Quanto dista l'uomo dall'artista? L'abbiamo chiesto ai musicisti italiani

Cosa pensano i musicisti italiani del caso Cantat e in generale del rapporto tra l'uomo e l'artista

21/03/2018 - 11:39 Scritto da Chiara Longo

Nei giorni scorsi è tornato alla ribalta un fatto di cronaca risalente a più di 15 anni fa: 75000 firmatari di una petizione su change.org hanno richiesto e ottenuto la cancellazione delle date del tour di Bertrand Cantat dei Noir Désir. Il tour, che avrebbe toccato diversi festival francesi, avrebbe segnato l'ennesimo ritorno sulle scene del musicista che nel 2003 ha provocato la morte della compagna Marie Trintignant. Il delitto assunse connotati davvero drammatici, in quanto Cantat, ubriaco, non si accorse subito delle condizioni in cui le percosse avevano ridotto Marie Trintignant, con l'effetto che si intervenne troppo tardi nel prestarle soccorso e l'attrice francese si spense in ospedale a causa di un'edema cerebrale qualche giorno dopo l'orribile aggressione.


Nel 2010, Cantat è stato protagonista di un altro fatto di cronaca: mentre dormiva in casa della sua ex-moglie Kristina Rady, con cui si era momentaneamente ricongiunto, quest'ultima si tolse la vita. I famigliari raccontano di un rapporto tormentato e violento, ma in quell'occasione la famiglia non sporse denuncia, e di conseguenza la giustizia francese ritenne di non intervenire nei confronti di Cantat per istigazione al suicidio. Per l'omicidio di Marie Trintignant invece, Cantat è stato regolarmente processato e condannato da un tribunale lituano (i due si trovavano a Vilnius dove Trintignant stava girando un film) e ha scontato la sua pena. Non vogliamo addentrarci su discussioni in merito a quanto quella pena fosse adeguata: non è nostro compito discutere le decisioni di un tribunale che risponde alle leggi del proprio Paese.


Intanto Cantat sta tenendo alcuni concerti solisti fuori dal circuito dei festival, ma anche per queste date le polemiche continuano. In uno status su Facebook, Cantat ha affermato: «Esistono dei buchi neri nel tessuto della vita, che non si riempiono. Tuttavia non ho mai cercato di sottrarmi alle conseguenze e quindi alla giustizia. Ho pagato il debito al quale la giustizia mi ha condannato, ho scontato la mia pena. Non ho beneficiato di privilegi. Desidero oggi, come qualsiasi altro cittadino, fare valere il mio diritto al reinserimento sociale. Il diritto di fare il mio lavoro, il diritto per i miei cari di vivere in Francia senza subire pressioni o calunnie. Il diritto per il pubblico di andare ai miei concerti e di ascoltare la mia musica».

Cantat solleva due aspetti fondamentali della questione, ovvero il diritto al reinserimento sociale per un ex-detenuto che ha scontato la sua pena, e il diritto del pubblico di scegliere se assistere o disertare i suoi concerti.

Ci troviamo dinanzi a un caso simile a quanto accaduto, da Weinstein in poi, ad attori del cinema e della televisione come Kevin Spacey e Louis CK, in un certo senso costretti dall'opinione pubblica a una totale sparizione dalle scene, nonostante non vi sia alcun processo, se non mediatico, a loro carico; anche nei mesi precedenti si è parlato molto di questo argomento e di come nei confronti di altri artisti nella storia recente (Polanski, Allen etc) si sia usato un metro diverso che di fatto non ha influito sulla loro carriera, se non in minima parte.
Tra le argomentazioni usate più spesso per affrontare una questione così problematica c'è che, applicando il principio della totale aderenza delle azioni dell'uomo alla figura dell'artista, bisognerebbe allora cancellare dai libri di storia e dalle pinacoteche tantissime opere di autori del passato e del presente. Ma è chiaro che la questione non può ridursi solo a questo.

