Bisogna sempre per forza parlare d'amore?

Nei tempi bui forse dovremmo prenderci qualche rischio in più e parlare anche dei tempi bui

Il tempo delle mele è finito
Il tempo delle mele è finito

"Bisogna sempre per forza parlare d'amore? Bisogna sempre comunque far nascere il sole?
E' necessario far credere di fare del bene? E' necessario alle feste donare le rose?
Beh, io sinceramente provo anche: ODIO" 
Bluvertigo - Iodio (1995)

Oggi è facile innamorarsi di cantautori e progetti che vengono dal basso e che hanno fatto il salto verso il mercato che conta: autori pop col senso del ritornello, del singolo spaccaclick, canzoni che fanno innamorare o che fanno cadere la lacrimuccia pensando a un amore che non c'è più o che non c'è mai stato o che era di qualcun altro o che c'era da una parte sola. Amore, quello che fa rima con cuore e che, per un po' di tempo (diciamo dalla fine degli anni '80 ai 2010s), chi ascoltava un certo tipo di musica ha aborrito fino alla morte. 

L'amore, qualche tempo fa, era l'argomento principe degli interpreti o dei cantautori che volevano sdoganarsi dall'impegno civile. Era il Sacro Graal di chi voleva scrivere un successo facile, perché l'amore non ha colore o religione, è trasversale al massimo. Le pene d'amore le soffrono i serial killer e i preti, la gente ordinaria e quelli che si innestano le corna sotto pelle per somigliare a demoni. Sul letto, sdraiat* di pancia, ci sei solo tu col tuo struggimento. Le canzoni d'amore possono essere bellissime come quelle di Tenco o più banali, come quelle della Pausini, possono parlare di momenti di ordinaria felicità come faceva Mogol o trascendere tempo e spazio come fa Battiato, possono essere metafore come quelle di De André o dichiarazioni da diario delle medie come quelle dei Gazosa.

 

video frame placeholder

A scuola abbiamo imparato a memoria l'ultimo verso della Divina Commedia di Dante, che recita: "L'amor che move il sole e l'altre stelle" e ce lo siamo impressi nell'anima. Noi italiani siamo romantici, c'è poco da fare. Di quel romanticismo che ci fa star bene quando stiamo male, quando abbiamo un motivo per cui soffrire e sognare. I testi di Thegiornalisti, Calcutta, Gazzelle e di tanti altri, parlano per la maggior parte d'amore, sia esso disagiato, indolente, piatto, scontroso o felice, così tanto da poter inviare un vocale che dura 10 minuti pieno d'aggettivi, sinonimi ed esultanze per spiegare all'altro come si sta bene quando si sta bene, sensazione del tutto nuova e corroborante.

Crescono come funghi pagine social sempre più simili ai giornaletti teen delle medie, che parlano del gossip nella scena, degli amori dei protagonisti del nuovo pop e molti stanno al gioco, condividendo sempre più di frequente foto e storie piene d'amore. Non c'è nessun problema in merito all'amore in musica, ma il tempo che stiamo vivendo è buio e suggerisce il bisogno assoluto che l'arte faccia la propria parte, che non si limiti a cerchiobottare sul sentimento, ma alzi il tiro e si schieri, che parli più spesso e con voce più ferma del mondo esterno, trovando parole nuove senza ricorrere a inni stantii.

Non basta rincorrere gli anni '90 della musica alternativa, in cui 6 band su 10 cantavano di disagio, Berlusconi, guerra del Balcani, crollo delle ideologie, solidarietà e, ad ascoltarle oggi, alcune sembrano le basi di una campagna dell'ARCI. C'è un gran bisogno di analizzare questo periodo strano in cui spesso, pur di provocare una reazione, facciamo il giro e diventiamo stronzi. Parliamo dell'era digitale, iperconnessa, divisiva in cui da una parte se sbagli una parola vieni bollato come assassino e dall'altra ti permetti di augurare la morte agli sconosciuti, in cui si nasconde l'intelligenza perché l'ignoranza viene venduta come la nuova verità. Questo tempo in cui la verità dev'essere per forza semplice, bianca o nera, mai sfumata. 

video frame placeholder

Solo allo scorso Sanremo, a Claudio Baglioni è stato intimato di non parlare di politica, Motta è stato fischiato per la sua canzone "Dov'è l'Italia" che parla di migranti, Mahmood è stato duramente contestato per avere il padre egiziano (quindi babbano, non degno di vincere il Festival degl'italiani), pochi giorni fa Emma Marrone è stata lapidata mediaticamente per aver espresso la propria opinione in merito alla chiusura dei porti. Gli hater condividono gli stessi commenti, a mò di mantra: "Il cantante deve fare il cantante, non il politico". Col cazzo, amic*. Col cazzo. L'artista ha il diritto e il dovere di cantare dei tempi bui e questa è una forma d'amore universale, che non si limita al semplice batticuore ma va oltre e abbraccia tutta quella gente che non si sente più rappresentata da nessuno. Citando a sproposito Calcutta: "Non ci siamo mai dedicati le canzoni giuste, forse perché di noi non ne parla mai nessuno". 

---
L'articolo Bisogna sempre per forza parlare d'amore? di Simone Stefanini è apparso su Rockit.it il 2019-02-26 14:15:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autoreavvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussioneInvia