Come "È l'uomo per me" di Mina ha cambiato la morale italiana

Forse qualcuno dirà che alla fine Mina ha perso. Ma se in Italia le cose sono cambiate in meglio, è merito anche di “È l’uomo per me”

La sera di quel 2 aprile 1964 non era una sera qualunque, per Mina. Ventiquattro anni li aveva compiuti da otto giorni, neomamma lo era da quasi un anno di un bimbo, Massimiliano, avuto senza essere sposata e che per questo le era costato un processo mediatico con pochi procedenti e l'esclusione da tutte le trasmissioni RAI, all'epoca unica televisione operante sul territorio nazionale. Era stata lei stessa ad annunciare la maternità ai giornali, sapendo bene a cosa sarebbe andata incontro: ma oltre allo scandalo della ragazza madre, poi, c’era quello del padre, il bell'attore Corrado Pani, sposato con la collega Renata Monteduro e impossibilitato a mettere fine al suo matrimonio in un Paese che avrebbe istituito il divorzio solo sei anni più tardi. I giornali scandalistici ci avevano sguazzato e, anche quando il piccolo era nato, avevano continuato a calcare la mano: “È una situazione penosa”, scriveva “Gente” ancora il 10 ottobre 1963, “e induce una volta di più a considerare che coloro che hanno fama tra il pubblico debbono più degli altri comportarsi in maniera da non suscitare scandalo”.

Ma ora, quel 2 aprile, la vita le concedeva la rivincita. Già il pubblico non l'aveva mai abbandonata. Il 3 gennaio, poi, la RAI le aveva chiesto di partecipare alle celebrazioni per i dieci anni dell'inizio delle trasmissioni tv in Italia. Lei aveva accettato, sfruttando l’occasione per presentare il suo nuovo 45 giri, “Città vuota” (una cover di “It's a Lonely Town”, successo internazionale di Gene McDaniels uscito dalla penna di Doc Pomus e Mort Shuman, due che insieme avevano scritto cosucce come “Save the Last Dance for Me” per i Drifters di Ben E. King e “Viva Las Vegas” per Elvis Presley).

Il 45 giri, nella versione italiana di Mina, parla di una donna abbandonata, il cui dolore non è compreso dalla gente e che invoca il ritorno dell'amato: un rientro in punta di piedi, quasi accettando di interpretare il personaggio che le avevano cucito addosso i media. Ma a vincere era stata lei: “Città vuota”, per i primi sei mesi del 1964, aveva fatto su e giù tra la 12° e la 3° posizione della Hit Parade, unico 45 giri a resistere alla spallata di Sanremo 1964 e a lasciarsela alle spalle, nonostante brani destinati a diventare classici come “Non ho l'età” di Gigliola Cinquetti e “Una lacrima sul viso” di Bobby Solo.

Così, la RAI le aveva chiesto di registrare uno speciale tutto suo, “Alla ribalta”, che sarebbe andato in onda a maggio. E, quella sera di quel 2 aprile, l'aveva chiamata tra le ospiti di “La fiera dei sogni”, il quiz delle 21.15 di Mike Bongiorno sul Secondo programma: lei, ragazza madre, perfetta via di mezzo tra la virginale e candida Gigliola Cinquetti e la peccaminosa e sensuale Ornella Vanoni. Anche se “Città vuota” era ancora ben salda al numero 5, Mina avrebbe presentato il suo nuovo 45 giri, questa volta non più una timida ammissione di colpa, ma una fiera rivendicazione delle proprie scelte e della sua storia d'amore con l'adultero Pani, fin dal titolo: “È l’uomo per me”.

Si trattava di un’altra cover, straordinaria anche se assai pedissequa rispetto all’originale, interpretato dalla statunitense Jody Miller, che con “He Walks Like a Man” aveva avuto la sua prima minor hit (66° posto begli Usa, ma 8° in Australia). Il brano era stato scritto da una donna, Diane Hildebrand, autrice anche per The Monkees, Mama Cass Eliot dei Mamas & Papas e Quincy Jones, il che garantiva un autentico punto di vista femminile. Così gli autori del testo italiano, Gaspare Gabriele Abbate (aveva scritto per Natalino Otto, Tony Dallara, Peppino Di Capri, Giorgio Gaber) e Vito Pallavicini (anche lui dello stesso giro, ma aveva già scritto “Le mille bolle blu” per Mina e, soprattutto, quattro anni dopo avrebbe firmato il testo di “Azzurro” per Adriano Celentano su musica di Paolo Conte), non dovettero fare molta fatica. Anzi, quasi non credevano ai propri occhi e alle proprie orecchie, leggendo il testo e ascoltando “He Walks Like a Man”: pareva un collage di dichiarazioni fatte dalla stessa Mina nel corso della telenovela mediatica che aveva accompagnato la gestazione e la nascita del piccolo Massimiliano! Questa era la canzone perfetta per il grande rientro di Mina, non più a capo chino, quasi a chiedere scusa, ma un ritorno trionfale.