Fatta questa premessa, c'è un dubbio che è circolato più volte tra l'opinione pubblica, cioè se sia giusto condannare un artista a una "damnatio memoriae" che preveda, per esempio, la cancellazione di tour, la cancellazione dei loro prodotti artistici dalle piattaforme online e simili misure adottate a posteriori e nei confronti dell'opera artistica prodotta dall'artista.

Si può impedire a una persona che si è macchiata di un crimine - che questo sia stato accertato o meno da un tribunale - di esprimersi come artista o di proseguire nella propria professione?
È giusto che si sacrifichi l'artista per gli errori dell'uomo o uomo e artista devono essere valutati separatamente?
L'artista non può prescindere da ciò che è come uomo?
Il fatto che un artista sia nel suo privato un criminale, toglie valore o bellezza al prodotto artistico, e come cambia la percezione del pubblico nei confronti di quel prodotto artistico?
Ha senso un'operazione di "damnatio memoriae" come la rimozione di prodotti artistici dalle piattaforme online e il ritiro dal mercato di dischi, dvd, etc?
Il reintegro sociale e il beneficio della redenzione non può essere concesso a chi svolge professioni artistiche che richiedono il contatto con il pubblico? Se non si trattasse di artisti ma di persone con lavori "ordinari", le possibilità sarebbero diverse?

È questa la serie di domande che abbiamo posto ai musicisti italiani, per capire la loro posizione in merito. Per la stessa natura molto complessa e profonda dell'argomento che abbiamo posto sul tavolo, in molti ci hanno richiesto del tempo per riflettere sulla questione, motivo per il quale aggiorneremo questo articolo mano a mano che ci arriveranno i pensieri e le opinioni dei musicisti italiani. Gli interventi saranno riportati esattamente come sono stati scritti dagli artisti, nel rispetto delle idee di ognuno.

Max Collini (Offlaga Disco Pax, Spartiti)

A prescindere dal caso specifico mi sono sempre domandato nel corso del tempo se l'artista e l'essere umano che lo incarna debbano essere valutati allo stesso modo. La risposta che mi sono dato è questa: più grande è il talento più sarà difficile che la donna o l'uomo che hanno in dote quel talento possano esserne all'altezza. L'essere umano, buono o cattivo, in ogni caso se ne andrà, mentre la sua arte resterà in dote alle generazioni future. Se Leonardo fosse stato una brava persona o no non importa a nessuno, suppongo. Pure Mozart si dice che non fosse un gran gentiluomo. Questo non giustifica nulla, ovviamente. Se sei un delinquente vai in galera lo stesso, essere un bravo artista non è una attenuante e davanti alla legge un artista resta uguale a chiunque altro. Se Cantat ha pagato il suo debito con la società credo abbia il diritto di poter lavorare, se non altro per mantenersi e pagare gli avvocati, posto che qualcuno sia interessato ad andare ai suoi spettacoli. Il problema è che ha una vita pubblica, fosse stato un idraulico gli sarebbe bastato cambiare città per ricominciare da zero e nessuno si sarebbe preoccupato di fare una raccolta di firme contro di lui. Credo che ci sia anche una riflessione da fare su quanto siano pervasivi alcuni strumenti della modernità e su quanto sia morboso il modo in cui, in generale, siamo interessati alle "vite degli altri". Degli artisti soprattutto, in cui ci identifichiamo e che solo per questo pensiamo che debbano corrispondere il più possibile alle nostre aspettative. Temo sia una pretesa. In generale per me vale il detto secondo cui se ammiri tantissimo un artista è meglio che tu non lo conosca personalmente, perché il rischio è che potresti rimanerne molto deluso.

