The White Mega Giant TWMG 2014 - Sperimentale, Post-Rock, Ambient

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Un linguaggio che è proprio della grandezza e dell'immaginazione infinita

Al di là della lettura che gli stessi The White Mega Giant danno del loro nuovo lavoro, che già da sola spiega molte cose (“...tono cupo, che però dipana tutte le variazioni cromatiche del grigio, fino a un nero robotico”), il suo fascino risiede non solo nell'uso colore/non-colore, ma anche negli spazi geometrici che contengono queste sfumature, costruiti a colpi di architetture musicali possenti, che trovano le fondamenta su un post-rock di mogwaiana memoria.

Nell'intro “Hubots pt. 1” si mette in chiaro che però qui i timbri viaggiano verso una sperimentazione più elettronica; sembrerebbero scintillare meno, in favore di suggestioni drone che tendono a virare verso i registri bassi, eppure questo nero brilla come se fosse un prisma da cui si dipanano avvolgenti hooks elettronici: la macchina è una voce umanissima, come ambient-folk à la Bon Iver (“Heart Beat Quantize”, “Substitute”), minimali oscillazioni che cullano un pianoforte talmente centellinato da creare una sensazione di desiderio (“Analog”); i bordoni scivolano verso oscurità ancora più buie su cui si aprono paesaggi cinematografici e possenti, come in “Pulse rate”, in cui questa volta è la voce a farsi macchina.
Anche quando i timbri si fanno più terrestri (“Automaton”), grappoli di suoni sintetici si insinuano a definire in rotondità il suono.

È un viaggio ad altissimo coinvolgimento emotivo, rilassante e suadente, in un disco che parla con un linguaggio che è proprio della grandezza, della immaginazione infinita, di un'intelligenza estetica superiore, di buon gusto. Da non perdere.

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La recensione TWMG di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2014-10-21 09:00:00

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