STRi A T O M 2014 - Elettronica, Post-Rock, IDM

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Viaggio psichedelico sotto le coperte di camera vostra. Gran bel disco e gran bella band

Questo è un gran bel disco, loro sono una gran band. Perfetto, da qui in poi posso divagare tranquillamente perché sapete già tutto quello che c'è da sapere. Vorrei provare una cosa, descrivere questo disco senza farmi prendere da aggettivi triti e ritriti, luoghi comuni desolanti, banalità da voglia di suicidarsi istantanea e futili voli pindarici che servano solamente da meri esercizi di stile fini a se stessi. Ecco esattamente tipo questa frase. Chissà se si riesce.

Partiamo dalle basi: gli Stri, son di Pesaro, come parecchi gruppi fichi del nostro paese. Ora sono a Berlino, e sentendo il disco capirete perché. Questo è il loro secondo album, "Atom", che segue "Canyon", di un paio di anni fa scarsi. Molto bello anche quel disco, ce ne eravamo accorti e infatti ci aspettavamo molto da questo secondo lavoro. Io sono pienamente soddisfatto, anzi, piacevolmente sorpreso calza di più. È uscito per l'etichetta americana Synthemesc records. Loro sono in due, Alberto Canestrari, chitarra voce effetti e Nicola Battistelli il resto. Il disco, in linea di massima, si tratta di morbida chillwave, dream club, elettronica suonata e riverberata con gusto, sognante, onirica. E qui mi fermo prima di perdere il senno con gli aggettivi triti e ritriti, ci stavo quasi cascando, ma è così. Però quanto detto sopra non basta, ogni episodio andrebbe visto singolarmente, e che dite, ci provo brevemente? Vediamo che ne viene fuori. 

"Viaggio#1" ha un attacco che mi ricorda insistentemente i Chemical Brothers, dai synth al ritmo di batteria. Poi vira verso il rock e gli Smashing Pumpkins, ma sempre con quello zainetto in spalla da viaggione. "Crystal" è il primo singolo, la voce è molto presente, mi vengono in mente i Washed Out, o Baths. "La Neve Tropicale" è il titolo più azzeccato che si potesse scegliere. Atmosfere glaciali in alto, e sotto ritmi calypso, quando entra poi la chitarra mi ricordo qualcosa dell'ultimo Jack Penate. Ora, belli tranquilli e di buon umore, inciampiamo in "Fajita", che nella pancia può avere lo stesso effetto di una fajita muy picante. I beat iniziano a farsi sostenuti, e nel frattempo sale l'allucinazione da peperoncino del guatemala. Ok, qui forse sto esagerando, avevo promesso di non scrivere troppe cazzate, mi ricompongo. Passiamo dunque a "Pigiama", un momento rilassato, riff taglienti in apertura, poi un crescendo sonnacchioso, da stropicciarsi gli occhi, e poi un'esplosione finale che capisci che in realtà sei sveglio. "Acqua e cenere" hai il trip-hop di Bristol dentro. "Salvia" invece ricorda moltissimo i lavori di Apparat e soci e inzia a farti muovere quasi inconsapevolmente. Segue "Denti", e ti muovi e basta. Techno minimale sempre più lampante, si esce allo scoperto, e dalle coperte. "Estelle" è la traccia più "dance" del disco, con la chitarra che si mischia alla perfezione agli scenari da prime luci dell'alba ad un festival estivo. Si chiude con una perla delicatissima, "Opa", quasi solo strumenti reali come ukulele e flauti e campionamenti di ruscelli e uccellini. Una perfetta uscita di scena romantica e chillona che ti stampa un mezzo sorriso in faccia.

Siamo arrivati alla fine e un po' mi dispiace, il che è sempre un bene, ma non disperiamo, basta far ripartire il tutto, un altra volta ancora. Come dicevo all'inizio? Ah si, gran bel disco e gran band.

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La recensione A T O M di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-05-14 00:00:00

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