L I M - Come nasce una cometa

Sofia degli Iori's eyes racconta com'è nato il suo nuovo progetto L I M, che vedremo presto dal vivo al MI AMI Festival

L I M Sofia ex Iori's eyes
L I M Sofia ex Iori's eyes

L I M è il nuovo progetto solista di Sofia degli Iori's Eyes, che ha da poco esordito con un ep, "C O M E T", per La Tempesta International. Dopo un certo periodo passato all'estero, con gli Iori's eyes fermi, Sofia ha scoperto un altro strumento: la voce. E da lì è partita la suggestione che ha poi portato alla rinascita come L I M. In questa intervista si racconta, in attesa di vederla sul palco del MI AMI Festival (qui potete acquistare le prevendite).

Gli album solisti portano con sé l’inevitabile curiosità di conoscere il percorso e le motivazioni della loro realizzazione; nello specifico di “Comet”, da dov'è nato e dove è arrivato?
È stato un lungo percorso, iniziato nel lontano 2013, quando ho iniziato a frequentare di più Edimburgo e quello che le sta attorno. Sarà stata l'atmosfera di quella città a farmi venire fuori "C O M E T", e anche gli ascolti che stavo facendo in quel periodo. Molto Klaus Schulze, molti brani portati avanti dai synth, da quelle sonorità. Il discorso solista non era impostato per essere tale, è venuto spontaneo nel momento in cui avevo tra le mani dei pezzi che mi piacevano, che volevo far sentire, delle cose da dire, e con gli Iori's eravamo un po' fermi. Poi a Milano ho conosciuto RIVA ed è stato questo incontro a far arrivare i pezzi alla forma attuale. Era da tempo che avevo più voglia di cantare; non sono una cantante, ma piano piano credo di aver sviluppato un mio modo e ogni giorno scopro cose nuove sulla voce, è uno strumento che non avevo mai considerato prima di due anni fa, soprattutto perché molto timida e molto insicura. La solitudine in questo senso forse ha giovato.



Per te com’è stato comporre da solista dopo un’esperienza come quella con gli Iori’s Eyes?
Ho frequentato molto di più le serate e i concerti a Milano, cosa per la quale non avevo tantissimo tempo prima. E poi mi sono chiusa in casa, di preciso nel mio sgabuzzino allestito a sala per le take di voce. Ho iniziato a bisbigliare a scoprire la mia voce. Nel frattempo ho iniziato a fare la sound designer per uno studio. E poi ho incontrato nuovi amici che mi hanno aiutata, come RIVA, sono tornata dai mie vecchi amici e piano piano è uscito "C O M E T EP". E adesso invece sono nella fase più live e meno di produzione, sto per affrontare questa esperienza nuova di girare e suonare da sola. Strano molto se sei abituata a suonare con una band, la band del cuore, ma per certi versi molto stimolante e necessario per la fase della vita in cui mi trovo.

L I M come nasce? O meglio, qual è la sua identità? Le lettere maiuscole ben distanziate tra di loro fanno pensare ad un acronimo...
La gestazione del nome L I M è stata molto lunga; è stato difficile trovare il nome che potesse racchiudere tutti i passetti fatti. All'inizio volevo chiamarmi come una cometa Ikeya-Seki (C/1965 S1), poi mi era piaciuto moltissimo I, come segno grafico, per la sua semplicità e per la sua somiglianza con la mia fisicità. Ma poi si sono aggiunti elementi e alla fine ho fatto qualche passo indietro verso un acronimo che mi era piaciuto sin dall'inizio, ovvero L I M che sta per "Less is more". Poi Anna Magni che è la grafica che si è occupata di tutto il lavoro visivo, della copertina del disco e degli artwork, ha inserito quegli spazi così belli tra le lettere.

Il tuo ep dà una sensazione di profondità molto avvolgente nel suo insieme, suona molto lineare e completo. Per raggiungere questo risultato quali sono state le fasi di composizione?
Il suono ha raggiunto quella estetica così definita nel momento in cui ho incontrato RIVA. È uscito così perché le tracce abbozzate sono rimaste work in progress per una decina di mesi, mentre il "lavoro" di ricerca cambiava completamente scenario di mese in mese. Siamo passati dal momento ambient Detroit (con cui siamo partiti) alla musica sexy lounge anni '70 e ad altri scenari diversissimi e ognuno di questi lasciava periodicamente le sue contaminazioni nelle tracce. A questo punto le tracce erano quasi tutte strutturalmente come i provini che avevo portato a RIVA, ma sono passate per un lungo e casuale periodo di ricerca che le ha completamente trasformate. Infine sono intervenuti due buoni amici, Jo degli Aucan per il mix e mastering, e Federico Dragogna per le take di voce di "Game Over" e "All the past".



