1994 -
2000

Gli esordi
Lo zen e l'arte della manutenzione
della chitarra acustica

Zen Circus collage fotografico



Pisa, metà anni '90, Centro Sociale Macchia Nera: queste le coordinate spazio-temporali che segnano la nascita del gruppo The Zen, duo di matrice noise-rock formato da Andrea Appino (cantante che imbraccia la chitarra poco più che adolescente) e Marcello “Teschio” Bruzzi (batterista). Il polo d'aggregazione politica e sociale nel cuore della città diventa sala prove, luogo designato per le primordiali esibizioni di quello che, col passare del tempo, diventerà il circo zen. Testimoniano quel periodo, rari demotape e la compilation del 1997 “Soniche avventure”, un saranno famosi dell'alternative rock italiano dove figurano anche i Verdena (all'epoca conosciuti come Verbena) ed i Julie's Haircut. Un incendio nel 1998 al Macchia Nera e la conseguente necessità di utilizzare strumenti acustici virano il sound dei The Zen verso una matrice maggiormente folk, che ben si abbina alle dinamiche punk tipiche del gruppo: l'ingresso in qualità di bassista di Emiliano “Fufù” Valente permette di pubblicare, nel giro di un anno, il disco d'esordio della band intitolato “About Thieves, Farmers, Tramps and Policemen

“Continuate pure ad ascoltarvi i vostri Afternoiahours e lasciatemi i The Zen” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 4/11/2001

Queste le parole che chiudono una recensione dell'esordio del trio in rapporto al momento storico della musica italiana: l'album autoprodotto attraverso la fondazione dell'etichetta Iceforeveryone (che nel corso degli anni si specializzerà nella pubblicazione di opere prime, come “This was supposed to be the future” dei Criminal Jokers capitanati da Francesco Motta e “Cavalli” dei Fast Animals and Slow Kids) è un racconto corale della periferia attraverso l'inglese, lo spagnolo e il francese, capace di destabilizzare gli equilibri e i canoni con paesaggi rustici e nichilisti. Le undici tracce muovono paragoni importanti e all'epoca poteva suonare quasi come una pazzia collegare The Zen a Knoxville Girls e, soprattutto, ai Violent Femmes...

L'animo errante dei pisani è testimoniato dalle esibizioni in luoghi pubblici, dai kilometri macinati (i primi di una lunga serie in continuo aggiornamento) e dal tentativo di Andrea Appino di maturare una carriera di one man band suonando per circa un anno fra Olanda e Francia, portando con sé buona parte delle copie del disco (prima della ristampa datata 2011, un vero e proprio oggetto di collezione impolverato in qualche cassetto dei Paesi Bassi). Il ritorno in patria per espletare il servizio civile fa da prologo all'ingresso di Massimiliano Schiavelli, per tutti “Ufo”, chitarrista mancino impiegato al basso, appassionato di ciclismo e raccolta delle olive che amplifica l'attitudine della band a essere punk scanzonati, lontani da stereotipi predefiniti ma più hardcore di tanti altri, impronta che trova riscontro anche nel rinnovamento del nome: il tributo agli Hüsker Dü (che di attitudine ne hanno da vendere) diventa esplicito quando “Zen Arcade” incontra “Metal Circus”; all'Arezzo Wave on The Rocks del 2000, su un camper del 1978 chiamato Nello (nome che tornerà presto in ballo) si presentano a suonare The Zen Circus.

“Tutti in pista a ballare il garbato, ma non troppo, punk-rock di The Zen Circus” (live report)

Tratto dalla recensione del concerto su Rockit.it del 2/4/2002

 

2001 -
2005

Appino, Ufo e Karim
Folk punk noise metal
rockers!

Zen Circus collage fotografico



I recenti sviluppi maturano la produzione del secondo disco: “Visited by the ghost of Blind Willie Lemon Juice Hamington IV” è una potente affermazione identitaria, aperta dall'inno che ancora oggi sintetizza l'essenza degli Zen Circus; “Folk Punk Rockers” è una formula, quasi matematica, che esplode di bellezza e coinvolgimento nel ritornello, da cantare in coro a pieni polmoni come tutte le canzoni più trascinanti firmate in seguito da Appino & Co.

