Subsonica - Come essere veramente ambiziosi

Un nuovo disco, che funge come riassunto di una carriera e trampolino di lancio per il futuro. La bibbia, le nuove tecnologie, i disturbi alimentari e l'arte di Michelangelo Pistoletto. Max Casacci dei Subsonica ci racconta l'ultimo "Una nave in una foresta".

Subsonica 2014
Subsonica 2014 - Chiara Mirelli

Un nuovo disco, che funge come riassunto di una carriera e trampolino di lancio per il futuro. La bibbia, le nuove tecnologie, i disturbi alimentari e l'arte di Michelangelo Pistoletto. Max Casacci dei Subsonica ci racconta l'ultimo "Una nave in una foresta".

 

Lazzaro, paradisi, eden, serpenti. In questo nuovo disco sembra che vi siate dati alle letture bibliche. 
Non siamo certo diventati chierichetti, semplicemente le sacre scritture offrono la possibilità di sintetizzare argomenti complessi, nello spazio di poche sillabe. Se canti La-zza-ro, hai fatto presto e hai già detto: luce vs tenebra, resurrezione, cambiamento. Per me e per Samuel, che scriviamo sempre prima le metriche vocali e solo dopo il testo, con spazi ristretti e violentemente sincopati, è una tentazione forte.

La critica più comune rivolta al vostro nuovo lavoro è che sembra una specie di greatest hits: "Una nave in una foresta" ricorda un po' "Nuvole rapide" un po' "Strade", "Di domenica" potrebbe essere la nuova "Incantevole", "Lazzaro" è un classicissimo singolo subsonico, "Licantropia" ha delle atmosfere di "Giungla nord"... è un'osservazione un po' stronza, però se da un lato ti fa chiedere se non sia inevitabile l'effetto best of dopo molti anni di carriera, dall'altro potrebbe essere considerata una specie di augurio, tipo "fatto il punto della situazione, lasciamo il passato e guardiamo avanti provando a inventarci qualcosa di inaspettato per il futuro”?
Non so che cosa leggi di solito, ma la percezione che abbiamo noi è che l'album sia stato accolto con grande soddisfazione. Soprattutto dal nostro pubblico, che è anche piuttosto esigente e critico. Devo confessare che fa sempre sorridere leggere un tono critico in chi imputa ai Subsonica di fare i Subsonica. Soprattutto considerando che sopravvivere alla rottamazione dei "generi" è proprio quello che al novanta per cento delle band, anche quelle più cool e interessanti, non riesce. Specialmente in Italia. Non mi dilungo sul quanto inventare qualcosa o anticipare i tempi, qui da noi, sia frustrante e improduttivo (riascolta una nostra traccia del '97 "Velociraptor" che anticipa di dieci anni alcune poliritmie della dub step). Ben venga quindi lo stile, se è il tuo, e una canzone, se riesce a essere figlia del proprio tempo navigando almeno una spanna sopra i trend. Ben venga anche il greatest hits. Se le hit sono great, naturalmente. La questione alla fine sta tutta lì. Comunque per rispondere in modo diretto, credo che "Una nave in una foresta", rappresenti un passo solido per una nuova fase di lancio.

Siete sempre stati un gruppo abbastanza politico. Per questo, non si può non notare l'assenza di una canzone come “Prodotto interno lurido”, insomma una netta "intimizzazione" dei temi trattati. E questa fra l'altro è una cosa che noto un po' in generale: la quasi estinzione della musica politica nel panorama italiano (e lo dico come pura constatazione, senza intenti moralisti o passatisti). 
Non siamo mai stati in realtà un gruppo "politico". Nel senso che ci siamo tenuti alla larga dal facile automatismo, tutto anni 90, dell'argomento sociale di turno per richiamare il pubblico "sensibilizzato". Siamo stati alla larga anche dalle liturgie che quel genere di attitudine necessariamente attivava. Ci siamo resi liberi, da subito, di poter raccontare quello che ci pareva mescolando argomenti e livelli, senza indossare divise e senza dover ricorrere al generatore automatico di slogan per trattare questo o quel tema "urgente". Tuttavia abbiamo affrontato molti argomenti scomodi, di fronte ad un pubblico numeroso che non necessariamente condivideva le nostre posizioni. Dalle guerre alla repressione di Genova, dalle minacce di sgomberi dei centri occupati alla Tav Torino-Lione passando per nucleare e acqua pubblica. Abbiamo rotto le palle un po' a tutti. A Berlusconi, al PD, ai post-fascisti, in un paio di casi anche ai Cinquestelle a causa di alcune posizioni, a nostro avviso, liberticide e vagamente repressive. Durante l'ultimo decennio, con la maggior parte degli organi di informazione nelle mani di un unico ceto politico, era un obbligo morale creare momenti di testimonianza e controinformazione. Oggi che in qualche modo il dibattito politico si è rimesso in moto, occupando pagine su pagine sui quotidiani, tracimando dagli schermi televisivi, gli artisti possono tornare a fare più legittimamente gli artisti. Credo anzi che se ne senta più che mai il bisogno.

