Ainé è il Justin Timberlake italiano che viene dal soul

Il nuovo album di Ainè racconta un progetto tutto italiano pronto per essere decisamente pop.

Ainé (tutte le foto sono di Beatrice Mammi)
Ainé (tutte le foto sono di Beatrice Mammi)

Classe 1991, Arnaldo Santoro in arte Ainé ha un passato fatto di musica, di America e di jazz; "Niente Di Me" è il suo nuovo disco uscito lo scorso 18 gennaio, noi di Rockit lo abbiamo intervistato per sapere cosa è cambiato da "Generation One", perchè ha (momentaneamente) abbandonato l'inglese e se in fondo non si senta un po' il Justin Timberlake italiano. 

Perché hai scelto di chiamarti così?
Volevo scegliere un nome esoterico, che non fosse collocabile né come lingua né come genere. Ma l’aspetto più interessante del mio nome non è come l’ho scelto bensì perché l’ho mantenuto: ero sul bus per l’aeroporto di ritorno da un mio concerto a Parigi, una signora seduta di fianco a me lasciò un biglietto sul sedile dello sconosciuto che ci stava davanti. Lo sconosciuto scese dal pullman senza accorgersene, preso dalla curiosità raccolsi il biglietto e lo aprii, c’era scritto Ainé. L’ho preso come un segno del destino, anche perché proprio durante quel viaggio pensavo che il mio nome non mi convincesse fino in fondo.

Ma in francese vuol dire qualcosa?
Alla fine ho scoperto che voleva dire “Figlio maggiore”. Quindi ancora più calzante.

Se si scrive il tuo nome su Google vieni catalogato sotto l’etichetta rap, hai vinto un concorso istituito dall’Umbria Jazz, uno dei tuoi featuring più famosi è con Giorgia (forse la più conosciuta voce pop/blues d’Italia). Sei il primo vero artista black italiano?
Io non mi sento l’esponente principale di un genere, vengo dal soul, dall’r'n'b, ma credo che il mio ormai sia un progetto pop. Il disco va sicuramente verso questa direzione. È un aspetto che rimarrà sempre nella mia musica, ma l’Ainé connotato da questa venatura black era forse quello più vecchio. Ora stiamo cercando tutta una serie di nuove contaminazioni.

A proposito di contaminazioni, “Solo un po’” è il singolo che ha anticipato l’album, e a mio avviso contiene molte influenze musicali (rock, elettronica). Come riesci a rielaborare tutto in una chiave pop? 
Come faccio non lo so, ma lavorando da tempo con lo stesso gruppo di musicisti qualcosa è cambiato. Io continuo a scrivere le musiche e i testi ma il risultato finale dell’album è frutto di cinque teste pensanti. È un prodotto che viene da me perché l’ho creato io, ma ciò che ascoltate è frutto di un lavoro collettivo, di una famiglia che suona insieme da cinque anni. È un album che ha delle sfaccettature hip-hop, delle sfaccettature soul. Ma "Niente Di Me" rimane principalmente un componimento pop. Sono molto soddisfatto del risultato, al momento credo sia la mia esatta rappresentazione musicale.

Il tuo format è comunque un format musicale internazionale, possiamo dire che sei il nostro Justin Timberlake?
Lui è un artista che ha saputo mixare al meglio diversi generi arrivando a un pubblico anche generalista, forse per questo è spesso erroneamente non considerato come un grande musicista ma come una popstar. Vado fiero di questo paragone, è veramente uno dei miei cantanti preferiti.  

Stare in America è stato fondamentale per apprendere appieno questa cultura?
Come qualsiasi esperienza importante è stata influente. Per scrivere prendo spunto da tutte le mie esperienze, siano queste viaggi, incontri o altro… È stata importante da un punto di vista scolastico  quanto dal punto di vista sociale, ho conosciuto tantissime persone, suonato con grandi musicisti davanti a un pubblico straniero. 

La scelta di “abbandonare” l’inglese è dovuta al tuo allontanamento progressivo dall’America o era un modo per accaparrarsi una fetta maggiore di pubblico italiano? 
Pensavo fosse giunto il momento giusto per fare un album completamente in italiano. Avevo la necessità di esprimere delle cose, nella mia lingua madre mi risultava sicuramente più facile. È più facile arrivare alle persone ed è bello quando iniziano a cantare le tue canzoni. L’inglese comunque non lo abbandonerò mai del tutto, è la mia seconda lingua, artisticamente forse la prima. Probabilmente, in futuro scriverò qualche singolo in inglese ma per ora mi diverte più l’italiano, vedere una reazione diversa del pubblico, sentire che la gente s’immedesima nei miei testi.

“Niente Di Me” è il tuo primo album sotto major, cosa è cambiato con la Universal?
Fin dall'inizio, c’è stata un’ottima affinità artistica, alla Universal è subito piaciuta la mia musica e mi ha aiutato a scegliere i pezzi migliori per comporre l’album tra oltre trenta canzoni. A livello artistico è cambiato poco ma ovviamente ci sono delle metodologie di lavoro molto più serie. Abbiamo raggiunto la Serie A e, fortunatamente, ci troviamo a nostro agio.

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I featuring del tuo nuovo album sono tutti con dei rapper, ma hai scelto tra gli esponenti più particolari del genere in Italia, sicuramente i più vicini a un’idea di musica black.
Io sono fuori dagli schemi, non potrei scegliere artisti che non si trovano sulla mia lunghezza d’onda. Con Willie (Peyote, ndr) e Corrado (Grilli, ovvero Mecna, ndr), in particolare, siamo anche molto amici. Ci sosteniamo, ci supportiamo, credo sia importante fare squadra anche fra i vari interpreti della scena. Siamo tutti degli outsiders, con Ghemon vale lo stesso discorso, sono tutti artisti lontani dai cliché della musica italiana. In futuro mi piacerebbe collaborare anche con Frah Quintale e Dutch Nazari per lo stesso motivo. Ci siamo incontrati all’Home Festival e c’è subito stato un grande feeling artistico.

Cosa dobbiamo aspettarci di diverso da quest’album rispetto ai tuoi lavori precedenti?
A pensarci bene non so neanche se definirei quest’album più pop, secondo me è un album più bello dei precedenti. Il mio primo lavoro e l’ep seguente erano due dischi di prova, di ricerca e sperimentazione musicale, ora abbiamo finalmente aggiustato il tiro. “Niente Di Me” è un album di partenza, l’album che presenta il vero Ainé. Siamo riusciti a trovare il nostro sound come band. In questo senso, per ora, è l’album più importante della mia vita.

Da album ad album i tuoi ascolti cambiano?
Mi influenzano tantissimo e ascolto sempre tantissima musica nuova, voglio sempre stare al passo con i tempi, aggiornarmi, mi appassiona proprio la ricerca musicale, al di là dei nomi, ma negli ultimi tempi ho sicuramente ascoltato più pop italiano.

Seguirà un tour? I tuoi concerti saranno solisti o accompagnati da una band?
Questo tour sarà totalmente full band, per la prima volta in assoluto. È un obiettivo importante perché sarà accompagnato da Alessandro Donadei, Emanuele Triglia, Seby Burgio e Dario Panza, i musicisti con i quali quest’album è stato concepito. Partiremo il 27 febbraio dall’Auditorium della musica di Roma.

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L'articolo Ainé è il Justin Timberlake italiano che viene dal soul di Marco Beltramelli è apparso su Rockit.it il 2019-02-05 10:30:00

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