Giovanni Succi (Bachi da Pietra)

Una battaglia di inciviltà vinta da 70.000 anime belle con un click. Fatta eccezione per i familiari della vittima (legittimati all’odio, ma non alla giustizia sommaria), si tratta del frutto del perbenismo da quattro soldi di chi si erge a giudice supremo da un monitor, armato delle migliori intenzioni, in una frazione di secondo. Click. Ma il punto della questione mi pare sia il mestiere di questo individuo bollato come reietto avanzo di galera. Nessuno di quei 70.000 credo negherebbe ad un ex carcerato qualsiasi il diritto al reinserimento, sancito dalla legge e dalla natura stessa della carcerazione in un paese civile. Se si fosse trattato di un fattorino, un operaio, un manovale, un chirurgo, un intellettuale estremista, un docente universitario, un barista, nessuno avrebbe avuto da ridire. Persino i preti pedofili tornano a dire la messa e non insorge nessuno. Ma qui si tratta di un musicista. Mestiere che non esiste nella testa piena di pigne dei paladini di ‘sto cazzo, ma se lo fai, in quanto artista, allora devi essere per forza uno stinco di santo. (Studiate la storia dell’arte e cominciate a cancellare grandi nomi).
Quello del musicista è un mestiere e quell’uomo fa questo mestiere. E io vorrei lasciargli il diritto di farlo, anzi vorrei ascoltarlo, sentirlo adesso più di prima, dopo una immane tragedia del genere. Non lo volete, vi disturba? Disertate i suoi concerti. Resta da capire se si intendeva bandirlo ovunque in eterno o solo per quest’anno. Potremmo marchiarlo a fuoco, mettergli un pigiama a righe, oppure scorticarlo sulla pubblica piazza. Perché noi siamo buoni. Gli illuminati giustizieri del web dell’occidente tecnologicamente avanzato ci diranno fino a che punto retrocedere nell’evoluzione del pensiero umano.

Gianluca De Rubertis

Siamo tutti criminali, nel banale, nel quotidiano, nell'insulso soffiare continuo dei giorni, e stabiliamo a nostro piacimento, in nome di una quiete fasulla che plachi le coscienze, ciò che possiamo o non possiamo compiere. Le cose che ci ruotano attorno non possono essere se non nella stessa maniera in cui noi stessi siamo, la realtà è un fatto personale, per questo irreale. È certo che ci siano sette miliardi di pianeti terra, uno per ogni essere che viene messo al mondo, per cui, infine, a quali cose noi possiamo riferirci, di cosa parliamo quando apriamo la bocca? Sempre del nostro stesso stramaledetto cranio, la solitudine cui siamo condannati è forse una pena severa, non troppo dissimile da quelle pene che un ordine costituito e legittimato infligge a quelli che infrangono le regole stabilite. Ma così accade, già l'uomo stesso, per se stesso, si comporta in questo modo, il modo umano per eccellenza: ognuno di noi si costruisce in testa una giuria, un parlamento, legifera e dibatte tra sé e sé su quante e quali cose si possano compiere, fino a quale preciso punto ci si possa spingere nelle azioni, nei pensieri, nei gesti, nel vizio, nel sopruso, nell'abuso. Cos'è la storia se non storia del potere, del crimine, della crudeltà, cosa se non un agglomerato informe e falso di tutti questi intendimenti sommati? Nei programmi scolastici la storia è disciplina di studio perfino nelle scuole elementari, siamo eruditi al male sin dalla prima infanzia. L'arte non ha nulla a che fare con tutto questo, essa è libera da ogni falsa morale, è al di là del bene e del male. Il male è che si studi molto meno della storia.

 

Raniero Federico Neri (Albedo)

Non solo sarebbe opportuno ma è obbligatorio scindere l’uomo dall’artista sempre, altrimenti dovremmo bruciare la metà dei testi di filosofia e di psicologia, sputare su Caravaggio (per analogia al crimine qui citato) e si potrebbe andare avanti per anni.  Quello che è inaccettibile è che le lobby e le associazioni abbiano fatto pressioni su canali come Netflix minacciando boicottaggi milionari per far eliminare le opere di artisti senza peraltro che ci fosse alcuna denuncia in sede legale. Chi deve pagare pagherà nelle opportune sedi. 

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L'articolo Quanto dista l'uomo dall'artista? L'abbiamo chiesto ai musicisti italiani di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2018-03-21 11:39:00

Tag: opinione

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