Quando, la sera di quel 2 aprile 1964, Mina compare in tv e declama, su un ritmo sostenuto da marcetta militaresca, “È l’uomo per me / fatto apposta per me”, è chiaro che allude al suo Corrado Pani e sta sfidando tutti. Rivendica orgogliosa e felice le proprie scelte sentimentali che l'hanno portata ad essere insieme controcorrente (amante di un uomo sposato) e continuatrice della tradizione (madre affettuosa e premurosa). È proprio questa la sua carta vincente: non essere troppo fuori dalle regole, ma nemmeno troppo dentro ad esse, fornendo così un modello a tutte le donne e gli uomini cui i rigidi ruoli della tradizione cominciavano a stare troppo stretti. È l'icona dell'Italia che cambia, ma con giudizio. Non a caso la canzone prosegue elencando le qualità del suo uomo, forte e determinato come da tradizione: “È forte con me / e da uomo sa dir / parole d’amor…”. E nella seconda strofa: “È sicuro di sé, / da uomo so già, / i progetti che ha, / i sogni che fa…”.

Ma come la donna italiana degli anni '60 stava cambiando, così anche l'uomo: e Neera Ferreri, su “Oggi” del 2 maggio 1963, non aveva forse distrutto l’aura da cinico anticonformista di cui amava ammantarsi il neopapà, in sei parole? “Pani sta piangendo come una fontana” era stata la descrizione della sua reazione alla nascita del piccolo Massimiliano. E così eccolo qui, nel ritornello che arriva subito, a stemperare la marcia trionfale di Mina peccatrice orgogliosa, il vero motivo per cui lei ama il suo uomo: “Ma ciò che amo in lui, / è il ragazzo che / nasconde in sé…”. E che aveva risposto Mina, tutta stupita alla domanda precisa di Francesco Sassi di “Gente” sul caratteraccio di Pani?: “Un carattere difficile lui? Chi lo dice? Ha un carattere meraviglioso, non è affatto inquieto. E poi dà un senso di sicurezza, di calma”. Parole che i suoi fans e le lettrici dei settimanali rosa avevano bevuto avidamente, assimilandole goccia a goccia e che ora tornavano, in altra veste, nella canzone.

Il resto del testo originale è spazzato via, inutile elenco di qualità maschili (la testardaggine, l’orgoglio, la sincerità nell’amare, l’affidabilità) che non aggiungono nulla alla descrizione del caso Mina-Pani. Il colpo di genio di Abbate e Pallavicini sta nel bridge. Laddove la Hildebrand insiste sul concetto del bambino nascosto in ogni uomo (“They say in every man / You'll find a little boy / And every now and then / When he's happy or blue / That little boy comes shining through”; ovvero: “Dicono che in ogni uomo / ci sia un bimbo / e che di tanto in tanto / felice o triste che sia / quel bimbo affiora e risplende”), la versione italiana insiste sul legame inscindibile tra i due:

"Mai nessuno saprà / separarlo da me / ogni giorno saprò / con lui restar…"

Come dire: non serve essere sposati per essere una coppia fedele (prima sberla, alla morale ufficiale). Ma anche: cara mogliettina tradita, se non è rimasto con te è perché non te lo sei saputa tenere (seconda sberla, alla Monteduro). E inoltre: sono una donna adulta e moderna e la mia vita la decido io, da sola (terza sberla, a tutti).

È il trionfo annunciato: la settimana dopo “È l’uomo per me” si affaccia al 10° posto in classifica; il 2 maggio è al primo posto, dove resterà fino al 27 giugno, per otto settimane complessive, rivitalizzando anche il vecchio 45 giri “Città vuota”; rimarrà nella Top Ten (con un’unica discesa al 12° posto) fino al 5 settembre. Alla fine, saranno state 22 le settimane in classifica, per cinque mesi e mezzo: sommati e sovrapposti ai sei di “Città vuota” vorrà dire che da gennaio a settembre 1964 un solo nome è rimasto una presenza costante nella Hit Parade: Mina, l’ostracizzata.

