Da Battiato a Ratzinger, Fabio Cinti spiega come si scrive una canzone

Il prossimo 15 ottobre uscirà Madame Ugo, il suo nuovo album. L'abbiamo anticipato con un ep in free download a inizio settimana. Ecco l'intervista di Renzo Stefanel.

Il prossimo 15 ottobre uscirà Madame Ugo, il suo nuovo album. L'abbiamo anticipato con un ep in free download a inizio settimana. Ecco l'intervista di Renzo Stefanel.
Il prossimo 15 ottobre uscirà Madame Ugo, il suo nuovo album. L'abbiamo anticipato con un ep in free download a inizio settimana. Ecco l'intervista di Renzo Stefanel. - Foto di Michele Formica

Il prossimo 15 ottobre uscirà Madame Ugo, il suo nuovo album. L'abbiamo anticipato con un ep in free download a inizio settimana. Ecco l'intervista di Renzo Stefanel.

Partiamo dal titolo, “Madame Ugo”: lo pseudonimo che hai dato alla donna che ti ha insegnato a vivere con serenità, ma anche un omaggio a “Splendori e miserie di Madame Royale”, film culto del 1970.
La sottile coincidenza tra il film di Caprioli e la mia Madame Ugo è arrivata mentre ero a Parigi, l'inverno scorso, quando, nei giardini Tuileries, pensavo al titolo del disco. Avrei voluto chiamarlo con il vero nome di quella donna che viveva (e vive) al quinto piano del mio palazzo, a Roma, ma mi sembrava di farle un torto, di intaccare quella silenziosa e ferrea eleganza. Per un motivo che poi mi è sembrato lampante, in quel momento l'iPod mi ha fatto ascoltare il tema principale de "Le avventure di Pinocchio", scritto da Fiorenzo Carpi, lo stesso compositore della colonna sonora di “Splendori e miserie di Madame Royale", quest'ultima interpretata proprio da Ugo Tognazzi. Non c'è relazione diretta tra i due personaggi, ma c'è una comunanza di stile, quell'abbandono, quella forza, quei segreti, le confidenze. Io avevo timore di Madame Ugo, ero un ragazzo di diciannove anni, venivo dalla provincia sperduta e non conoscevo niente se non la mia curiosità. Lei parlava poco e non aveva gran voglia lunghe compagnie, ci intratteneva nell'androne del palazzo, qualche volta un caffè, aveva la sua bella età, la sigaretta con il bocchino, e uno sguardo sempre trasversale. Fu lei a citarmi Pascal, aggiungendo il suo pensiero: «Anticipiamo tutte le cose come nelle favole, ma il presente ti toglie il respiro». A quell'età mi sembrava che tutto quello che diceva avesse senso, forse lo aveva davvero, per via della sua completa disillusione e alterità.

Le canzoni uniscono solarità e cura dei dettagli e hanno un’immediatezza che evita però la banalità. Quanto è stato frutto di ispirazione immediata e quanto di ricerca?
“Madame Ugo” è stato scritto contemporaneamente ai due album passati, durante l'uno e l'altro. È una serie di canzoni che hanno avuto il beneficio del tempo, delle versioni, dei ripensamenti e dunque di una cura precisa, anche nell'essenza, negli accordi, nelle strutture. Prima di affrontare la produzione abbiamo selezionato le canzoni con cura in base anche queste caratteristiche di cui parli tu. Poi ho lasciato tanto spazio ai produttori e alla band sapendo che erano perfettamente entrati nei pezzi. Di conseguenza è stato tutto molto fluido - e divertente - e in molti casi mi sono anche stupito di alcune intensità nuove portate proprio dai musicisti, come nel caso de "L'amore qualunque" o di "E lei sparò" dove Paolo Benvegnù, in quella canzone che racconta di un innamoramento impossibile, interpreta magistralmente il potere della seduzione.

