece con gli innesti possiamo allargare a tre dimensioni il suono e le dinamiche dei brani.

È corretto dire che questo è un disco più da band del precedente?

Sì, anche se parte sempre da noi due. Per raggiungere zone di suono più interessanti e più lontane da quelle solite ci siamo affidati alla collaborazione di altre validissime persone. Il loro tocco strumentale si sposa perfettamente con quello che volevamo fare noi.

Pensi di aver raggiunto il tipo di suono che ti eri prefissato?

Siamo soddisfatti, volevamo allontanarci da quello che avevamo fatto prima, per allargare il percorso delle canzoni e delle emozioni che possono passare con una trama musicale molto più ampia. Non è stato semplice fare questo disco ma siamo felici.

Quanto conta il tipo di produzione per la riuscita di un disco?

Per registrare un disco come si deve serve sempre qualcosa di più del solito. La squadra è rimasta quella di “Sono All'Osso”. Fabio Rizzo ha prodotto con noi le riprese, ha condiviso la produzione artistica. C’è una sinergia totale tra noi e chi ha lavorato con noi.

Mi sembra che siate più sciolti e con meno voglia di dimostrare qualcosa a tutti i costi. Mi sembra che il nuovo cd sia più spontaneo come risultato finale.

“Sono All'Osso” è il primo disco e deve essere per forza naturale. “Piombo, Polvere E Carbone” in maniera diversa lo è altrettanto, se non di più. Sicuramente non l'abbiamo scritto immaginando di dover costruire un singolo perfetto e radiofonico. Tutto è stato fatto per completare il viaggio musicale che avevamo ideato.

Dove trovi tutte le immagini per i tuoi testi?

Alcune nascono dalla mia vita. Altre le costruisco e possono venire fuori degli artifici letterari. È un po' un mix. Non si può immaginare di scrivere i testi solo su un'ispirazione casuale e immediata ma neanche si può sperare di costruirli da zero.

Quando canti del dolce far niente parli di te o di un personaggio fittizio?

Spero di non parlare esattamente di me stesso. È una canzone molto easy, non vuole necessariamente raccontare una storia e ha una punta d'ironia. Non è autobiografica. Mi è piaciuto quello che hanno scritto su una rivista, cioè che questo pezzo sembra la degna prosecuzione di “Università”. Della serie, dopo gli studi non si fa un cazzo (ride, ndr).

Quanto conta l'ironia per te?

È un ingrediente del mix, conta quanto tutto il resto. Al momento la band è solida e completa, tutto è importante, dalla squadra di produzione a quella del tour.

C'è una nuova generazione di cantautori, da Dente (lui non più giovanissimo, per la verità) a Le Luci Della Centrale Elettrica, fino all'ultimo arrivato che è Nicolò Carnesi. Tu come ti poni? Ti senti parte di uno stesso movimento? Oppure ritieni che quello che fai c'entra poco con la corrente attualmente in voga in Italia?

La corrente non la scegliamo noi, la descrivi tu che ne parli. Ognuno penso che abbia la propria dimensione. Al momento ci sono determinati cantautori. Alcuni più giovani, quelli che hai citato tu, altri meno. È una corrente ma anche no. Non facciamo la bandiera di un manifesto dei nuovi cantautori.

Non ti ritrovi molto nella compagnia.

Non del tutto. Tu hai citato cantautori. Noi alla fine lavoriamo come una band. Quindi l'immaginario può essere più ampio. È un po' diverso.

A te piacciono?

Mah, devo rispondere per forza? (ride, ndr)

Dai, un po' di polemica.

Facciamo il tifo per i giovani cantautori...

Che tipo di sensazioni provi quando sei in tour?

Fra l'ep e “Sono All'Osso” abbiamo suonato per tre anni e mezzo ed è successo di tutto, abbiamo pure cambiato città dove vivere. Esiste un pizzico di routine ma poi c'è grande entusiasmo e voglia di fare rock dal vivo.

Colapesce qualche giorno fa ha detto che per coloro che vengono dalla Sicilia è difficile fare tour perché non possono permettersi di suonare solo nei weekend e devono fare giri molto ampi. In più i promoter e i locali guardano sempre con sospetto i siciliani. Qual è stata la tua esperienza, anche alla luce del tuo trasferimento a Roma?

Per noi è stato necessario spostarci, continuavamo a fare su e giù da Palermo per queste tranche di date e il viaggio era massacrante. A parte poi la difficoltà organizzativa della tua agenzia o dei tuoi promoter, fisicamente è pesante fare un tour di quindici giorni senza una casa e senza poter tornare nella tua città il giorno dopo. Ogni volta devi metterti in macchina e fare 500 chilometri, poi devi prendere una nave per ritornare nella tua terra. È un'avventura. Non si può dire che sia leggero. In qualche modo, la posizione geografica è un problema.

