La musica nei videoclip online si sente male. Tommaso Colliva ci spiega il perché.

La bassa qualità audio dei videoclip musicali è un problema che riguarda sia Skrillex che Wagner, dice Tommaso Colliva

- Dmitry Morozov, "Reading My Body"


Alcuni giorni fa Tommaso Colliva, noto produttore che abbiamo già avuto modo di conoscere, ha sollevato un interessante dibattito sulla questione dei videoclip musicali presentati in anteprima su alcune importanti testate web italiane. 
Come avrete notato anche voi, molto spesso la qualità del suono di questi videoclip è bassa, talmente bassa da essere al limite dell'inascoltabile.
Nella nota pubblicata su Facebook e dai relativi commenti sono usciti alcuni spunti sui quali valeva la pena discutere, quindi abbiamo deciso di fare qualche domanda al diretto interessato per approfondire meglio la questione.
La colpa è davvero dei vari Repubblica, Vanity Fair e Corriere? 

 

Partiamo dall'altra parte della barricata: riesci a immaginare cosa accade in una redazione web di un grande giornale quando riceve e pubblica un video in esclusiva?
Non ho mai fatto il giornalista, quindi sarebbe onestamente presuntuoso da parte mia dirti di sì. Immagino che ci sia una certa frenesia e che ci siano mille cose a cui stare dietro, tra queste i dettagli tecnici che permettono ad una canzone di essere ascoltata. In verità vorrei però partire marcando un punto per me veramente importante: di barricate non ce ne sono e non ce ne devono essere. Rischierò forse di essere eccessivamente idealista ma penso che questo tipo di problemi si risolvano collaborando insieme a tutte le parti in causa. Non credo che ci sia nessuno che ci guadagni se la musica si sente male. Non ci guadagnano gli artisti, che vedono mal rappresentato il loro lavoro, non ci guadagnano i media che offrono un servizio scadente agli utenti dei loro siti e non ci guadagnano gli ascoltatori che non hanno la possibilità di ascoltare la musica per come è stata pensata.

La "colpa", se così si può chiamare, quindi è equamente distribuita tra uffici stampa che non si preoccupano della resa finale del brano, e chi nelle redazioni mette scarsa cura nei contenuti che pubblica?
Per me non c'è "colpa" di qualcuno. Penso che l'evoluzione incredibilmente veloce che la rete ha avuto non abbia ancora permesso di stabilire degli standard certi a cui gli addetti ai lavori possano fare riferimento, creando una sorta di giungla dove ognuno fa un po' quello che gli pare o gli viene più comodo... basta che si senta, non importa come. Non credo esistano dei cattivi che tramano contro la qualità dell'audio ma semplicemente che il problema non sia quasi mai preso nella giusta considerazione. Pretendere che ogni montatore, ogni discografico, ogni ufficio stampa, ogni giornalista diventi un esperto di audio mi sembra utopico e alquanto irrealistico. Ipotizzare invece un futuro nel quale chi maneggia file audio è conscio che tali file debbano essere trattati con una certa cura mi sembra auspicabile. Un bel passo in avanti, ad esempio, sarebbe stabilire delle linee guida all'interno delle strutture che maneggiano i file (etichette, redazioni, uffici stampa, etc...) che tengano in considerazione la qualità dell'audio. Che so... una redazione, così come si decide che i video debbano essere almeno a 720 x 480 di risoluzione video, decide anche che debbano avere l'audio almeno a 192 kbps.