Ricordo che parlando di "Eden" raccontavate di scontri fra Samuel che voleva un disco da spiaggia e Boosta che invece voleva fare un disco depresso. Anche stavolta ci sono state divergenze di opinione sulla direzione dell'album?
Premetto che tutti e cinque in modo sempre più collegiale partecipiamo alla realizzazione degli album. Ci sono stati dischi che venivano più influenzati da qualcuno, in genere da chi in una determinata fase ha manifestato idee con maggiore convinzione. Nei casi recenti "L'eclissi" appartiene più a me e ad un Boosta in piena fase dance floor. "Eden" è invece più influenzato da Samuel e da sue certe predilezioni pop. Sono distanti i tempi dei primi album nei quali la differenza di età e di esperienza tra me e il resto del gruppo determinava automaticamente un metodo di lavoro che, pur essendo collettivo, aveva una regia rigorosa. Nel bene e nel male, e spesso a costo di forzature caratteriali che, giustamente, gli altri del gruppo una volta diventati "grandicelli" non hanno più avuto pazienza di subire. In questo senso "Una nave in una foresta" è un album che tende a rappresentare armonicamente tutti e cinque. E a mio avviso è una premessa solida per ricominciare a scrivere episodi ambiziosi, come i primi. Ma senza strappi. Dove per ambizione, intendo lo spirito del giocarsi sempre il tutto per tutto, anche a rischio di non venire compresi per niente. 

Ho sentito che avete intenzione di portare avanti l'argomento dei disturbi alimentari che avete affrontato in “Specchio” ma in altri contesti e modalità. Cosa avete in mente?
Non lo sappiamo ancora, ma sappiamo che dopo essere riusciti a realizzare un video "musicale" per persone sorde, il modo lo troveremo. Magari con un documentario. È stato molto toccante leggere le testimonianze di ragazze ex anoressiche rivolte alle proprie coetanee. Lo abbiamo fatto per caso mentre digitavamo in rete le parole chiave di un testo che parlava di tutt'altro: "specchio, precipizio, dita in gola, vizio, anima, fuori servizio". Le parole contenute in quei blog dovrebbero essere lette da tutti. L'anoressia e i disturbi del comportamento alimentare rappresentano un dramma silenzioso che coinvolge troppe persone. Una canzone, anche e soprattutto se un po' "cazzona" come "Specchio", potrebbe essere un veicolo adatto.

Se parli di "canzone cazzona" mi viene in mente "Ritmo Abarth": dite la verità, l'avete scritta sperando di essere chiamati dalla Pixar per musicare Cars 3?
Magari! No, il motivo è più stupido ancora. Avevamo un Ritmo Abarth nera parcheggiata di fianco allo studio ogni giorno. Alla fine le abbiamo dedicato un brano. 

Avete dichiarato che questo è il vostro disco più italiano e meno torinese, in che senso?
Non so, credo che Samuel con quella definizione intendesse prendere le distanze da un certo clima livoroso e un po' provinciale che in alcuni ambienti torinesi si respira. Posto che credo che in questo senso tutto il mondo è paese, l'ambiente musicale che frequento io in questi anni è piuttosto vivo e prolifico: Niagara, DYD, Foxhound, sono alcuni tra gli esempi più evidenti.

Anch'io trovo che da Torino continuino a uscire gruppi molto bravi e sempre abbastanza avanti. È ancora la città all'avanguardia di qualche anno fa, nonostante non ci siano più i Murazzi di una volta?
Il clima non è dei più positivi. La crisi sta picchiando durissimo e incomincia a crearsi uno scollamento tra le scelte di alcuni amministratori e la componente giovanile che in città è molto numerosa. Gli artisti ci sono, anche perché Torino in questi anni ha raccolto ragazzi da tutta Italia, scippando per certi versi il ruolo alla Bologna degli anni '90. Ma c'è un malcontento percettibile, per me che ho occasione di girare l'Italia in tempo reale, risulta evidente che Torino si è un po' abituata a se stessa. Resta pur sempre una delle pochissime città italiane vive e ricche di attività culturali, molte delle quali spontanee.

