I Bad Love Experience centrano in pieno l'obiettivo, consegnandoci un altro tassello di un puzzle che cambia forma e dimensioni ad ogni nuova uscita. Imprevedibili.
Continuavo a girare intorno alla stesura di questa recensione senza riuscire a ricavarne un perché. Inizialmente, non lo nego, la sensazione di smarrimento è stata notevole: mi aspettavo un "Pacifico" part II, quasi fosse scontato che la band livornese continuasse a percorrere quei binari. In realtà, come riportato anche nell'intervista, i 3 anni che separano questo album del precedente hanno visto il gruppo impegnato in alcune sperimentazioni (dalle cover de "Il vento" di Lucio Battisti e di "Tomorrow never knows" dei Beatles, all'interpretazione di "Eyes that say I love you" dal "Song reader" di Beck) che hanno segnato inesorabilmente il sound di "Believe nothing". A ciò si aggiunga l'ingresso in pianta stabile del produttore Ivan A. Rossi, tassello di certo non irrilevante per comprendere appieno la cifra di queste 6 tracce.
Nuovo ingresso che stavolta funge davvero da Dave Fridmann della situazione (produttore di culto che già avevo tirato in ballo nella recensione di "Pacifico"), ovvero connota le canzoni con quel tocco che si rifà più alla psichedelia e al prog che al rock nella sua accezione più tipica. Complessivamente si preferisce, rispetto al passato, un uso più massiccio delle tastiere/hammond oltre che di strumenti sintetici, per poi arricchire il tutto ricorrendo a strumenti a fiato come il sassofono e il flauto. Le atmosfere sembrano prediligere un gusto vintage ("Inner animal" ha un mood ispirato al Lucio Battisti della metà degli anni '70), ma l'intento non è quello di apparire retrò, bensì di ricercare/reinventare un sound che suoni a suo modo classico.
Non stupitevi, quindi, se le canzoni suoneranno molto più ariose rispetto al passato, perché si tratta di una prerogativa del nuovo corso della band, molto più vicina oggi agli Arcade Fire piuttosto che agli Spoon - che rimangono comunque un'influenza abbastanza evidente, si senta "Below as above" - come attitudine. Ma il trait d'union con il passato é ben rappresentato anche da "Yoniso", cavalcata rock che rimanda alle atmosfere dei misconosciuti The Thrills con un azzeccato inserto di sassofono a colorare ulteriormente la già variopinta tavolozza. Leggero cambio di rotta, invece, per "Dream of love and heart", dove la produzione sembra ricalcare a tratti suoni anni '80, in un crescendo strumentale di notevole impatto.
A seguire gli ultimi 2 brani che ricalcano più o meno lo stesso schema: i primi accordi tradiscono un'anima da ballata, mentre in realtà nei minuti successivi si assiste a un trascinante climax sonoro, che anche qui si arricchisce via via di strumenti quasi fino a saturarsi. Bellissima, in particolare, l'esplosione di "Believe nothing", che deflagra in una coda prog come difficilmente se ne sentono oggi.
Come nelle intenzioni e secondo la volontà del quintetto, in questo disco si sarebbe dovuta compiere una metamorfosi, un salto di qualità sinonimo di crescita artistica. I Bad Love Experience centrano in pieno l'obiettivo, consegnandoci un altro tassello di un puzzle che cambia forma e dimensioni ad ogni nuova uscita. Imprevedibili.
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La recensione Believe Nothing di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2015-05-15 09:00:00
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