Un album naif, divertente, immediato. Non ancora un capolavoro ma ugualmente importante. Tenetevelo stretto.
Se qualcuno si fosse perso le puntate precedenti, i Sikitiks esordirono su Rockit con una stroncatura epocale nel loro esordio per Casasonica "Fuga dal deserto del Tiki". Liquidati senza speranza, non si persero d'animo e ci costrinsero a fare pubblica ammenda cinque anni dopo, inventando "Dischi fuori moda", album che conteneva alcune straordinarie canzoni pop che diventarono una piccola colonna sonora della redazione. Divenuti piccoli eroi nella loro Sardegna, cercano ora il salto definitivo. Così, a distanza di due anni, tornano con il nuovo lavoro "Le belle cose" che, tenendo fede al concetto dei dischi come oggetti ormai fuori moda, viene diffuso gratuitamente attraverso la rete.
Undici canzoni che ripartono da dove li avevamo lasciati, in quel mix trasversale di generi che, usando il pop come trampolino di lancio, va a zonzo tra rock'n'roll, elettronica, cantautorato, elettrofolk, surf. Arriva così un concept basato sull'idea di una rivoluzione personale che distilla la quotidianità e ne estrae mattoncini emotivi con cui costruire le giornate. Innamorati dei dettagli, anche quelli più malinconici, i Sikitikis hanno voglia di cambiare il mondo con i raggi di sole, trovando modo di sorridere anche degli amori sbagliati, della confusione esistenziale, del tempo che passa, dei sogni infranti. Affrontano la malinconia con gli spirito da ultratrentenni che crescono senza invecchiare, restando entusiasti, quasi sempre. "Le belle cose" è un disco estivo per scaldarsi d'inverno, canticchiando spensierati di fronte ai pensieri.
Un disco con cui compiono un ulteriore passo in avanti, confermando pregi e difetti di un modo tutto loro di fare musica. Perchè i Sikitikis si ispirano a tanti e nessuno, riuscendo a nascondere talmente bene i loro riferimenti che fare paragoni è un azzardo. Un mondo sonoro eterogeneo, che sperimenta un viaggio dal rock'n'roll anni sessanta al pop sintetico inglese anni ottanta, fino al cantautorato italiano anni settanta, passando per l'elettronica commerciale ed il pop radiofonico contemporaneo. E ancora, frammenti casuali di Beatles, Celntano, Beck, Bennato, Graziani, Subsonica, Gorillaz, Negrita, Tre Allegri Ragazzi Morti. Tanti, troppi riferimenti, sicuramente esagerati e probabilmente tutti sbagliati. Perchè i sardi sono talmente bravi a copiare e poi mischiare le carte che alla fine, piacciano o meno, il loro stile è lo stile dei Sikitikis. E così, senza essere originali, senza essere innovatori, costruiscono una loro unicità. Per questo, ancora una volta, si meritano un applauso per un album semplicemente bello, forse non tutto, ma quasi.
Un album naif, divertente, immediato, pimpante e pure un po' romantico. Arrangiato, suonato e registrato magistralmente, con il vezzo di un mastering agli Abbey Road. Un album nel quale vivono momenti altissimi come la dichiarazione di intenti de "La mia piccola rivoluzione" o l'appiccicosa hit estiva di "Soli" che porta la spiaggia direttamente dentro casa. E ancora la magnifica ballata elettropop di "La casa sull'albero" o la rumba sintetica di "Amori Stupidi". Tante belle cose, ma non tutte. D'altronde non sarebbero i Sikitikis se ogni tanto non andassero fuori controllo. E così, appaiono anche due o tre canzoni terribilmente brutte&banali, ma non fa niente. "Le belle cose" è un disco convincente e riuscito. Un disco da cui estrarre canzoni importanti, da imparare a memoria.
Ormai i Sikitikis sono una certezza. E proprio per questo, nasce una critica paradossale: probabilmente hanno da qualche parte un disco capolavoro che ancora non sono riusciti a regalarci. Aspettandolo, intanto teniamoci strette strette le loro belle cose.
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La recensione Le belle cose di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2013-02-01 00:00:00
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