Parlando di attività culturali, com'è nata la collaborazione con l'artista Michelangelo Pistoletto? Potrebbe evolvere in qualcos'altro in futuro?
Pistoletto ci ha chiamati per collaborare ad un evento relativo alla sua opera concettuale e planetaria, "Terzo paradiso". Noi abbiamo saltato un po' di steccati e gli abbiamo proposto direttamente un brano. A patto che accettasse di mettersi in gioco davanti ad un microfono. Non si è tirato indietro. Michelangelo è una delle figure che hanno fatto la storia dell'arte degli ultimi cinquant'anni ed è un ottantenne pieno di energia contagiosa. Quindi di sicuro andremo avanti a fare cose insieme proprio partendo da questa canzone.



Del resto siete abituati a collaborare con artisti e scrittori. C'è qualcuno (vivo o morto) con cui vi piacerebbe, o vi sarebbe piaciuto, lavorare assieme?
Per quanto riguarda le collaborazioni siamo molto attenti, curiosi e inclusivi. La più recente è stata quella con Donato Sansone, un artista visivo che abbiamo scoperto già sette anni fa, ma con il quale non eravamo mai riusciti a collaborare. Il lyric video di "Di domenica" ha finalmente fornito l'occasione. Un altro artista con il quale vorremmo collaborare? Da diversi anni continuiamo ad inseguirci con Paolo Sorrentino, ma ogni volta che si presenta l'occasione o noi siamo fermi o lui è sul set di qualche film.

Bob Lefsetz dice che la musica segue dei cicli di diciotto anni, che è la vostra età come gruppo. Adesso che siete maggiorenni, dobbiamo aspettarci un nuovo ciclo musicale?
Come dicevo prima "Una nave in una foresta" è un episodio importante, anche perché dopo anni e album di grande turbolenza è nato in un clima relativamente pacifico. Potrei azzardare in un clima maturo considerando che in fondo siamo solo diciottenni. 

A proposito di maturità, giro a voi in quanto gruppo grande, in termini sia di età che di successo, una domanda che mi è stata posta riguardo il nuovo album degli U2: secondo voi c'è una formula per non finire come gli U2 nonostante una carriera lunga? A parità di età ed esperienze, cos'è che fa dei Depeche Mode una band ancora rispettabilissima pur senza i picchi di genio del passato, e degli U2 un carrozzone sfasciato?
Tutto dipende da quanto la musica pesa nella tua vita. E non intendo la tua di musica, ma la musica fatta anche da gente che ha meno della metà dei tuoi anni. Se riesce a generare in te ancora stupore, al netto dei revival e dei ricicloni. Se riesci a mantenerti affamato, curioso, se riesci ad emozionarti di fronte al palco di un perfetto sconosciuto, ce la puoi ancora fare. Altrimenti vivi di rendita finché dura. Dalla rosa delle collaborazioni si comprende come i Depeche Mode siano ancora alla ricerca di qualcosa. Gli U2 non lo so perché l'album francamente non l'ho ascoltato.

Parlando di giovani invece: il titolo alternativo di "Specchio" era "Non si esce vivi dagli anni zero". Sono davvero stati anni così insignificanti? Fra dieci anni parte il revival degli anni zero: che cosa verrà rivalutato?
Credo che la tanto disprezzata "minimal" tornerà prima di quanto non si creda. Insieme al glitch e alla dubstep, in fondo è stata l'unica vera rivoluzione sonora degli anni zero. 

Fra i gruppi "alternativi" che ce l'hanno fatta (Afterhours, Marlene Kuntz, etc) mi sembra siate quelli che hanno avuto più successo, eppure anche quelli che hanno fatto meno scuola. Questa cosa un po' mi sconforta, perché mi fa pensare che nei duemila in Italia certe contaminazioni siano ancora viste come qualcosa di nuovo o di nicchia.
Abbiamo fatto meno scuola perché il nostro processo di sintesi è sempre stato molto elaborato. In tanti hanno pensato che bastasse mettere insieme chitarre, batterie elettroniche, voci distorte, melodia e qualche testo tecnologico. E non sono arrivati da nessuna parte. Però se ascolto oggi Le luci della centrale elettrica o Cosmo, che sono artisti di grande personalità, quindi non derivativi, penso che una qualche influenza possiamo averla avuta. Non in senso emulativo, ma nell'ispirare qualcuno anche solo dimostrando che certe frontiere si possono abbattere. 



