Alessandro Baronciani intervista Mario Biondi

L'uomo con la voce più profonda d'Italia e un gruppo che urla, avranno qualcosa da dirsi? Pensavamo di no, invece messi al telefono i due chiacchierano di gusto per una buona mezz'ora: mojiti, porcherie anni '90, Ray Charles, Manu Chao e Norman Jay della BBC1. Alessandro Baronciani intervista Mario

L'uomo con la voce più profonda d'Italia e un gruppo che urla, avranno qualcosa da dirsi? Pensavamo di no, invece messi al telefono i due chiacchierano di gusto per una buona mezz'ora: mojiti, porcherie anni '90, Ray Charles, Manu Chao e Norman Jay della BBC1. Alessandro Baronciani intervista Mario Biondi.

 

Pronto, Mario...
Ciao Alessandro... Piacere di conoscerti.

Piacere mio. Tutto a posto? Ti disturbo?
No no.

Hai fatto la doccia, tutto a posto?
Ho fatto il bagnetto (ride, NdR).

Ma dove sei, a Catania?
No siamo a Roma.

Ma non vivi a Catania?
No, vivo a Parma da vent'anni.

A Parma...?
A Parma.

Ma credevo che vivessi a Catania, come mai a Parma? Non c'è il mare, non è nelle guide internazionali dei posti in!
No, infatti ho sbagliato proprio mira (ride, NdR). Il fatto è che da bambino sono cresciuto a Reggio Emilia, dai due ai dodici anni, poi mi sono spostato a Catania. Il classico andirivieni del terrone.

Io ho una passione sfrenata per quella città, allora volevo rincoglionirti di domande su Catania.
Io sono nato a Catania, ci sono ritornato a dodici anni e ci sono rimasto fino ai venti. Ora sono vent'anni che sto a Parma.

Quindi da quando hai iniziato a suonare non sei mai uscito dall'Italia? Mai vissuto in America?
Mi sono anche spostato. Ho fatto dei brevi periodi: ho fatto New York... ho fatto parecchia roba.

Quindi anche Milano?
Guarda, mi sono spostato a Reggio Emilia per un discorso affettivo, mi ricordavo dei prati, le corse nei campi. Poi restando lì mi sono accorto di essere in una regione bellissima, molto vivibile, outside, al di fuori di qualsiasi business o meccanismo impreditorial musicale.

Esatto...
Poi, sai com'è: incontri la donna, ti innamori.

Credevo che avessi lasciato subito l'Italia e facessi la bella vita alle Baleari, a Ibiza?
No, ho girato tanto, ma poi sono tornato alla casa base. Anche perché sono un po' contrario a quella leggenda che ci vuole... che dice che il successo arriva solo se vai all'estero.

"This is what you are", è diventato un successo prima all'estero che in Italia...
Anche questa cosa la vorrei un po' sfatare... La verità è che il disco è uscito in una maniera minima, un 12" in vinile che è andato solo ai dj. Il primo a programmarmi è stato Norman Jay della BBC1 di Londra, sono stato primo primo in classifica nella sua playlist per diverse settimane.

E hai svoltato...
Ovviamente ha dato un input, perché sai... essendo arrivata da noi con un apprezzamento forte da parte degli inglesi... qui subito l'hanno tenuta d'occhio.

Volevo chiederti una cosa diversa... Normalmente non urlo ma quando salgo sul palco mi viene subito da urlare. Tu invece... si sente proprio che ti piace cantare.
Beh scherzi, io sono nato praticamente sul palco: mio padre era un cantante e io ero già sul palco, con lui a undici, dodici anni.

Te lo aspettavi il successo?
Diciamo che non mi ha mai molto affascinato, a dire la verità.

E quando è arrivato ma all'estero e non in patria, che effetto ti ha fatto?
Mah, il primo pensiero è stato che potevo finalmente ritagliarmi il mio spazietto...

Un riconoscimento?
No, un mio spazietto all'ombra. Dire: io faccio questo. Se conosci bene il nostro ambiente puoi capirmi: se non sei uno da classifica e dici che fai il musicista ti rispondono...

...ma qual è il tuo vero lavoro?
Si, e un po' ti demoralizza: come che lavoro faccio? A parte le piazze a dodici anni, a sedici facevo già da spalla a Ray Charles...

L'avevo letta questa cosa di Ray Charles...
Quando arrivi ad avere trent'anni, e quindici di gavetta, hai messo da parte una consapevolezza tutta tua. Perché ti prendi dei gran pesci in faccia, la gente ti tratta male, per di più quando incontri una ragazza che ti piace e ti chiede: ma tu che lavoro fai? E tu: faccio il musicista. E lei: bello, canti, ma di lavoro?

Ma non è la tua attuale compagna...
No, assolutamente.

Un'altra cosa che mi interessa, le canzoni le scrivi tu?
Si, ho anche la presunzione di considerarmi un cantautore, compositore, arrangiatore. Per fortuna sono seguito da persone che mi danno una mano. Non mi piace essere il tuttologo della situazione, se posso avere una dritta sull'armonia da Beppe Vessicchio o da Alessandro Magnanini, Paolo Di Sabatino... Mi piace collaborare perché in fin dei conti io non sono un pianista, non sono un chitarrista. Sono uno che ha i suoi otto-dieci accordi per le dita e faccio tutto basandomi sulle mie piccole conoscenze.