Andrea Girolami di Wired.it, nei commenti, faceva notare che forse si tratta proprio un problema tecnologico legato al player più comune in circolazione.
Andrea Girolami ha offerto un ottimo spunto ma credo che la sua conclusione, che prevede l'ineluttabilità di un cattiva qualità, sia errata. Per chiarirmi le idee ho provato ad utilizzare proprio il servizio di video cloud di cui stiamo parlando (Brightcove) e ho trovato che potenzialmente offre una qualità audio alta (con streaming in AAC fino a 320 kbps) e molte opzioni di customizzazione per gli utenti, in modo da ottimizzare lo streaming a seconda di contenuti e sistemi operativi. Ho effettuato un po' di prove e mi sembra che ottenere dei risultati accettabili sia ampiamente possibile anche solo utilizzando le impostazioni di base. Bisogna avere solo un po' di attenzione ma i siti stessi offrono sezioni di FAQ e "best practices" abbastanza chiare. Insomma un risultato decente è facilmente alla portata di qualsiasi persona che sappia caricare un video su YouTube.

Ma in fin dei conti al pubblico generalista importa qualcosa della qualità minima del suono? Vale la pena impegnarsi per ottenere un risultato che probabilmente non verrà nemmeno percepito?
Questo è uno dei punti sui quali dissento maggiormente, per due motivi. Se da un lato è vero che una grossa fetta di pubblico non percepisce differenza, dall'altro un pubblico che vorrebbe ascoltare decentemente esiste ma spesso ha difficoltà a trovare ciò che cerca. Per esperienza diretta, attraverso Calibro 35, vengo in contatto con moltissime persone che vogliono acquistare file non compressi, che ci segnalano quando le cose si sentono bene e quando si sentono male, che sono attente a ciò che ascoltano. In secondo luogo penso che sia interesse - per non dire responsabilità - di tutte le persone coinvolte nel mondo musicale, artisti in primis, cercare di promuovere un ascolto rispettoso del lavoro di tutti. Se continuiamo ad offrire cibo scadente al nostro pubblico il rischio, molto concreto, è che ad un certo punto il pubblico stesso non sia in grado di discernere i vari sapori. Nel passaggio storico dal supporto fisico ai file si è persa una delle sicurezze di fondo del sistema precedente: i cd e i vinili erano supporti che contenevano musica ad una qualità data, certa. Erano poi i sistemi di riproduzione dell'ascoltatore a determinare la qualità di ascolto finale. Adesso un ascoltatore che abbia voglia di ascoltare la musica anche solo con la qualità del cd, ha serie difficoltà a trovare ciò che cerca. Sicuramente questo non è un grande stimolo a far si che qualcosa cambi.
 

Richard Wagner
Richard Wagner
  Richard Wagner

Ci sono vari approcci per affrontare il problema, uno potrebbe essere mixare il pezzo in maniera differente a seconda della destinazione d'uso, così come si fa già per il supporto. Che ne pensi?
Ci sarebbe da fare una digressione un po' lunga e forse noiosa per spiegare dove tecnicamente sta il problema ma non credo questa chiacchierata sia l'occasione giusta. Bisogna però comprendere che TUTTA la musica è penalizzata dalla situazione attuale. Non è assolutamente una questione di sterile audiofilia, è una questione di conformità di ciò che il pubblico ascolta con quello che è il manufatto originale prodotto dagli artisti. Come se io prendessi un libro e ne cambiassi qualche parola ogni tanto, o se alterassi i colori ad un quadro. Da questo problema è affetto tanto Skrillex quanto Wagner, per dire. Quindi, anche se facessi un mix diverso dedicato al video, anche quello non darebbe maggiore garanzia di un ascolto conforme a quella che è la mia idea. L'unica soluzione che trovo potenzialmente effettiva è promuovere una migliore catena di distribuzione e di fruizione della musica; dal produttore al consumatore come si direbbe in altri campi.

