Dr. Irdi Radio 2014 - Electro, Shoegaze, Pop rock

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Come ci ricordava Shakespeare a proposito di Amleto, c’è del metodo in questa pazzia! E chi siamo noi per affermare il contrario?

Di fronte a personaggi come il Dr. Irdi non sai mai quanto potrai spingerti in là con le parole. Ovviamente non lo conosci personalmente e di conseguenza non conosci neppure il limite entro il quale può essere lecito avanzare riserve o oltre il quale potrebbe risentirsi e venirti a cercare. In altre parole: il Dr. Irdi c’è o ci fa? Perchè detto fuori dai denti, dischi come questo “Radio” predispongono l’ascoltare, sommariamente, a due tipi di giudizio: genialata assoluta vs cagata pazzesca. Dopo un attento ascolto e dopo aver soppesato diligentemente tutti gli elementi a disposizione, la tentazione di propendere per la prima ipotesi è forte, ma andiamo con ordine.

Nel 2013 esce il primo ep, “2”, dove una convincente commistione di pop e ambient forniva un buon banco di prova utile a capire come tirare le coordinate e cercare di indovinare dove il dottore sarebbe andato a parare con i lavori seguenti. Trascorso poco più di un anno, ci troviamo per le mani questo full lenght contenente dieci brani - una buona metà dei quali strumentali – che spaziano dal puro divertissement di “Weltschmerz” il cui intro di piano sembra preso di sana pianta da “Nightporter” dei Japan e velocizzato un pelo, al nu gaze di “Scimmia”, dalla ballad eterea di “Temporale” al funky sbilenco di “George Clinton” (tracce di giovani Urban Dance Squad in pieno trip popadelico). I dieci episodi scorrono bene, alternati ed amalgamati in maniera intelligente tanto da formare un corpus omogeneo a dispetto della diversità di genere ai quali appartengono.

Qua e là l’ombra del Damon Albarn più smaliziato fa capolino ed in certi frangenti sembra essere anche più di un’ombra, ma tutto ciò non disturba affatto, perché alla fine il Dr. Irdi sa metterci anche del suo e ne viene fuori a testa alta. Come detto, di carne al fuoco in questo lavoro ce n’è parecchia, tanta, a tratti troppa, e l’eclettismo che traspare dai quasi trentotto minuti di durata dell’opera, non sempre risulta essere messo bene a fuoco ma, come ci ricordava Shakespeare a proposito di Amleto, c’è del metodo in questa pazzia! E chi siamo noi per affermare il contrario?

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La recensione Radio di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-01-31 00:00:00

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