Yuppie Flu Toast Masters 2005 - Rock, Psichedelia, Indie

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Tornare a sorridere. Mentre sboccia la stagione più bella dell'anno ed esplodono i colori. E' questo forse quello di cui si sentiva il bisogno, quello che aspettavamo chiusi dentro casa ed affacciati alla nostra finestra, quando gettando uno sguardo sull'inverno la mente correva veloce dentro la luce pallida del sole. Indietro nei ricordi e avanti verso le giornate più lunghe e calde dell'ora solare (calde fino a farsi odiare, poi). Dev'essere per questo che gli Yuppie Flu hanno deciso di pubblicare il loro nuovo album il 4 di aprile. Per prendere in mano un sorriso e per mettersi a cantare cose felici. Tipo la speranza e il sole. La natura e gli uccellini che volano. The flowers and the trees. Gli occhi blu e lo stare insieme. Ed in-fine l'amore, sempre, soprattutto, lui.

La scorsa volta, nel 2003, ci erano voluti quattro anni d'attesa per avere fra le mani "Days before the day", album trasognato e mirabilico, come sempre geneticamente pop e assolutamente lanciato verso psichedelici e fluttuanti territori indietronici. Questa volta no. Vuoi per una urgenza comunicativa che è sempre più cifra stilistica, vuoi per una semplicità che si è attestata in fase di scrittura e si è adagiata sugli arrangiamenti come prima d'ora gli yuppies avevano fatto solo agli esordi (in chiave molto meno rock ma ben più lo-fi), vuoi per un compleanno a cifra tonda - 10 anni! - da festeggiare, il parto di "Toast Masters" è stato biennale. Ma non per questo più tranquillo, avendo in questo lasso di tempo cambiato completamente assetto alla formazione, passata da quintetto a quartetto (con, dietro ai tamburi, la presenza gradita ed ingombrante di sir Gianluca Schiavon, ex Santo Niente ed ora anche Moltheni).

Si vede lontano un miglio che con questo disco gli Yuppie Flu vogliono giocarsi la partita senza crearsi alibi ancora prima del fischio di inizio. Come i Mercury Rev - band da sempre stimata dagli anconetani - con l'ultimo controverso ma apprezzabile "The Secret Migration", l'apertura è verso una semplicità ed un'immediatezza nelle strutture e negli arrangiamenti mai così palese e limpida. Senza filtri e pose da loser. Senza menate e facce depresse. Con i palmi delle mani girati verso il sole a calamitarne la luce per trasformarla in un sorriso. Meglio così, che di piangere e piangerci addosso ne abbiamo abbastanza. Allora è con vero piacere che accolgo l'incedere sempre trafelato ma questa volta più galoppante di "Glueing all the fragments" - titolo che è già tutto un programma - e poi "Our Nature", canzone magnifica e splendidamente appiccicosa, esempio di capacità compositiva e classe pop, singolo dalle potenzialità infinite e da heavy rotation assicurata, se mia mamma m'avesse fatto DJ. Bastano inoltre due pezzi per mettere in chiaro che - tanto per giocare con i paragoni - le atmosfere in questo disco si attestano più dalle parti degli Strokes che dei Notwist, ma con una personalità e una maturità ormai definite e nascondibili solo a chi non vuole vedere. La vena psichedelica compare molto meno densa che in passato, confinata in ottimi episodi quali "Stray on Free" e "Make a stand". Il resto, invece, è un incedere progressivo di canzoni alle quali è impossibile resistere, di quelle che quando infili nello stereo ti metti a ballare davanti allo specchio e di quelle che quando le infili in cuffia scopri nella loro curata semplicità.

Lo dovevano fare, gli Yuppie Flu, un album così. Per deformazione genetica e per naturale inclinazione a scrivere canzoni perdutamente catchy. Perchè era ora di tornare a fare musica che dal vivo facesse ballare e stare bene la gente. Perchè il rock non è morto, l'indie non è morto, il pop non è morto, e anzi quando questa sacra trinità si unisce sotto l'insegna della brillantezza e del gusto, dalle parti degli impudici ed imperfetti indierockers quali siamo scrosciano gli applausi. Soprattutto quando a cantare "now smile cause the pain is over" non è un crooner sfigato di provincia, ma è Matteo Agostinelli. E vissero tutti felici, nasali, e contenti.

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La recensione Toast Masters di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2005-04-15 00:00:00

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