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(Mina ospite al varietà di Johnny Dorelli “Johhny 7” presenta “È l’uomo per me”)

C’è una piccola ma significativa appendice di questa storia. Il 2 maggio 1964, come s’è detto, Mina ebbe la sua serata speciale, “Alla ribalta”. In uno sketch del programma, con uno di quei crossover che tanto piacevano alla tv di allora, Johnny Dorelli la invitava al suo programma personale, il varietà di successo “Johnny 7”. Mina ci andò a presentare – indovinate un po’ – ancora una volta “È l’uomo per me”: fatalità (ma non tanto) è questa l’unica esibizione televisiva del 1964 di questa canzone che è rimasta negli archivi. E si capisce subito perché: mentre la telecamera zooma su di lei, silhouette nera con la mano sinistra sullo stesso fianco che si staglia su di un ovale grigio immerso nell'oscurità, a otto secondi dall'inizio della canzone, le luci si accendono di colpo e lei inizia a cantare a ritmo di marcia “È l’uomo per me / fatto apposta per me” sorridente e gioiosa, ribadendo la propria sfida al mondo. Ma sono abbigliamento e acconciatura a colpire: il suo elegante ma semplice abito da sera nero, così come i suoi capelli nero corvino divisi in due bande, sono un esplicito richiamo a due icone del cinema: la prima di gran moda in quel 1964, ovvero la Stefania Sandrelli di “Sedotta e abbandonata”, il film di Pietro Germi sulla tradizionale morale sessuale italiana; la seconda, l’Anna Magnani di “Mamma Roma”, film di Pier Paolo Pasolini di due anni prima.

(Sandrelli in "Sedotta e abbandonata")

Che c’entrano con la Mina perduta del 1964? Prima, le trame dei film. In quello di Germi, ambientato nella Sicilia dell’epoca, il promesso sposo seduce e mette incinta la sorella della fidanzata. S’impone il matrimonio riparatore, preceduto dalla classica fuitina che deve creare il fatto compiuto: ma, a sorpresa e dopo varie vicissitudini, la sedotta (Stefania Sandrelli) rifiuta di sposare il seduttore. Solo in punto di morte il padre riesce a convincerla ad accettare il matrimonio. Nel film di Pasolini, Anna Magnani (mamma Roma) è un’ex prostituta romana decisa a cambiare vita, ma per una serie di casi, sarà costretta a tornare a prostituirsi. Il figlio, venutolo a sapere, ritorna a delinquere, dopo aver cercato di cambiare vita anch’egli: arrestato, morirà in carcere. Mamma Roma tenterà il suicidio. Ed eccoci al punto: sia la Sandrelli che la Magnani si vestono di nero, come Mina in “Johnny 7”, in due scene chiave: quella della fuitina e quella in cui Mamma Roma torna sulle strade.

Ed ecco il sottotesto implicito nella mise di Mina: “Per voi sono una puttana? Come volete. Non per questo mi piegherò e mi sposerò. Ma quelle che chiamate le mie colpe non devono ricadere su mio figlio”. Massimiliano, infatti, era stato registrato all’anagrafe con il cognome della madre, Mazzini perché il padre, Pani, non poteva riconoscerlo finché il suo matrimonio non fosse stato annullato. In ogni caso, non avrebbe potuto farlo prima del 1966. Una vicenda che turbava Mina: Speriamo che il piccolino possa portare il nome di suo padre almeno il giorno in cui andrà a scuola", dichiarava alla stampa nel 1963. Non era una questione di principio: nell’Italia degli anni Sessanta era un marchio d’infamia da cui liberarsi. Sarà anche per questo, dopo la rottura con Pani (che comunque riconoscerà il figlio e gli darà il proprio cognome), che nel 1967 andrà a vivere in Svizzera, a Lugano. Dirà, infatti: “Sono venuta in Svizzera per mio figlio. In Italia non poteva circolare. Ho voluto farlo vivere in un luogo dove potesse essere un bambino come tutti gli altri. A Lugano può andare alle scuole pubbliche”. Forse qualcuno dirà che alla fine Mina ha perso. Ma intanto, se in Italia le cose sono cambiate in meglio, è merito anche di “È l’uomo per me”.

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L'articolo Come "È l'uomo per me" di Mina ha cambiato la morale italiana di Renzo Stefanel è apparso su Rockit.it il 2016-03-25 12:00:00

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