ManzOni Cucina Povera 2012 - Cantautoriale, Alternativo

Disco della settimana Cucina Povera precedente precedente

I ManzOni mi hanno messo ko, e per questo un po’ li odio.

Strani meccanismi, quelli che muovono la memoria: non ho ricordi nitidi degli episodi ‘importanti’, del primo giorno di scuola, della maturità, del concerto più bello. Eppure ho ben chiara davanti agli occhi la domenica mattina a casa di mia nonna, quando si poteva cambiare canale solo dopo la benedizione del Papa; e altrettanto chiari i viaggi nella Simca blu di mio padre, con Julio Iglesias nell’autoradio e quei sedili polverosi dall’odore ancora rappreso nel mio naso, uguale oggi come allora.

Mi chiedo se forse non saremo noi a sbagliare, se le cose migliori sono altre, del resto questa selezione apparentemente casuale non può non avere un senso: la vita è fatta di impressioni, più che di accadimenti da segnare sul diario, e mi sembra a volte inutile aspettare la rivoluzione quando ogni singolo giorno, guardato per bene, ha il sapore di impercettibili cambiamenti, quelli sì che me li ricordo. E per ogni domenica mattina, per ogni viaggio, avrei voluto scrivere piccoli componimenti, come fanno i ManzOni: piccoli componimenti anarchici, ma non in senso politico, no, parlo di un percorso affrontato senza regole precise, lontano da esercizi di stile o modi accattivanti, quasi che Gigi Tenca scrivesse solo per sé. Una voce narrante che osserva il presente e col presente racconta di microcosmi d’amore, e di malinconia disperata, una voce fatta di tensione e punte di acidità, la voce che ha già detto tanto, ma prosegue nel suo andare tra i mesi e le stagioni. E coglie l’attimo esatto del risveglio, le note al margine di un qualunque vivere quotidiano, di una madre e di un padre e di una donna, la donna a cui dice “ vorrei essere primavera per darti meno notte” nella splendida “Scusami”, e sempre a lei dice “il tuo linguaggio è troppo difficile per un sentimento semplice” (“Una Garzantina”) e quanto vorrei essere io quella donna, io che ormai non voglio più baci ma cerco attenzioni, ché tanto i baci non sono più quelli dei sedici anni, quelli che dicevano andiamo a New York, facciamo un gruppo punk, non siamo uguali agli altri: i baci di adesso dicono solo perché mai continuiamo a baciarci. E allora andiamo in Toscana, dove “servirebbe un traduttore di felicità simultanea” per capire “che anche senza sorriso sono felice di essere qua con te”, ma io non ci credo, perché piove, piove su tutto, sull’hotel tre stelle, sulla cucina povera e il pane senza sale, e allora mi gridi “Ti assicuro, avevo prenotato anche il sole, non doveva piovere quel giorno” , e io non posso fare altro che sciogliermi, e piangere da sola, perché non potrei mai abbandonare la mia algida eleganza davanti a te.

Ma non c’è solo la donna che vorrei essere io in questi mondi essenziali eppure pesantissimi, c’è Mario e il lavoro che scompare senza nessun moralismo fastidioso, e mi chiedo perché tutti i poveri Cristi finiscano per chiamarsi Mario, poi penso a un Mario che conosco, e lo capisco; c’è un giorno in ospedale che si svuota di tutto l’inevitabile grigio per diventare una tela luminosa, intensa di quei colori in grado di trasformare il dolore in poesia, e ti accorgi proprio dell’istante in cui succede, e non capisci se quelle siano lacrime di figlio, o di poeta. Delle attese del ritorno di un padre, ogni sera, senza baci ma coi racconti della guerra in Medio Oriente, di certi canali di comunicazione nella famiglia che restano sempre gli stessi, una famiglia di cui tutti siamo pieni, siamo circondati, o stufi, arresi, ma che esplode dentro di noi solo quando si spezza.

Ho ascoltato questo disco più volte, forse in qualità di recensore dovrei essere distaccata, esprimere un giudizio composto, cercare i sinonimi giusti per scrivere meglio, e invece è successo che me ne sono innamorata, e ho pianto. E non ho avuto tempo per scrivere meglio: davvero, mi sono lasciata andare, una resa totale, è volata via la polvere, e ho sentito il gusto dei baci dei miei sedici anni. Ho giocato a carte scoperte, e per questo, ManzOni, amichevolmente, un po’ vi odio.

---
La recensione Cucina Povera di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-09-27 00:00:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia