Gemitaiz - I sogni danno da vivere

Dopo aver costruito una carriera sul suo talento in extrabeat e sulle sonorità fresh tipiche della scena romana anni '00, Gemitaiz torna con "Nonostante tutto", un secondo album che fa concessioni al crossover, al pop, alla melodia, a tratti anche alla dubstep

gemitaiz nonostante tutto
gemitaiz nonostante tutto

In America parlare di musica hip hop è come parlare di musica rock: tutti hanno perfettamente chiaro che si tratta di un recinto vastissimo, che contiene in sé una serie pressoché infinita e in continua evoluzione di sottoinsiemi, sfumature, variazioni sul tema. In Italia, invece, ancora fatichiamo un po' a digerire questo concetto, tant'è che molti tendono a considerare la musica rap di casa nostra come un blocco monolitico e sempre uguale a se stesso.      
La cosa, ovviamente, complica parecchio la vita a quegli mc che a un certo punto della loro carriera hanno voglia di cambiare un po' il proprio percorso, prendendosi il rischio di fare cose diverse e tentare strade nuove. Per fortuna, però, c'è chi non si lascia frenare e ci prova lo stesso: è il caso di Gemitaiz, che dopo aver costruito una carriera negli ultimi dieci anni sul suo talento in extrabeat e sulle sonorità fresh tipiche della scena romana anni '00, si presenta ai suoi fan con "Nonostante tutto", un secondo album solista che fa concessioni al crossover, al pop, alla melodia, a tratti anche alla dubstep. Quando lo abbiamo incontrato per questa intervista, nella sede milanese della sua etichetta Tanta Roba, era la vigilia dell'uscita del disco, tradizionalmente un momento carico di tensione, ma Gemitaiz appariva decisamente rilassato e soddisfatto. E a quanto pare faceva bene ad esserlo, perché nel frattempo – a sole due settimane dalla sua pubblicazione – "Nonostante tutto" è già diventato disco d'oro.

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Qual è il percorso che ti ha portato fino a realizzare questo album?
Non sono uno di quelli che studiano nel dettaglio i progetti ancora prima di cominciarli, quindi diciamo che "Nonostante tutto" è nato strada facendo. Ovviamente se scrivo per un mixtape ho un'attitudine diversa, più leggera, mentre se invece sto lavorando a un album sono più in paranoia e cerco di produrre cose sempre nuove e originali, dove ho l'occasione di approfondire dei concetti più importanti. Sul piano musicale credo che questo disco rappresenti una grande evoluzione, per me: non credo che sia il classico disco rap, anzi, visto che ascolto molti generi diversi ho cercato di fonderli tutti all'interno delle varie canzoni. Il lavoro che abbiamo fatto sui beat è stato molto curato, anche perché quando ne ho la possibilità mi piace andare in studio e farli insieme ai miei produttori.

Tra l'altro la tua etichetta, Tanta Roba, tradizionalmente dà una grande importanza al ruolo del produttore, cosa che sembri fare anche tu
Esatto. In generale ho collaborato molto con Frenetik & Orang3, che sono anche dei grandi amici: lavorare con loro significa rinchiudersi dieci ore al giorno insieme in studio e suonare, suonare, suonare. Un metodo piacevole e allo stesso tempo mega produttivo: non mi è mai successo di uscire da lì a mani vuote. Di solito propongo un mood, un'atmosfera, e cominciamo a buttar giù spunti fino a quando non si arriva al giro giusto, quello che mi fa scattare qualcosa. Anche con Doms, che è uno dei producer fissi di Achille Lauro, la collaborazione è stata molto diretta e informale: abitiamo tutti nello stesso quartiere, quindi ci si becca spesso in giro a prescindere dalla musica. Mettici anche che ho registrato e mixato l'intero album al Bunkerino, che è il mio studio di sempre... Solo con alcuni producer, tipo The Ceasar che stanno in America, il rapporto è stato a distanza, ma comunque anche in questo caso ci sono stati dei grandi scambi di idee. Fare una canzone comunicando solo via Whatsapp non avrebbe portato a grandi risultati... (ride

L'influenza di altri generi si sente parecchio anche nell'uso che fai della voce, molto più melodico di quello dei tuoi colleghi: ci sono brani quasi canticchiati, una novità rispetto a prima...
Sicuramente, ma credo di aver dosato bene gli ingredienti e di non aver esagerato. Più della metà della musica che ascolto è cantata: sono un grande fan di artisti come Travi$ Scott, The Weeknd o Drake e sono rimasto molto affascinato da quel tipo di cantato un po' low, da quella rappata melodica che hanno loro. Ovviamente, però, nel mio album ci sono anche brani molto serrati e tecnici, perché non volevo snaturarmi completamente, ma mi è venuto spontaneo provare a fare anche qualcosa di diverso che rispecchiasse i miei ascolti. E sono molto contento di averlo fatto. 

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Ascoltando il disco si ha un po' l'impressione che a livello tecnico sia un disco meno ragionato: non hai puntato tutto sui singoli trick da inserire nelle varie strofe, ma sei stato un po' più istintivo. È così?
Forse. Ormai non mi metto più a scrivere pensando ai tecnicismi, anche perché quelli che adotto mi vengono abbastanza spontanei. In ogni caso anche stavolta non mancano i miei grandi classici: brani terzinati, doppie rime, extrabeat, uso dell'autotune... Ho cercato di dare il giusto peso a tutto. 

"Nonostante tutto" è un album che parla molto di evadere dalla quotidianità, di superare i propri limiti e le imposizioni
Sono tanti anni che faccio questo lavoro e che i miei sogni mi danno da vivere, ma sempre più spesso mi rendo conto che tante persone la considerano un'utopia. Pensano che non abbia senso cercare di inseguire le proprie ambizioni, perché raggiungerle è troppo difficile. Io forse sono stato un po' sprovveduto, ma a 16 anni ho lasciato la scuola per fare solamente musica, e sono riuscito ad arrivare fin qui: se ce l'ho fatta io, che non sono sicuramente un genio o un supereroe, credo che ce la possa fare chiunque! (ride) L'importante è crederci e soprattutto non farsi intrappolare dalle regole della società e dal mondo esterno. 

Il fatto di aver mollato la scuola a 16 anni puntando tutto sul rap lo racconti anche nella title track dell'album. Per curiosità, ai tempi eri uno di quelli che ci credeva veramente (tipo 2Pac, che da ragazzino ripeteva incessantemente a sua mamma che sarebbe diventato un rapper famoso)?
Di base a scuola non andavo bene, non perché non volessi imparare, ma perché non mi piaceva l'idea di imparare nozioni imposte. Mi è sempre piaciuto molto leggere libri, ascoltare musica, scoprire cose nuove, documentarmi: ho cercato di farmi una cultura da solo, e avendo moltissimi interessi credo di esserci comunque riuscito, in qualche misura. Certo, ogni tanto mi rendo conto che non aver finito la scuola mi ha un po' penalizzato in alcune cose, ma se non lo avessi fatto non credo che sarei mai riuscito ad arrivare fin dove sono arrivato con la musica. Insomma, alla fine ci ho creduto e ho fatto bene.

Sempre nel testo della title track parli anche dei noti fatti di cronaca di cui sei stato protagonista. In quell'occasione c'era stato un accanimento abbastanza ignobile della stampa generalista nei tuoi confronti. Come ti sei sentito in quei giorni?
Purtroppo quel tipo di atteggiamento da parte dei giornalisti è una cosa abbastanza frequente, quando si parla di erba in Italia: io, poi, oltretutto faccio il rapper, quindi li ho proprio invitati a nozze... (ride) Quando sono usciti tutti quegli articoli, comunque, ero ai domiciliari, quindi non mi sono reso conto direttamente di quello che si diceva di me in giro (agli arresti domiciliari non è concesso usare il computer o il cellulare, ndr), però mi era arrivata indirettamente la notizia di tutto il polverone che era stato sollevato, e anche della grande solidarietà di tutti i miei colleghi e perfino di persone che non conoscevo per niente. Questo mi aveva abbastanza confortato, perché mi aveva fatto capire che non ero matto io a pensare che la stampa stesse esagerando. Certo, mi rendevo perfettamente conto della gravità della situazione, ma ho capito che mi avevano usato come capro espiatorio per diffondere un messaggio, che oltretutto dal mio punto di vista era pure quello sbagliato. 

Nei tuoi pezzi hai sempre parlato molto liberamente di droghe leggere: dopo questa brutta esperienza, è cambiato qualcosa nel tuo atteggiamento nei confronti della questione?
Diciamo che non ho assolutamente voglia di avere problemi, preferisco concentrarmi sul lavoro, che mi dà molte più soddisfazioni. 

Passando ad argomenti meno seri, girovagando per i forum e i gruppi di compravendita di dischi rap italiani è facile scoprire che i tuoi primi mixtape, all'epoca stampati in pochissime copie, sono molto ricercati e hanno raggiunto quotazioni davvero alte, spesso superiori ai 100 euro. Cosa ne pensi?
Me lo avevano detto qualche tempo fa, mi pare fosse stato Madman: “Oh zì, non puoi capire, ce sta Quello che vi consiglio vol. 2 a due piotte su Internet!”(ride). Ovviamente mi rende molto felice, vuol dire che quei progetti sono rimasti nel cuore della gente: ai tempi ci autoproducevamo con quei pochi soldi che avevamo in tasca, e quindi per necessità tutti i nostri dischi erano stampati in edizione limitata. Oltretutto i nostri mixtape erano disponibili anche in free download, quindi non era necessario comprarli per averli. Quei cd sono diventati una specie di cimelio: pensa che che "Quello che vi consiglio vol. 3" non ce l'ho più manco io, l'ho perso, quindi probabilmente conviene che me lo ricompri a caro prezzo... (ride) Al di là del valore economico, comunque, è sempre un piacere quando i ragazzi arrivano agli instore portandosi dietro anche i dischi vecchi da farsi autografare: vuol dire che ci seguono da tanto.

Tra l'altro, una curiosità, visto che ormai sei emerso dall'underground e sei entrato nel circuito mainstream da diversi anni. Secondo alcuni c'è un sound e uno stile riconoscibile e “standard” che accomuna (quasi) tutti i rapper italiani diventati famosi: tu cosa ne pensi?
Secondo me no, non c'è uno stile comune a tutti: forse c'era in passato, però. Quando uscì "Mi Fist" dei Club Dogo, ad esempio, per anni ci siamo tutti sentiti in dovere di fare qualcosa che assomigliasse a quel disco, perché era talmente bello e rivoluzionario che era impossibile non volerlo imitare. Oggi, invece, credo che ci sia più identità: quando senti un rapper italiano non rischi di confonderlo con un altro rapper italiano, ciascuno ha il suo stile e il suo modo. E la cosa mi fa molto piacere.

Altra curiosità: cosa pensi della recente ondata della trap italiana (di cui tra l'altro sembrano essere entusiasti soprattutto quelli che di solito non ascoltano rap, avendola scoperta solo adesso)?
È normale che siano gli outsider a parlarne di più. La trap passa anche in discoteca, quindi se vai a ballare inevitabilmente ci vieni a contatto: quando poi scopri che c'è qualcuno che la fa anche in italiano, cattura la tua attenzione per forza di cose. La ascolto, come ascolto tante altre cose, ma senza generalizzare: ormai la trap si divide in decine di sottogeneri, molti dei quali non mi piacciono per niente perché sono troppo rumorosi e ossessivi per i miei gusti. Altre cose, invece, le trovo raffinatissime, hanno un lavoro pazzesco dietro. Insomma, non sono contro per principio, anzi, anch'io ho preso in prestito qualcosina qua e là, soprattutto nei mixtape.

Tornando all'album, la tracklist si chiude con "Domani", un brano molto malinconico e speranzoso che si distingue parecchio dalle altre tracce
Quel pezzo è nato per via di Francesco Montanari, l'attore (tra i suoi ruoli più famosi quello del Libanese nella serie tv di Romanzo Criminale, ndr). In quel periodo era a teatro con uno spettacolo dal titolo "Cattivi ragazzi", che parla di un gruppo di detenuti del riformatorio. Voleva creare una specie di colonna sonora per la messa in scena: visto il tema ha pensato che un rapper sarebbe stato perfetto, così ha chiesto a me. Mi è subito sembrata un'idea fighissima: ho letto il copione, ho spiegato a Frenetik e Orang3 qual era l'immaginario del pezzo e ci siamo messi al lavoro. La prima strofa si può dire che ce l'avessi già pronta, perché l'ho presa da "Quello che vi consiglio vol. 6": era quella di "Si va pt 2", con Gemello e Mystik One. Mi sembrava perfetta per lo scopo. Naturalmente l'ho ri-registrata per dare un'interpretazione e un'intenzione diversa: alla fine abbiamo ricreato un'atmosfera fantastica, abbiamo addirittura campionato una sirena della polizia e l'abbiamo fatta passare attraverso l'autotune per trasformarla in un vero e proprio strumento musicale! Quando ho visto lo spettacolo per la prima volta ed è partito il beat, è stata un'emozione fortissima. All'inizio non volevo includere la canzone nell'album, ma poi mi è sembrato un peccato non farlo: l'ho messa alla fine perché come mood è un po' un addio, tipo titoli di coda. E poi, essendo un testo che fa riflettere, era giusto metterlo in chiusura, in modo che dopo non parta nient'altro e tu possa pensare bene al significato di quello che hai appena sentito.

Ora che il disco è fuori, che cosa ti aspetta?
Dopo gli instore comincia la prima parte del tour, che consiglio a tutti di vedere perché stiamo studiando qualcosa di particolare: l'11 marzo si inizia con Cesena e il 9 aprile concluderemo con Roma. L'ho lasciata per ultima perché volevo fosse il gran finale!

 

 

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L'articolo Gemitaiz - I sogni danno da vivere di Marta Blumi Tripodi è apparso su Rockit.it il 2016-02-10 13:42:00

COMMENTI (2)

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  • toni.meola1 8 anni fa Rispondi

    "abbiamo addirittura campionato una sirena della polizia" _
    (fatto personalmente nel 1994 con il 950)

  • braghi32 8 anni fa Rispondi

    Gemitaiz è il mio cantate preferito in assoluto, un idolo praticamente è dal 2010-2011 con QCVC vol.2 che lo ascolto e mi ha fatto veramente molto piacere leggere questa intervista.... SEI IL MIGLIORE GEM