I racconti del Walkman

Il Walkman compie 40 anni e se potesse parlare, ne avrebbe tante da dire

Il Walkman Sony
Il Walkman Sony
02/07/2019 - 16:01 Scritto da Simone Stefanini

In queste ore, quasi tutti gli organi d'informazione ci raccontano la storia del Walkman Sony, il primo dispositivo di musica portatile che è stato lanciato nel 1979 e che, facendo due conti belli facili, compie 40 anni. Vediamo di ricordare a chi c'era e introdurre a chi non c'era, cosa fosse questo miracolo ambulante per un paio di generazioni di adolescenti. Era un riproduttore di musicassette leggero e facile da trasportare, funzionava a pile (non ricaricabili) ed era dotato di una cuffia stereo con le spugnette a difendere le orecchie. Al suo interno, il Paradiso mobile. 

Per capire bene come fosse la fruizione della musica negli anni '70-'80 dobbiamo fare un altro passo indietro: la musicassetta è stata brevettata da Philips nel 1963 e di lì a poco è diventata il must assoluto tra i giovani, perchè più maneggevole del vinile a 33 giri e, cosa fantascientifica, sul suo nastro ci si poteva registrare qualsiasi cosa. 

 

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Le cassette vergini avevano le linguette di plastica on top intatte, quelle originali le avevano tolte, così lo stereo capiva e non permetteva che ci registrassimo niente sopra. Per ascoltare le cassette ci servivamo dell'impianto galattico dei nostri genitori, lo stereo hi-fi con piatto, amplificatore, radio am-fm, casse, eventuale equalizzatore che fa sempre figo e piastra con doppia cassetta, di cui una serviva solo per ascoltare e l'altra anche per registrare, tramite il tasto rosso REC. In alternativa, i gggiovani con tre g usavano i ghetto blaster, dei radioregistratori compatti che potevano arrivare a pesare come una bara di medie dimensioni, che i ragazzi di zona portavano in spalla per imitare la cultura hip hop made in USA che fioriva nei primi anni '80. Quell'affare funzionava con le pile più grosse del mondo e ne servivano tipo sei per regalargli un'autonomia di un paio di pomeriggi. In pratica, beveva più di una Fiat Ritmo ingolfata in salita. 

Insomma, per farla breve, negli anni '80 le cassette andavano un casino, i vinili non erano ancora modernariato ricercatissimo bensì sistema quasi obsoleto e l'ascolto in cuffia esisteva solo nell'ntimità di casa propria, accanto allo stereo buono, con una cuffia che pesava 2 kg, col cavo a coda di porcello, il jack grande e i padiglioni di vera pelle che coprivano tutto l'orecchio fino a raggiungere temperature invise a Greta Thunberg che provocavano lo scioglimento di metà faccia. 

Quando arrivò il Walkman fu un'epifania di quelle epocali: innanzitutto, non dovevamo più condividere la nostra musica con anima viva, solo con i nostri psicodrammi esistenziali dell'adolescenza. In più, potevamo abbandonarci al guilty pleasure senza timore di prese in giro da parte della moltitudine e così fu: registravamo ogni stronzata possibile dalla radio, perché ai tempi la pirateria era solo quella dei libri di Salgari e ce ne beavamo in giro con le cuffiette di spugna arancione alle orecchie, il Walkman in tasca e il futuro davanti. 

 

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Quanto amori sono nati grazie al Walkman durante le gite scolastiche? Miliardi. Bastava posizionarsi accanto al frutto della passione e, presi da un raptus di trance agonistica, spezzare in due l'alluminio che sorreggeva le cuffie per regalare il left o right a chi di dovere e ascoltare insieme le canzoni romantiche pop, le ballad del metal e tutte quelle canzoni che gasavano facevano cadere in love. Purtroppo, spesso si rimaneva con un palmo di naso e pure corcati dai genitori per aver distrutto le cuffie, allora apponevamo del nastro adesivo e indulgevamo nella musica depressiva h24 spalmati sul letto.

Il Walkman era il simbolo puro di libertà, ma anche di bestemmia creativa quando il macchinario mangiava letteralmente il nastro ed eravamo costretti a riavvolgerlo manualmente con una penna infilata nell'apposito ingranaggio, sforzo spesso vanificato dall'ascolto della nostra canzone preferita ormai smagnetizzata. No, le cassette non erano un supporto indistruttibile ma le playlist, che ai tempi si chiamavano compilation fatte in casa con tanto di copertina disegnata a mano, sono dei gioiellini di DIY.

Torniamo a noi, perché la nostalgia va bene fino a un certo punto e ringraziamo il Walkman per tutte le volte che ci ha colorato (o salvato) la vita, consci del fatto che uno Spotify o Tidal sullo smartphone sarà meno affascinante ma di sicuro più pratico, e ci togliamo dall'impaccio di dover ascoltare la voce del dj radiofonico che taglia la nostra canzone preferita sul lato A di una cassetta bruciata dal sole di quell'estate che, vuoi o non vuoi, non torna più. 

Ph via

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L'articolo I racconti del Walkman di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-07-02 16:01:00

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