E ora?

Ora le cose vanno bene. Avere una base fuori ti permette di tornare a casa come e quando vuoi. Poi sei circondato dal tuo ambiente di lavoro. La nostra agenzia è a Pisa, il nostro fonico ad Arezzo, se vuoi andare a vedere un concerto (è importante andare a vedere i concerti) c'è Bologna a portata di mano. Bisogna muoversi e da Palermo non è semplice.

Anche tu hai avuto esperienze tipo quelle raccontate da Colapesce? Hai mai dormito in un garage?

Avrei molto da dire a riguardo, è ovvio che abbiamo avuto esperienze del genere. Però non voglio entrare in questa polemica. Comunque è dura. Molto dura.

Il fatto che sia dura è la regola o è un'eccezione?

Non è la regola.

Ti manca Palermo?

Per finire di scrivere il disco sono tornato a Palermo. Non devo guardare la mia città con l'occhio dell'emigrante.

Tempo fa ho intervistato per un quotidiano alcuni musicisti palermitani. Tutti mi hanno detto che in città non si suona più e che la musica sta morendo. Dal tuo punto di vista Palermo è una città viva che sta per morire oppure è una città che continuerà a crescere, musicalmente parlando?

Una Palermo moribonda presuppone una Palermo particolarmente viva negli anni passati...

Il mio è un presupposto sbagliato?

No, non del tutto. Ci sono nuove energie che si mescolano e si evolvono. Il resto è da vedere.

Canti di gola o di diaframma?

Cerco di evitare di cantare di gola.

Quindi riesci a mantenere questa potenza espressiva anche dal vivo?

All'inizio ero partito all'arrembaggio, gridando più che cantando, e in questo modo mi infiammavo la gola a ogni concerto. Poi ho maturato quel po' di esperienza che mi basta per capire come e quanto spingere con la voce per fare il numero di concerti che facciamo.

Sei riuscito a far diventare un mestiere quello del musicista?

Non lo so, un contratto a tempo indeterminato non ce l'ho. Quindi non saprei. Risponderei alla tua domanda con un ni.

Il momento però è favorevole per il Pan del Diavolo, no?

Sì, abbiamo un sacco di gente che lavora per noi e con noi, quindi si può parlare di lavoro.

Devi fare altri lavoretti o per adesso ce la fai con le tue canzoni?

Se le spese che fai sono contenute e ti accontenti nei periodi in cui non suoni, allora si può fare. Però è difficile. Noi siamo un gruppo giovane, lavoriamo per continuare a fare musica anche in futuro. Non necessariamente per chissà quali motivi di gloria... I nostri cd sono stati fatti in naturalezza e con una buona dosa d’istinto, però se non avessi avuto le risorse per farli non ne staremmo parlando adesso.

Quand'è che ti sei reso conto che le cose stavano migliorando per voi?

Quando è uscito “Sono All'Osso” la stampa musicale ha dato segni positivissimi. Dal vivo però siamo partiti con zero persone davanti al palco e il tour di tre anni fa è stato organizzato alla meno peggio. Dall'estate scorsa è arrivata molta gente ai concerti. Quella è stata la conferma più bella.

C'è chi dice che il momento esatto in cui la prospettiva cambia è quando leggi gli insulti su internet. Ti è mai capitato di leggere frasi tipo “Pan del Diavolo merda”?

Abbondantemente (ride, ndr). Però non può essere l'unico metro di giudizio!

Quando succede vuol dire che il tuo bacino si allarga. Tu come reagisci in questi casi?

Il commento negativo in sé non ha molto effetto da un punto di vista emotivo. Nessuno la prende sul personale. Poi è vero, quando si allarga il bacino di utenza tutti commentano in bene o in male quello che stai facendo. Ma ci sono anche vecchi, vecchi nemici che si trasformano in stakanovisti del rompimento di coglioni. Quindi non è detto che chi critica abbia sempre ragione.
 

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L'articolo Il Pan del Diavolo - Con il microfono in gola di Manfredi Lamartina è apparso su Rockit.it il 2012-04-16 00:00:00

COMMENTI (1)

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  • xerox193 12 anni fa Rispondi

    bella intervista.
    volevo solo dire che l'idea NOIOSA del cantautore la date voi con queste associazioni inutili tra di loro. Sono solo ragazzi-progetti che fanno musica propria (in molti casi arrangiata sempre da proprie band), sono sempre esistiti e sempre esisteranno, quindi smettetela con queste continue associazioni, perchè se lo fate con i cantautori dovete farle anche con le band, con i progetti elettronici.... con tutti! non cambia assolutamente nulla.