Bienoise - Il nostro fragile equilibrio tra rumore e narrazione

Quattro anni sofferti di scrittura per partorire uno dei migliori album italiani in campo elettronico. Ce lo siamo fatti raccontare.

Bienoise
Bienoise - © Dan Wilton

Ci sono voluti quattro anni per scriverlo e solo pochi ascolti per capire che "Meanwhile, Tomorrow", fosse uscito qualche mese prima, avrebbe cannibalizzato le toplist di fine anno alla voce migliori produzioni italiane in campo elettronico. Eppure Bienoise fa di tutto per rendersi sfuggente a classificazioni o etichette di riferimento. La sua è una musica liquida e omnidirezionale. Lo abbiamo raggiunto nel silenzio che avvolge la sua casa/studio a Verbania per farci raccontare il suo universo produttivo e il percorso sofferto che ha portato alla genesi di questi brani. Ci ha risposto con tanto altro.

Una delle cose più difficili è inquadrare il tuo suono in una definizione. È un grande pregio chiaramente. Da quanto tempo fai musica e che periodi hai attraversato?
Faccio musica da quando ero bambino, ricordo che alle medie ho comprato le mia prima tastierina, ho iniziato a passare ore davanti allo strumento cercando di tirarci fuori dei suoni, era una cosa a cui mi dedicavo in maniera molto naturale. Più tardi ho imparato a conoscere il rock, sono stato un appassionato di progressive e anche di metal piuttosto pesante, ho avuto moltissime cover band e anche gruppi in cui suonavamo roba originale. Sette anni fa ho iniziato a fare musica elettronica senza conoscere nulla di musica elettronica, ho provato a registrare delle cose, mi sono reso conto che potevo farlo da solo e ho deciso di continuare.

Cosa ti affascinava?
L'approccio è stato strano, ci sono arrivato per caso. A me è sempre piaciuto ascoltare musica "strana", passavo tranquillamente le notti su MTV di fronte Brand:New, le cose più sperimentali mi affascinavano ma non immaginavo nemmeno che al di fuori di quelle singole canzoni esistessero degli universi musicali, più o meno codificati, dai quali attingere. Si parla di un'epoca in cui internet qua (in provincia di Verbania, nda) non esisteva. Dopo aver iniziato a spippolare con i miei primi aggeggini ho scoperto i Boards of Canada e lì mi si è aperto un mondo. Quello che mi ha affascinato da subito è stato l'approccio compositivo, l'idea che il musicista non esistesse in quanto tale ma solo in relazione alle sue composizioni. Poi io sono un grande appassionato di cinema, quindi avere la possibilità di creare dei mondi, delle storie, ha fatto il resto.

Te lo chiedo perché mi interessa capire qual è l'approccio giusto per mantenere una tensione costante nei confronti della propria arte col passare degli anni. Che è lo stesso approccio che ti porta poi a suonare in maniera così originale.
Ho sempre tentato di rimanere incuriosito e eccitato da quello che faccio, che è il motivo per cui non mi ripeto. Può essere anche visto come un limite, seguire delle strade che hanno funzionato, in cui riesco a essere facilmente inquadrato, potrebbe funzionare meglio. Però se non sono eccitato dal progetto le composizioni rischiano di essere deboli, e dato che ci spendo parecchio tempo è importantissimo che quando decido di pubblicarle ne sia ancora profondamente innamorato.

"Meanwhile, Tomorrow" è il tuo disco più agile, più dinamico, sei d'accordo?
È vero, "Small Hopes of Common People" era più lento, più commovente, questo è più speranzoso diciamo. Ho anche lavorato molto affinché uscisse il lato clubbin' della faccenda, che nelle mie produzioni precedenti era più nascosto. Facendo un tot di esperienze live in club e festival con impianti molto grossi ho capito in che modo doveva suonare, in che maniera dovesse spingere.

Con quali idee sei partito nella scrittura e con quali sei arrivato?
È veramente difficile risponderti, è stato un disco sofferto per certi versi, ci sono voluti quattro anni per finirlo, nel corso dei quali comunque non ho lavorato sempre in maniera costante o seguendo un chiaro disegno di fondo. La scrittura di ciascuno è un esplorazione di qualcosa che mi eccitava, per dirti "Redundance" parte dall'idea di provare a fare un pezzo ballabile senza usare i 4/4, infatti se ci fai caso è in 6/8. Con "Meanwhile Tomorrow" volevo fare un pezzo vicino alla house storica, quella di Chicago, "Dà Vita" parte da alcuni campionamenti di vecchi film in vhs, e via così... Spesso procedo con un progetto chiaro in testa, so dove deve andare a finire il brano, altre volte, come in "Dà Vita", mi chiedo dove debba essere rintracciato il senso di questi campioni, che cosa mantiene chiara la storia che mi stanno raccontando.

Più che un album è una raccolta di singoli quindi?
Più o meno sì, infatti inizialmente c'era l'idea di pubblicare questi pezzi come singoli con relativa b-side. Con la rivoluzione digitale io oggi mi aspetterei che la musica proceda solo per brani singoli, quasi mi infastidisce che non sia così. Ho cercato di dotare ognuno dei brani di una personalità chiarissima, per far sì che sia possibile ricordarsene anche dopo un solo ascolto, magari perchè c'è un suono particolare, succede qualcosa nella trama del pezzo che te lo rende subito riconoscibile.