Niente chitarra?
No la chitarra no, ci ho provato una vita, litighiamo. Anche col piano non vado proprio d'accordo, se appoggio le mani e ne esce un qualcosa di gradevole alle mie orecchie allora vuol dire che quel giorno sono fortunato e continuo fino a quando non esce un giro armonico carino o una melodia. Ma ci sono giorni in cui non esce nulla.

Il mio babbo ha insistito tanto a che io imparassi il pianoforte, io non ci riuscivo perché non capivo come mai una una mano dovesse fare una cosa mentre l'altra ne faceva un'altra.
E' una problematica che capisco benissimo (ride, NdR). Poi hai a che fare con questi musicisti pazzeschi, come Luca Mannutza, che è una specie di mostro.

Vuol dire che sono bravi in matematica. Da piccolo mi dicevano così.
Si, esatto. Purtroppo io sono sempre stato un asino. Avevo la professoressa Dato, ancora mi ricordo il suo cognome, lei era un metro e quarantacinque e già il fatto che fossi più alto di lei la faceva arrabbiare tantissimo. Mi diceva "Si, spostati di fianco a me, sei troppo alto" (imita una voce acuta, NdR). Mica era colpa mia se già ai tempi ero un metro è ottanta. Ora sono un metro e novantasette.

Ma esiste ancora qualcuno che non conosce Mario Biondi?
Si certo, e devo dire che mi divertono ancora di più. Perché quelli che mi conoscono esagerano sempre, mi dicono: sei un grande, the voice...

L'attenzione dei media non ti dà fastidio?
Ma no, sono sempre una figura un po' marginale e difficile da inquadrare: sono italiano ma canto in inglese, non sono sempre in televisione, non faccio i programmi classici.

Che è quasi un segno di distinzione...
Ma non lo faccio perché non voglio mischiarmi, è che capisco che proprio non faccio parte di determinati ambiti.

E l'imitazione dei Gialappa's?
Divertentissima, io li adoro. Poi Fabrizio Casalino, il ragazzo che mi imita, ha una grande creatività, una grande musicalità, l'ho sempre apprezzato.

Ma dai, non ti ha dato fastidio neanche un pochino, sei pur sempre catanese?
Neanche un po' (ride, NdR).

Guarda io vengo dai... hai presente il momento della vita in cui fai sempre le sei della mattina e ti trovi a dormire in spiaggia?
Ho presente (ride, NdR).

Il periodo un mojito di troppo, i Thievery Corporation e tutta quel tipo di musica. Mi ricordo che avevo sentito anche il tuo nome. Poi ho cambiato il tipo di ascolti. Mi sei tornato in mente grazie ai Gialappa's.
Guarda io prima abitavo in centro a Parma, poi mi sono spostato in collina perché non ce la facevo più: ogni mattina c'era il quindicenne di turno che mi si fermava davanti con il motorino, faceva "Sha la la la la la la" (canta, ride, NdR) e poi scappava via. Ad un certo punto mi sono detto: me ne vado in collina così smettete di rompere (ride, NdR).

Non so se consci Jamborree e tutte quelle cose della Irma Records?
Certo, certo. Conosco Umbi, tutti... Sono nel giro da molti anni, io ho iniziato a fare la dance negli anni 90, ho fatto un bel po' di porcherie.

Dai dicci due nomi...
Te l'ho detto, ho fatto... (silenzio, NdR)

No, ti ho perso, proprio mentre dicevi le porcherie è sparita la voce.
C'era un tunnel, scusa. Intendevo la dance, le produzioni fatte in cinque minuti, un campionamento, la cassa dritta e via.

Comunque l'Italia è famosa anche per quello.
Ai tempi ero riuscito a vendere tre-quattrocento copie, per il periodo erano risultati ragguardevoli.

E' una domanda banale ma secondo me a Mario Biondi va fatta: ti interessa qualcosa della svolta digitale della musica?
Io sono più per avere materialmente qualcosa, un disco in mano. Ma ogni cambiamento è un cambiamento, positivo, negativo, sono punti di vista.

Mi è sempre piaciuta la riposta di Manu Chao a questa domanda e sostanzialmente diceva: a noi musicisti non interessa, è solo un grosso dinosauro che sta per essere divorato da un altro dinosauro, o una cosa del genere. Dei dischi gli interessa poco, lui sta continuando a fare i soldi con i concerti.
Ma, fondamentalmente, io vivo grazie ai concerti, ho sempre fatto quello. Va bene la crisi discografica... oggi mi hanno detto che sono al secondo disco di platino e sto raggiungendo il terzo, insomma: va bene (ride, NdR).

Ma è uscito il video di "Be Lonely"? Oggi lo cercavo su Youtube e non l'ho trovato.

No lì non c'è, sai che faccio: torno a casa e te lo metto su Myspace. Stasera lo vedi lì.

 



 

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L'articolo Alessandro Baronciani intervista Mario Biondi di alessandro baronciani è apparso su Rockit.it il 2010-02-25 00:00:00

Tag: arte

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