“Vi ritroverete a farvi boccacce, a buttarvi per terra davanti a quella pettegola della vostra vicina di casa, a salterellare sghembi sui mezzi pubblici, trafitti da una galassia di ritmo[...] Tutti in coro: “PRIMASCELTAAAAAAAAAAA!!” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 7/4/2002

Anche questa volta, il lavoro in studio di registrazione della band viene accolto positivamente da pubblico e critica, archiviando la seconda Primascelta per Rockit su due recensioni; ma la strada da percorrere è ancora tanta, come testimoniato dal continuo susseguirsi di concerti lungo lo stivale: c'è dedizione alla causa e disponibilità al sacrificio pur di far arrivare i brani a quanti più timpani possibili. Il capitolo numero due riporta anche un abbandono, Teschio decide di farsi da parte e subentra, a gestire ritmica e tempi degli Zen Circus, Karim Qqru batterista poco più che ventenne cresciuto fra la Sardegna e la Toscana, che giunge al folk dopo una formazione influenzata dal metal e dal noise. Inizia una fase di transizione dove il gruppo è chiamato a rodare i meccanismi, a fare scelte in merito a quale direzione artistica prendere quando ormai manca poco al decimo compleanno di questa realtà italiana. C'è tanto fermento creativo e nel maggio del 2003 si registra, a San Donà del Piave (come testimonia il delirante studio report di quelle settimane), il terzo long play intitolato “Doctor Seduction” pubblicato nel gennaio 2004 per “Le Parc Music”.

“Nessuna intenzione di stupire con alambicchi di pretenziosa originalità, ma la lampante dimostrazione di come si possa essere estrosi e ispirati senza essere una imitazione calligrafica. A meno di rivoluzioni peninsulari, già da ora uno dei migliori dischi italiani del 2004” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 9/1/2005

Gli importanti paragoni delle precedenti uscite discografiche portano la band a un fisiologico allontanamento dai propri parametri d'azione, compongono un disco (terzo “Primascelta”) che osa, bello e impreziosito dalla collaborazione con i Perturbazione ma forse metabolizzato dal pubblico in modo improprio. Si apre un periodo maggiormente sofisticato (“Porteremo in giro circa 22 pezzi, 2 set di batteria, 2 Chitarre, 2 Bassi, 5 Voci, una danzatrice del ventre, un prete e un gruppo di ex militari Serbi. E speriamo di riuscir a far provare al pubblico, nelle 2 ore di show, tutte le emozioni che un essere umano può provare: schifo e paura compresi, ma anche soddisfazione, pace, nervosismo, sconfitta, entusiasmo” come dichiarato dal frontman Appino in un'intervista) e un tour caratterizzato da un numero minore di date per chi è abituato a farne anche cento in un anno solare. Proprio nel giro di 365 giorni, la soluzione: non ci sono trucchi, senza girarci troppo intorno gli Zen Circus accantonano il progetto Doctor Seduction per canalizzare gli sforzi in “Vita e Opinioni di Nello Scarpellini, gentiluomo”.

“È la personalità a rendere questo disco irresistibile, quella di Nello Scarpellini, che a novant'anni veste come neanche Kurt Cobain; quella di Appino, Ufo e Karim, che, non avendo studiato nulla, hanno capito tutto, da bravi cattivi bambini, figli illegittimi del proprio tempo, sempre pronti ad aprire un bar e rifarsi su di voi, qualora le cose vadano peggio di così” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 16/9/2005

Arriva la redenzione con un giusto equilibrio fra tradizione Zen e innovazione, nell'album dedicato a un novantenne clochard toscano (ricordate il nome del camper?) arrivano i primi confronti con la lingua italiana per Appino: piccole perle come “L'inganno”, “Aprirò un bar” o “I banbini sono pazzi” affrontano il mestiere di musicista degli anni zero con sincera autocritica, restituendo ai nostri quella dimensione live che, latitando, stava facendo perdere di stabilità al progetto. A culminare questo scintillante ritorno, la prima partecipazione al MI AMI, undici compleanni dopo la fondazione del gruppo.

