Lo Stato Sociale: lavorare è bello ma non lo rifarei

E fa il cuoco, e fa il programmatore, e fa il PR, e fa il commesso, e fa il dj. I ragazzi de Lo Stato Sociale ci raccontano la loro prima esperienza lavorativa

Foto di Giuseppe Palmisano
Foto di Giuseppe Palmisano

Lo Stato Sociale è una band, ma anche un collettivo che non riesce proprio a fermarsi al palco. Album, featuring ma anche spettacoli radiofonici (Lo Stato Sociale Show su Rai Radio2), graphic novel (Andrea, con Luca Genovese) e libri. Sono già due che firmano in comune: il primo s'intitola Il movimento è fermo, un romanzo d'amore e di protesta (Rizzoli), il secondo, uscito per Il Saggiatore questo autunno, ha un titolo sibillino: Sesso, droga e lavorare, che sembra un po' il sunto della vita di ogni povero cristo, dalla generazione X in poi. 

La sinossi è breve ma intensa: si parla di 25 anni della vita di Arturo Fonsi, adolescente, ragazzo e poi uomo bolognese alle prese con tutto quello che la vita riserva alla gente normale quando cresce; famiglia, primo lavoro, primo sesso, prima droga, scuola, altro lavoro, fallimenti, famiglia propria, figli e tutto il resto. Un romanzo di formazione il cui protagonista solo superficialmente potrebbe ricordare il vecchio Alex di Enrico Brizzi, ma i tempi sono cambiati e pure la narrazione non è la stessa. Si legge bene, ci si perde dentro e ci si ritrova nelle esperienze di Arturo, che diventa un po' il nostro alter ego, coi suoi dolori e le sue frustrazioni ma anche con le sue boccate d'aria. 

La copertina del libro
La copertina del libro

Senza grandi spoiler passiamo al quesito che si fanno un po' tutti quando si parla di collettivo: come si scrive un libro a 10 mani? Risponde Albi ammettendo di aver scritto lui il libro dopo aver condiviso soggetto e gabbia narrativa con gli altri. Le esperienze di vita sono nate dai raccondi che i 5 si sono fatti e gli altri 4 sono stati editor di ogni capitolo del libro. "Questo è andato così" - ci racconta - "mentre il precedente libro è stato scritto da me e Bebo".

Tra i capitoli più divertenti ci sono la descrizione di un lavoro come bagnino e quella di un colloquio surreale all'Ikea (che abbiamo scoperto, chiacchierando, ho fatto anch'io nelle stesse modalità con esito differente). Curiosi come scimmie, abbiamo deciso di chiedere ai regaz di condividere la loro prima esperienza lavorativa, perché vuoi non vuoi è un trauma che prima o poi tocca tutti e, di solito, dopo un po' di tempo si riesce anche a riderci su.

 

Albi

Il mio primo colloquio di lavoro è stato quello che è narrato nel capitolo del libro Una multinazionale della grande distribuzione, anche se nel libro ci sono molte cose di fiction che non sono successe realmente. Era un colloquio collettivo con i giochi e gl'indovinelli, c'erano veramente la capra, il cavolo e il lupo. Io avevo 19 anni, ero appena uscito dalle superiori, era settembre e era l'Ikea. 10-12 persone a fare insieme il colloquio chiuse in una stanza, per me era tutto strano ma anche divertente; essendo il mio primo colloquio ho pensato: se sono tutti così può anche andare bene, ma non sono tutti così, purtroppo. Alla fine tra i 12 hanno assunto me e un'altra tipa, siamo stati quelli più bravi a risolvere gl'indovinelli. In realtà non l'ho risolto ma ho mostrato l'attitudine giusta e questa è stata premiata. Ho lavorato lì 3 mesi poi mi sono rotto il cazzo e sono andato via, perché preferivo studiare e non lavorare.