Parlando sempre di sonorità, si percepiscono differenti influenze: la recente elettronica di stampo oscuro e minimalista, fino ad atmosfere che sembrano attingere al dream pop e krautrock oltre che alla vena britannica anni ‘90 con degli istanti che si aprono a dei rimandi trip hop. Come hai processato le diverse influenze nella composizione di Comet? Quando hai iniziato a lavorare avevi già in mente un suono, un'atmosfera?
Sembrerà strano ma a parte "Comet" che è nata dal campione del live WDR Koln 1977 di Klaus Schulze, campione che poi è stato eliminato e ha dato spazio al synth che porta avanti tutto il pezzo, per il resto i pezzi sono nati quasi prima dai testi. Poi mi portavo dietro le idee di come potevano essere le varie intenzioni, il fatto che la voce fosse sempre un strumento, umano, ma spesso in loop come certi pensieri che non se ne vanno via dalla testa e rimbalzano in continuazione. È un disco che nasce scuro ma che trova poi luce in aperture liberatorie. "Organ" vuole essere un pezzo libero, una specie di mantra, "Game over" la storia di un amore che finisce e quello che ti lascia la notte in periodi così, "All the past" un pezzo avvolgente come lo è il tempo che ci avvolge. "Sugar me" è stata un'idea di RIVA, poi una volta letto il testo me ne sono innamorata, rallentando il tempo della versione originale e aggiungendo toni più caldi e drammatici era un pezzo perfetto per il mood dell'ep.

A cosa si riferisce la cometa del titolo?
Allo stato mentale in cui mi trovavo mentre la scrivevo, un po' persa tra errori, delusioni e confusione. L'unica cosa che riusciva a essere continua era il ritorno a casa, il ritorno a se stessi e il guardarsi dentro.

Passando invece al lato estetico del tuo debutto, già dal primo video è ben percepibile il fatto che nel progetto L I M questa componente riveste una certa importanza. Le immagini statiche combinate con il tunnel di un’acquapark (che sembra mutare in un ponte di Einsten-Rosen illuminato al neon) ha colpito nel segno. È vero che ci hai messo due anni a girarlo?
Il video di "Comet" è stata una lunga avventura, tra i provini e la fase finale sono passati due anni. È stata un'idea di Giorgio Calace e Tora Cellini che mi conoscono da tanto tempo e hanno saputo leggere visivamente quello che è la mia musica.
Io che odio l'acqua e che sono quasi completamente a disagio in essa, in realtà in musica credo di essere abbastanza acquatica, liquida e anche un po' trasparente. L'idea di tunnel e delle luci di un club erano il connubio perfetto per seguire la musica di "Comet", un epico club anthem un po' esistenzialista.

video frame placeholder

Il tuo disco esce per La Tempesta International: stai già pensando a come portare la tua musica fuori dai confini italiani? Su quali palchi ti piacerebbe salire?
Sì, mi piacerebbe molto suonare all'estero, vorrei portare L I M anche al di fuori dei confini italiani. Adesso vorrei fare i primi live in Italia, che comunque mi manca un po', mi manca girare e incontrare tante persone in giro. Poi vorrei fare qualche giro tra Olanda, Francia, Inghilterra, Germania, Belgio e se si riesce anche negli States. Ho i miei sogni nel cassetto, vediamo se sarà possibile realizzarli.

Siamo molto contenti di averti nella lineup del nostro MI AMI Festival: puoi anticiparci cosa aspettarci dal tuo assetto live?
Sono contenta anche io, dopo tanto tempo mi fa piacere tornare sui palchi del MI AMI. Credo che vi potrete aspettare uno spettacolo audio/video immersivo. Almeno spero che sia questo l'effetto!

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L'articolo L I M - Come nasce una cometa di Filippo Gualandi è apparso su Rockit.it il 2016-04-08 11:16:00

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