“Continuo a non capire come sia possibile che questi tre cazzoni, con più groupies al seguito che neuroni sani, riescano a fare concerti tanto coinvolgenti” (live report MI AMI)

Tratto dalla recensione del concerto su Rockit.it del 17/6/2005

 

2006 -
2010

Nel paese che sembra una scarpa
Fondiamo la repubblica
dei giovani italiani

Zen Circus collage fotografico



Tra una messa officiata la notte di Natale e una festa per celebrare il decennale del primo demotape, arrivano le primordiali avvisaglie dei progetti che si concretizzeranno in un futuro al momento lontano: gennaio 2006, Appino si esibisce per quattro date in solo acustico, anticipando l'urgenza artistica che evade dal perimetro Zen Circus per confluire nei progetti paralleli firmati dai tre vescovi del folk-punk rock.

Come in un loop, l'alternanza disco-tour-registrazioni in studio non trova soluzione di continuità e si prospettano scenari che resteranno solo su carta, in parte: il prossimo capitolo discografico ha il nome provvisorio di “Capitan Pistacchio”, e dovrebbe essere abbinato a un road movie di matrice punk firmato da Dario Oddenino (autore del videoclip di “Fino a spaccarti due o tre denti”); in questo evocativo disegno rientra una raccolta di sei canzoni che fungerà da prologo al long play, il titolo? Villa Inferno EP.

“C'est la viè: mentre apri al gruppo della tua adolescenza, invece di andare tu a stringere la mano al tuo bassista preferito al mondo arriva lui a stringere la tua e a dirti che “Nello Scarpellini” è un disco meraviglioso e che vorrebbe lavorare con te...cosa dovevamo fare?” (intervista)

Tratto dall'intervista su Rockit.it del 21/1/2008

Dopo un concerto a Bologna aperto dagli Zen Circus, subentra il quarto elemento, sviluppando una forte ventata di clamore: Brian Ritchie, bassista dei Violent Femmes, diventa ufficialmente membro del sodalizio toscano. Un emblematico cerchio che si chiude, con i paragoni, in un primo momento accolti positivamente e successivamente scrollati di dosso, che si annullano in quanto, adesso, Violent Femmes e Zen Circus sono praticamente fusi. Il musicista statunitense apprezza molto le sonorità del più recente disco di Appino e soci, e proprio da quella pagina di storia discografica si riprende il filo del discorso: Villa Inferno diventa un long play a tutti gli effetti, con tredici canzoni cantate in quattro lingue e infarcito di collaborazioni (da Giorgio Canali per le linee vocali in italiano a Jerry Harrison dei Talking Heads passando per le gemelle Deal che hanno suonato con Pixies e Breeders); proprio Kim Deal è fondamentale nel creare il robusto collegamento fra “Nello Scarpellini” e “Villa Inferno”: “A king of pop lullaby” si incattivisce ed evolve in “Punk Lullaby”, frenetica canzoncina dove le schitarrate si inseguono per 150 secondi, perfettamente resa in un clip animato dalla matita di Davide Toffolo.

“Ora gli Zen Circus l'hanno fatta grossa. Grossa, sìsì. Grossa e bella. Senza che nessuno se lo aspettasse, e con lo stupore di molti” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 25/2/2008

Anche in quest'occasione, il risvolto della medaglia parla di haters e voci false che parlano di personalità artistiche “assoldate” dietro pagamento di ingenti cifre: tutto falso, e la risposta del circo zen arriva a fatti, più che a parole. Subito dopo la pubblicazione del disco avvenuta a febbraio 2008 parte un tour che tocca il MI AMI per ben due occasioni (sia alla finestra invernale, in un concerto da applausi, che all'edizione numero quattro del Festival con una performance ruspante) e approda in Australia per alcune date insieme a Davide Toffolo, consacrate dalla partecipazione al festival Moma Foma. È un anno intenso, strepitoso se vissuto attraverso la prospettiva di questi zen: i tempi sono maturi per comporre il primo disco interamente in lingua italiana.