State per partire col live, dimensione in cui siete sempre molto attenti all'innovazione. Per questo tour è la volta delle "giacche con le gif". La volontà di stupire con effetti mai visti è sicuramente ammirevole, ma non si corre il rischio di finire a dare più attenzione al lato visual e spettacolare rispetto alla musica?
Il rischio ci sarebbe anche, se non fosse che una volta scesi dallo stage dei palazzetti, ci ficchiamo su un furgone e andiamo a suonare lo stesso concerto su palchi nudi ed essenziali in giro per il mondo. Dove la gente non ti conosce quasi e dove conti solo tu e la tua musica. Domare una struttura grande, fredda e dispersiva come quella di un palazzetto, trasformando il concerto in esperienza tecnologica "sensoriale" - senza rendere tutto un baraccone di effetti speciali - è una sfida. E solitamente ci riesce piuttosto bene. Farlo costare un terzo di quanto paghi solitamente per live di quelle dimensioni è la cosa più difficile. Le giacche con tecnologia wearable di Cute Circuits sono un visionario progetto italiano sviluppato in Inghilterra, dove il mondo della moda e della musica stanno iniziando a sperimentarne l'utilizzo. Potevamo sfuggire alla tentazione?

Certo che no. Un'altra cosa a cui siete sempre stati attenti è l'ecosostenibilità, e su questo non ho nessuna obiezione, anzi non pensate che in generale si dovrebbe prestare più attenzione a questo aspetto piuttosto che al problema dei decibel?
Quello dei decibel è un problema più che serio che evidenza un cronico deficit culturale tutto italiano. Secondo le norme in vigore anche un semplice clarinetto suonato senza amplificazione è da considerarsi fuori legge. Ma non credo che qui ci sia lo spazio per contenere tutta una questione che ha a che fare con l'enorme bug legislativo sulla musica nel suo complesso. L'ecosostenibilià è un argomento vitale. Si dovrebbe fare di più per riflettere e per indurre a riflettere sul fatto che la principale fonte energetica alternativa a portata di mano è il risparmio energetico. Quello delle scelte quotidiane. Un concerto meno impattante è un innesco culturale, serve a creare un "clima" che può rendere stimolante o anche solo più piacevole il sentirsi parte di una scelta, la quale deve necessariamente essere collettiva.

Nei Subsonica c'è sempre stato un forte elemento tecnologico; di certo nel modo di fare musica, ma anche nei contenuti delle canzoni, quasi come una presenza minacciosa che aleggia tra i testi. Negli scorsi dischi il tema della disumanizzazione creava un senso di catastrofe incombente (penso a "La Glaciazione", per esempio), qui invece è affrontato con toni quasi mistici, come un'accettazione di un disastro inevitabile ma che porterà a qualcosa di nuovo e forse migliore. 
Più che di tecnologia parliamo di scenari preoccupanti. Credo che nei retropensieri di chiunque ci sia sempre preoccupazione per quello che mangiamo, beviamo, respiriamo e per come possa danneggiare noi o le persone che amiamo. Abbiamo trattato questo tema in "I cerchi degli alberi", utilizzandolo come sfondo per una narrazione di legami. I sentimenti di oggi devono prendere la rincorsa e cercare slancio in un tempo dove nulla, ma proprio nulla, ci dice che siamo destinati a farcela e che potremo trasformare le nostre preoccupazioni in orizzonti luminosi. Poi però con il "Terzo paradiso" e il sogno di Pistoletto, arriva la voglia di crederci. Attraverso l'artificio e le buone pratiche tecnologiche potremo forse salvarla questa nostra casa. Che tra l'altro sarebbe anche l'unica che abbiamo.

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L'articolo Subsonica - Come essere veramente ambiziosi di Letizia Bognanni è apparso su Rockit.it il 2014-10-20 12:05:00

Tag: torino

COMMENTI (2)

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  • faustiko 10 anni fa Rispondi

    Complimenti @letizia, intervista interessantissima. E anche l'interlocutore è una persona sempre disponibile...

  • fede.ok 10 anni fa Rispondi

    Intervista spettacolare... Domande molto provocatorie e risposte pacate ma ferme e taglienti. Per quanto possa contare la critica di una 18enne che li segue solo da 8 anni, è questo che cerco da un'intervista, ed è questo che cerco da una band! Grandi Subsonica come sempre!