Eloisa Atti Penelope 2014 - Cantautoriale, Jazz, Blues

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Particolare rivisitazione delle tragedie omeriche

"Sarà il piacere per cui morirò"

"Penelope" è l'esordio discografico di Eloisa Atti per l'etichetta romagnola Brutture Moderne. Si tratta di un concept album ambizioso a tema omerico, dove alcuni personaggi dell'Odissea - Penelope, Telemaco, Ulisse, Polifemo - accompagnati da altri creati ad hoc, prendono vita in cantilene vocali a metà tra jazz e folk greco/italico, accompagnati soavemente dal bozouki. Un album che agguanta varie tradizioni musicali e le trasforma in un concentrato di suoni quanto mai vario e sorprendente, arricchito da una voce mai banale e ricca di sfumature, a volte distante come se cantasse dall'Olimpo melodie perdute. Con la concertina che scandisce l'andamento di pezzi come "Scilla e Cariddi", dove le due figlie pestifere di un uomo sono paragonate ai due mostri mitologici, con il coro finale della canzone che rievoca l'inquietante giocosità della deandreaiana Girotondo. Mentre in "Argo" sembra quasi di sentire Charles Mingus. Un disco in cui i clichè jazz, vocali e non, nelle rare occasioni in cui compaiono, non sono mai eccessivi, non fanno mai rimpiangere l'ascolto.

Il tema è ovviamente spinoso, intendiamoci. Riuscire in un album a tema omerico, con personaggi che tutti conoscono, e che tutti hanno per un attimo odiato mentre si era costretti a sopportare le infinite parafrasi delle loro pazzie, non è affatto facile. Ma qui non succede. I personaggi che hanno fattezze quasi ridicole e imbalsamate nella nostra adolescente memoria, sembrano quasi veri. E intendo credibili. Non passi il tempo chiedendoti perché-non-smettono. A questo si aggiunge la musica, come vi dicevo, una bella voce mai monotona, dei dialoghi con dei personaggi maschili, e un etno-jazz che sfocia in ritmi folk coinvolgenti, con litanie e lamenti vocali che convincono. E per finire c'è la canzone numero 11, "Mendicante": perfetta per un film horror, quasi una danza che si svolge nell' aldilà, con Ade a dettare i tempi delle danze. La voce sussurra di morte e delitti, con un pathos trascinante e trascinato da tamburi dai toni funebri, che incutono rispetto e ammirazione. Un disco dai suoni vari, ben costruito e coraggioso.

Un connubio di varie tradizioni musicali che si spinge ben al di là dei suoni triti e ritriti dei soliti dischi che si definiscono jazz. Una ventata d'aria fresca, nell'Egeo, con il vento in poppa verso le colonne d'Ercole.

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La recensione Penelope di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-07-25 00:00:00

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