“Credessimo davvero che devono andare TUTTI affanculo avremmo mandato tutti a quel paese veramente e ci saremmo ritirati per i cazzi nostri, oppure che so, ci saremmo suicidati tutti insieme come le sette americane” (intervista)

Tratto dall'intervista su Rockit.it del 3/11/2009

E i primi ad andare a quel paese, sono stati loro in studio, amorevolmente mandati dal produttore Max Fusaroli, come svelato in qualche intervista del periodo. Per gli Zen Circus la rinnovata sfida è approfondire la propria lingua natale a livelli mai raggiunti in precedenza: nasce così “Andate tutti affanculo”, che sul piano discografico segna la transizione dall'Unhip Records all'etichetta La Tempesta, attuale partner dei musicisti toscani. Quarantacinque minuti d'ascolto suddivisi in dieci tracce, ognuna a modo suo speciale e seminale per il folk-punk italiano; gli Zen tornano a serrare i ranghi in veste di trio (con la sola guest Nada per registrare la voce di “Vuoti a Perdere”), e dopo aver compiuto un profondo respiro internazionale tornano a immergersi nel paese che sembra una scarpa evidenziandone i tanti vizi. Appino è Miss Padania, Karim un sindaco da paese di provincia e Ufo officia messa in abito talare nelle foto ufficiali (e risulta credibile perché qualcosa del genere è già successo...); il disco è anticipato dall'inclusione nella compilation “Il Paese è reale” di “Gente di merda”, in una versione che differisce leggermente in quanto unico provino a disposizione della band con otto mesi d'anticipo rispetto alla pubblicazione discografica ufficiale.

“Dieci canzoni, un po' come dieci, piccole novelle del Boccaccio: ognuna stigmatizza un comportamento, un vizio, un male. Con furbizia e precisione, e un sorrisetto d'accompagnamento. Dieci perle di saggezza, di cui si sentiva davvero il bisogno” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 12/10/2009

Sono canzoni dalla forte componente empatica, dove puoi ritrovare le situazioni affrontate in prima persona durante i ritmi della quotidianità: la titletrack “Andate tutti affanculo” diventa virale e, caricata su un anonimo canale YouTube, al momento conta più di tre milioni di visualizzazioni. Parte un nuovo, fittissimo tour, stavolta insignito di riconoscimento ufficiali: nell'edizione 2010 del Meeting delle Etichette Indipendenti gli Zen Circus vincono il premio come Miglior Tour per le oltre 110 date eseguite durante l'anno; nel 2011 invece viene pubblicato un documentario e la ristampa dei primi quattro dischi per celebrare il decennale degli Zen Circus (dopo aver accantonato il nome The Zen). La ricorrenza anticipa l'attuale stagione del gruppo, come sempre inarrestabile sotto il profilo concertistico e creativo.

2011 -
oggi

20 anni dopo, al punto di partenza
Non voglio ballare,
voglio farmi male

Zen Circus transenna



A segnare continuità con la precedente release, “Nati per subire” vede la luce in autunno, anno 2011. È un disco che segna il totale affidamento all'etichetta La Tempesta di Toffolo & Molteni, dopo anni caratterizzati dall'abitudine a cambiare diverse case discografiche; c'è un grande immaginario, univoco e ricorrente negli undici episodi che formano l'ascolto, forse manca qualche brano capace di prendere il volo ma l'abilità di mantenere l'immaginario coeso ma al tempo stesso musicalmente eterogeneo ci permette di scoprire nuovi pregi degli Zen Circus, punk rockers dentro ma artisticamente aperti all'evoluzione.

“Di personaggi così ben disegnati ne trovi pochi nelle canzoni dei cantautori italiani odierni. Gli Zen sono sicuramente la risposta ai quei cantautori che una volta finite le idee si buttano con troppa facilità sulla canzone politica dimenticandosi che oggi le briciole nel letto sono ancora le stesse, ma il resto è cambiato” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 12/9/2011

Tornano gli ospiti, e di altissima qualità: c'è Enrico Gabrielli, i Ministri, il Pan del Diavolo, Alessandro Fiori e anche Giorgio Canali, a tre anni di distanza da Villa Inferno. Nel corso del tour esplode la natura primordiale degli Zen, che nella primavera del 2012 tornano ad esibirsi in un set acustico potenziato dando vita al Busking Tour, dove c'è spazio in scaletta anche per i brani che nell'EP Metal Arcade la band ha rivisitato in chiave Zen. Dopo cinque dischi in sette anni di attività c'è bisogno di una pausa, non necessariamente di un silenzio assoluto: risale a questo periodo il debutto da solista di Appino con “Il Testamento”, mentre Karim Qqru si dedica al suo progetto hardcore-ambient “La notte dei Lunghi Coltelli” e UFO si piazza dietro la consolle per gli “Ufo DJ-SET”, caratterizzati da una selezione musicale formata da vinili introvabili, e improbabili.