La Bellezza è il tema del disco, così come il voler distogliere lo sguardo dalle brutture della volgarità, tanto dei potenti quanto della massa. Eppure questo non coincide con la non consapevolezza del male.
Se non si impara a convivere con l’assenza della Bellezza, proprio come con quella di un genitore che ti manca dall'infanzia, si può arrivare all'autodistruzione, alla non conservazione o all'ossessione. Ma a lottare per la Bellezza, nella maggior parte dei casi, si passa per illusi, peggio, per fanatici idealisti, per intellettuali scadenti e spocchiosi, per presuntuosi, come se la cultura e l'impegno, la voglia di consapevolezza, lo spirito che tende alla sensibilità fossero un difetto, una pesantezza da evitare.
La bellezza è l'evoluzione, va curata, va perseverata, va seguita anzitutto individualmente e bisogna essere disposti a buttare tutto via, ogni volta, e ripartire dal punto migliore, il più alto. Ma siamo sopraffatti dal quotidiano, distratti dai giudizi nostri e degli altri, e non ascoltiamo, non leggiamo, abbiamo gli occhi e le orecchie degli altri che, se vai all'origine, non hanno visto o ascoltato un bel niente.

“Dicono di noi” è la miglior risposta che si possa dare all’omofobia. Che è mancanza d’amore, in universale.
L’ho scritta quando sentii Ratzinger dichiarare che le unioni omosessuali sarebbero una minaccia per la pace. Rimasi molto infastidito e provai un senso di pena. Mi sembrò un incentivo a una certa massa credente e violenta a perseguitare gli omosessuali, ancora una volta.
In ogni caso l'omofobia non è solo, come più comunemente si pensa, un atteggiamento violento e diretto, ma molto più spesso è un sentimento più subdolo, una specie di imbarazzo che le persone provano di fronte a qualcosa che non hanno definitivamente accettato. E questo riguarda anche gli omosessuali stessi, i quali non sempre riescono a prendere posizione, per assenza di consapevolezza. Anche tra i miei amici c'è chi si dichiara completamente libero e distante da ogni forma di omofobia, eppure ha quell'imbarazzo che gli impedisce di restarti accanto, di scherzare con naturalezza e, nei casi peggiori, di allontanarsi o non prendere una posizione sociale, civile e politica, quando ce n'è bisogno. Questo atteggiamento, col tempo, diventa freddezza e di conseguenza incapacità di provare un sentimento di amore puro.

In passato sei stato visto come un clone di Battiato. Che ora ti regala una canzone molto diversa dal resto del disco, in cui è forte la tua personalità.
Franco mi ha seguito fin dagli esordi. Durante la lavorazione di tutti gli album gli ho sempre inviato le canzoni e mi ha sempre dato qualche buon consiglio, con la sua solita delicatezza. Abbiamo anche parlato di quel "clone" e, devo dire, ci siamo fatti qualche risata. Abbiamo trovato spesso ridicolo come si mettesse l'accento su quel fatto, lampante senz'altro, trascurando però l'ascolto delle canzoni… Credo che il suo "sì" definitivo, sia alle aperture dei concerti che alla sua canzone sul mio album (di questo non abbiamo mai parlato) sia stato, oltre che un bellissimo regalo, un segno di naturalezza, avendo osservato altro e al di là delle somiglianze superficiali, notando invece caratteristiche profondamente diverse.
Quando ha ascoltato il disco finito ha detto, ridendo, «l'unica canzone che non c’entra niente è “Devo”…». La regola secondo cui non bisognerebbe mai conoscere i propri miti vale per tutti. Tranne che per Battiato.

I brani paiono flash di un racconto più ampio: è così? Quanto non è entrato in “Madame Ugo”?
Assolutamente sì. Il racconto sarebbe molto più ampio e con i pezzi che non sono entrati in “Madame Ugo” potrei farne un altro disco senza problemi. Ce ne sono addirittura almeno tre che proprio ci è dispiaciuto escludere. Però bisogna operare una scelta in base a tanti fattori, tra risorse e tempo a disposizione. E, da parte mia, ho esercitato quella scelta dando la priorità agli episodi più rilevanti o a quelli che avevano una forza comunicativa più evidente.

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L'articolo Da Battiato a Ratzinger, Fabio Cinti spiega come si scrive una canzone di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2013-10-10 17:46:50

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