 

Lodo

Il mio primo lavoro è stato per un bar vicino alla mia scuola, si chiamava Caffè 14 Luglio, adesso non c'è più. Era una cosa leggera, una volta a settimana c'erano alcune ore che venivano riempite da un'opera importante di PRaggio: mandavo infiniti SMS che all'epoca cerano solo quelli) per convincere gente del mio liceo ad affollare quel posto, oggettivamente brutto e impresentabile, dove si faceva da bere anche abbastanza male e soprattutto caratterizzato da una cosa; c'era un gigantesco ginkgo biloba all'uscita, proprio sopra i tavolini all'aperto e tutte le volte che in autunno o inverno pioveva a Bologna, ma anche se non avesse piovuto quel giorno, si propagava in quel piccolo dehor affollato di ragazzini un prepotente odore di merda. Merda fitta, merda ovunque, sembrava di essere in un letamaio. Dopo un po' ha avuto dei problemi il proprietario, nessuno ha avuto più sue notizie e io ho smesso di lavorare senza sapere perché. Tuttora non so cos'abbia fatto, però tutti ci ricordiamo quando da ragazzini abbiamo iniziato a bere i nostri primi gin tonic in mezzo all'afrore di humus.

 

Carota


Stavo in un baretto in cucina a preparare gran crostini di vario tipo con salumi, ventricina, qualcosa anche di mia creazione: ho inventato crostini terrificanti con salsiccia e pesto. Una volta un cliente mi chiama e chiede: questi sono a discrezione del cuoco? Io: sì - lui:ma come cazzo ti è venuto in mente? Mi trovavo abbastanza bene, bevevo le mie prime birrette gratis, l'unica cosa è che lavorando fino alle 4 la mattina poi il giorno dopo andare a scuola era peso e comunque continuavo a prendere 5 euro l'ora nonostante chiudessi all'alba. Alla fine ho fatto i miei conti e ho lasciato di sabato sera, cosicché il proprietario mi bestemmiasse tantissimo dietro. 

 

 

 

Checco

Il mio primo colloquio, quello fatto intenzionalmente con la voglia di andare a lavorare in un posto si colloca intorno al mio secondo anno di università, anno in cui mi trovo abbastanza in crisi col percorso di studi. Il fattore fondamentale fu il mio litigio con un prof che si concluse con me che lo mandavo gentilmente a spendere. Andai in questa multinazionale ben strutturata, nella loro sede enorme, molto bella e luminosa, con questa stanza gigante piena di programmatori che battevano fragorosamente sulla tastiera stando tutti rigorosamente in silenzio, tutti con le cuffie, molto concentrati dentro il loro schermo. Mi accolse questo ingegnere molto alto, con molta barba, faccia scurissima. Mi portò in questo stanzino stretto, illuminato con una luce centrale molto bassa. Faceva paura. C'era un computer, mi fece delle domande tecniche e io in tempo reale gli dovevo risolvere i problemi. Andò piuttosto bene e si concluse comunque con un "Le faremo sapere". Qualche settimana dopo mi chiamarono in sede e mi dissero che ero stato assunto, io accettai e subito mi dissero: "Abbassa la cresta, sappiamo da dove vieni ma a noi dell'Accademia non ce ne frega un cazzo". Abbozzai. Passai due mesi abbastanza brutti in cui risolvevo meccanicamente problemi o task assegnate. Al termine del periodo di prova dissi che di lavorare in quel modo non m'interessava e che preferivo l'Accademia. L'ingengere mi disse "Non sai cosa ti perdi", io risposi "Praticamente niente". Da lì gl'ingegneri mi stanno quasi tutti sul cazzo.

 

Bebo

La mia prima esperienza lavorativa in contesti non amici è stata una serata da dj, attorno ai 18/19 anni. Il gancio me l’aveva trovato il fratello di un mio amico e il locale si chiamava Black B in via del Pratello a Bologna. All’epoca questo locale, che ora ha cambiato nome e forma, era quello che chiudeva per ultimo e quindi aveva come fascia di "pienone" dalle 3 in poi. Ho suonato alcune ore da solo, poi sono arrivati dei miei amici e solo a notte fonda ho cominciato ad avere realmente un pubblico, formato principalmente da gente ubriaca marcia da cui è provenuta anche la mia prima richiesta: un pezzo di Vasco a mio piacere richiesto da una tipa rumena di circa 40 anni che oltre alle difficoltà linguistiche aveva anche problemi gravi di alcolismo. Ho guadagnato 50€ per 6 ore di lavoro e il carico d’esperienza necessario a non aver mai più paura di niente al mondo.

 

 

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L'articolo Lo Stato Sociale: lavorare è bello ma non lo rifarei di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-11-11 11:28:00

Tag: Libri

COMMENTI (1)

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  • giuseppecatani 5 anni fa Rispondi

    Qui qualcuno ha dimenticato di aver lavorato come portalettere. Una rimozione?