“Il “Testamento” è quasi più dedicato a quelle persone che molto probabilmente ascoltano Vasco Rossi” (intervista)

Tratto dall'intervista su Rockit.it del 11/3/2013

Tutto quel che non rientra nel discorso Zen (compresa una Targa Tenco quale “migliore opera prima di cantautore” per Appino) confluisce nei progetti paralleli, a confermare l'istrionica dedizione all'arte della musica da parte dei musicisti, delle tre personalità che tornano ad unirsi, azzerando i momenti di pausa, per partorire il nuovo disco firmato Zen Circus. All'alba dell'anno 2014 è la volta di “Canzoni contro la natura”, dieci canzoni prodotte e confezionate dal gruppo, che nella catena di montaggio dall'idea all'incisione discografica si alternano in tutti i ruoli disponibili diventano fonici e produttori artistici del proprio flusso creativo. Il risultato?

“Canzoni contro la natura è il miglior disco degli Zen dal passaggio all’italiano, capace di unire la ruvidezza musicale dei primi album e la voglia di raccontare emersa negli ultimi anni. Un signor disco, che lascia intravedere live importanti. E sappiamo tutti quanto ci siano mancati gli Zen dal vivo nell’ultimo anno” (recensione)

Tratto dalla recensione su Rockit.it del 3/3/2013

Parole che cristallizzano un ritorno ampiamente gradito, atteso il giusto (se di attesa possiamo parlare, dato che i tre toscani non si sono effettivamente fermati mai) e confermato dalle vendite, timide ma pur sempre consistenti per un settore musicale dal decorso commerciale non proprio paradisiaco. Da busker abituati a suonare ogni qualvolta si presentasse l'opportunità, macinando chilometri a bordo di Nello, ai palchi internazionali: a coronare la vita dell'ottavo figlio c'è anche la vetrina dello Sziget Festival (con il relativo viaggio fatto per raggiungere la location, sicuramente non a bordo di un furgoncino attempato), per quella vocazione di evadere i confini nazionali, abbracciando culture e linguaggi molteplici, che gli Zen Circus non hanno mai negato o abbandonato del tutto. Il presente parla di un gruppo che ha vent'anni di esperienza fra palco e studio di registrazione, e anagraficamente qualcosa in più; c'è tempo e spazio per side-project che in teoria rappresentano le fasi di relax, ma si ritorna sempre a pubblicare un long play come circo zen, perché l'urgenza comunicativa diventa un bisogno inscindibile, ben più delle dipendenze e dei vizi che accompagnano le esistenze terrene. C'è da focalizzare l'istante, e di capire quanta violenza e declino ci sia nell'attuale società post-industriale: da qui parte la più recente pubblicazione intitolata “La Terza Guerra Mondiale”, disco raccontato nota dopo nota nell'intervista rilasciata a Rockit; in due anni le dinamiche sociali sono cambiate a tal punto da sviluppare il paradosso che “fra le macerie almeno ci sarà modo di far belle foto”, una critica ai social networks e alle relative derive in pieno stile zen: lapidario ma ironico al tempo stesso.

Perché la vita per gli Zen Circus è così: umoristica, ma al tempo stesso letale e dai contorni decadenti; da spezzarsi le ossa per amore mentre sei sempre on the road, scrivendo delle cose vissute che danno la possibilità a quanti più ascoltatori di sentirsi dentro le canzoni.

Non puoi fermarti, tantomeno vuoi farlo: nel panorama della musica italiana gli Zen Circus sono una costante, una garanzia.
Un'autentica colonna portante del MI AMI Festival.

“E continuiamo a trascinarci nel furgone il cadavere del Rock, tanto non puzza mai” (intervista)

Tratto dall'intervista su Rockit.it del 13/1/2004

 

GUARDA
LE ALTRE
STORIE DI
COPERTINA

VEDI TUTTO ▸
rockit tweet share whatsapp