È passato qualche giorno dalla pubblicazione della tua nota: hai le idee un po' più chiare? Hai immaginato una possibile soluzione?
Il seguito che il mio post ha avuto mi ha sorpreso. Indica evidentemente che il problema è sentito da più parti e che generalmente si conviene che manca una buona cultura dell'ascolto. Allo stesso tempo quando abbiamo fatto notare - per quanto di nostra competenza - i problemi che alcuni video avevano abbiamo trovato molta disponibilità al dialogo e anzi abbiamo avuto l'impressione di essere stati tra i pochi ad aver fatto presente l'argomento. Per trovare una soluzione credo che il punto di partenza sia rendere visibile il fatto che ci sono persone a cui interessa la qualità della musica, che ci sono persone che sentono le differenze tra un buon prodotto e uno scadente e con un po' di abitudine e un po' di educazione tante altre persone potrebbero arrivare ad apprezzare le stesse cose. Appiattirsi sul "tanto-non-gliene-frega-niente-a-nessuno" non porta da nessuna parte, così come la convinzione aprioristica che "i giornalisti/gli uffici stampa/ le etichette son tutti stronzi che complottano contro di noi" o il fatto che "la-gente-intanto-ascolta-gigi-d'alessio". Secondo me artisti, addetti ai lavori, media, giornalisti e ascoltatori a cui interessa sentire le cose come stanno ci sono eccome, sta solo a noi parlarci, trovare il modo giusto di collaborare e farci sentire.

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L'articolo La musica nei videoclip online si sente male. Tommaso Colliva ci spiega il perché. di Nur Al Habash è apparso su Rockit.it il 2014-03-17 00:00:00

COMMENTI (8)

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  • cristianguerreschi 10 anni fa Rispondi

    semplicemente in quelle redazioni non usano preset per compressione video e audio con dei settaggi decenti, oltre al fatto che non gliene potrebbe fregare di meno. i musicisti non possono farci niente. mettete la musica e video a qualità decenti nei vostri siti-blog...

  • cristianguerreschi 10 anni fa Rispondi

    semplicemente in quelle redazioni non usano preset per compressione video e audio con dei settaggi decenti, oltre al fatto che non gliene potrebbe fregare di meno. i musicisti non possono farci niente. mettete la musica e video a qualità decenti nei vostri siti-blog...

  • EliaLeRevenant 10 anni fa Rispondi

    Pienamente d'accordo con il discorso di Colliva, anche se alla fine i video in streaming si guardano e soprattutto ascoltano dal telefonino, il tablet o il portatile, quindi..

  • angusmcog 10 anni fa Rispondi

    ma no, secondo me invece c'entra poco questa questione... lo streaming di scarsa qualità tutt'al più fa passare l'idea che in realtà del musicista di turno interessano altre cose ma che paradossalmente non si da importanza al suo prodotto e veicolo di comunicazione principale. Ottimizzare questi ascolti richiede pochi minuti... è un problema di cultura, non di tempo, è come bere e dar da bere tavernello perchè non si ha la cultura per distinguerlo da un vino fatto come si deve. La musica sul web (libera sì, ma relativamente) aiuta gli artisti a farsi conoscere e potenzialmente (se la roba è veramente buona...) a iniziare ad incassare da più canali, se la musica sul web si sente meglio... non può essere che meglio per artisti e pubblico.

  • cesareparmiggiani 10 anni fa Rispondi

    Non ritengo che l'osservazione di Filippo Bazzani sia così campata per aria. Per entrare nel merito della questione, non riesco a capire di chi sarebbe la "colpa" . Alla fine chi è che carica questi video sulla rete? Perchè li carica in questo modo? Magari questa è solo una delle conseguenze della musica libera, e forse c'è solo da prenderne atto.

  • FilippoBazzani 10 anni fa Rispondi

    ..io non ci giurerei che non ci abbiano pensato ;)

  • faustiko 10 anni fa Rispondi

    @FilippoBazzani ma dai... ma secondo te so tutti lì a rippare i pezzi, ma dai...

  • FilippoBazzani 10 anni fa Rispondi

    ...avete pensato al fatto che mettere a disposizione su internet, quindi alla fine scaricabile da chiunque, una canzone in alta qualità significhi tirare una zappa sui piedi a chi VENDE musica?