C'è una traccia secondo te più rappresentativa di altre? Io ad esempio sceglierei "Redundance"...
"Redundance" in effetti è quella che riassume tutti i temi, potrebbe essere un'ouverture al contrario. Mi piace moltissimo quel pezzo, essendo il più vecchio è forse anche il più indeciso nella sua direzione, ma quando lo ascolto mi dico "è completo". Forse il mio preferito però è "Focus Numbers", che non a caso è l'opening. Dopo tanti esperimenti di mix trovo che suoni molto bene, ha dentro tutto quello che mi piace sentire in un brano da club.

Ovvero?
Ha un ritmo cazzuto, un po' in bilico tra diversi mondi, ha qualcosa di dubstep però poi in verità è dritto, ha dei campionamenti vocali che mi piacciono molto e una bella progressione. È un brano di musica come lo fanno i grandi credo, se fossero tutti così venderei più dischi (ride, nda). Partire da elementi diversi ti porta anche a fare della musica non percepita come perfetta. Prendi "All The Future I Can Endure", è un brano che a me piace moltissimo, lungo, ipnotico, però so che non è perfetto, forse è un po' debordante, è strano.

L'esperienza alla Red Bull Music Academy ha chiarito le tue idee o le ha confuse ulteriormente?
Forse mi ha confuso (ride, nda). Diciamo che il messaggio più importante è stato quello arrivato subito dopo la selezione, l'interesse mostrato nei confronti della mia musica mi ha dato la conferma di essere sulla buona strada. L'esperienza in sé mi ha confuso, ma in maniera positiva, io amo le crisi, amo pormi domande, e vedere così tanti approcci diversi, dal punto di vista tecnico ma anche da quello umano, mi ha fatto chiedere tante cose. Mi ha fatto capire che ci sono tante vie alternative e vale la pena esplorarle tutte.

Prima parlavamo di sample, ho letto che addirittura a volte sono "campionamenti di campionamenti". Da dove arrivano?
Non te lo posso dire altrimenti poi andiamo per vie legali. Io sono un meganerd appasionato di filmacci vecchi e strambi, se poi le condizioni di fruizione sono marce è ancora meglio, amo ad esempio le pubblicità di Italia 1 che spuntano di tanto in tanto. È un po' ipnagogico come ragionamento e si avvicina a quello che è l'approccio di uno come Burial ad esempio. Burial ha capito due cose importanti secondo me: la prima è che, come ci insegnava il black metal, non è importante se i brani siano prodotti bene per portare un messaggio, anzi se sono prodotti male è ancora meglio; la seconda è che non è necessario che un brano abbia una struttura convenzionale. Le sue cose uscite recentemente raccontano una storia ma lo fanno in un altro modo, saltano da una cosa all'altra con tagli netti...

Oltre a Burial c'è qualche altro artista che ha influenzato il tuo modo di comporre negli ultimi anni?
Sì, per i pezzi di questo disco sono stati importantissimi alcuni ascolti. "Swim" di Caribou ad esempio, che trovo sia un album che suona benissimo, e "Aurora" di Ben Frost, che è un disco che che ha la capacità di trasmettermi davvero grandissime emozioni. O ancora "Until The Quiet Comes" di Flying Lotus e poi di sicuro Four Tet, "There Is Love In You" ma anche "Pink", che trovo sia un album sottovalutato. A livello di mixing mi piace ascoltare i Modeselektor, loro non sono proprio i miei preferiti, ma hanno una maniera incredibile di far suonare i dischi.

In un'intervista ho letto che una delle cose più importanti per te nella musica è "bilanciare rumore e narrazione". Mi spieghi meglio questa cosa?
Te la spiego con un esempio. Quando vidi Merzbow per la prima volta dal vivo rimasi veramente deluso perché la parte narrativa del concerto era carente. A lui probabilmente non interessava questo, quanto evocare un certo tipo di aggressione sonora, legittimo per carità, ma che a me sembra sempre un po' fine a sé stesso. A me piace immaginare storie, è una roba bambinesca quasi, ma mi piace costruire quei mondi che prima non esistevano, creare piccoli universi con le loro regole che ti facciano pensare a un capannone abbandonato alla fine di un concerto, o tu alle tre del mattino che ascolti un programma d'arte su una tv tedesca, le suggestioni sono queste.

Ti interessa ancora la breakcore?
Quando ascolto Venetian Snares la scarica di emozione è sempre uguale, i brani hanno un tiro spaventoso e trovo sia molto appropriato chiamarla braindance, perchè è il mio cervello che sta ballando. Di tanto in tanto continuo a produrre delle cose con il nome di Maestro delle Metope, mi eccitano ancora le stesse robe di prima, la violenza, la perfezione di ogni singolo colpo percussivo, quell'espressivita in continuo cambiamento che è davvero una sorta di free jazz portato all'estremo.

Continui a vivere a Verbania, abbastanza lontano da tutto. Mi dici il vantaggio più importante di questa scelta?
Vivere a Verbania non offre particolari stimoli, a parte quelle due-tre cose all'anno, c'è da dire però che ho un'automobile e che in un'ora sono a Milano o a Torino e quello che voglio vedere lo vedo. Certo questo mi impone di focalizzare le trasferte e gli sforzi, ma guardando soprattutto il lato positivo, mi tiene fuori da alcune dinamiche che non credo mi farebbero bene. Qui vivo tranquillissimo, mi sono costruito uno studio a casa e suono mentre fuori c'è il silenzio assoluto.

Chiudo con la domanda di rito di questo periodo: cosa c'è in cima alla tua wishlist per il nuovo anno?
Intanto spero di suonare tanto e di riuscire a collaudare live anche altri nuovi brani. Diciamo che in questo momento sto tornando al free jazz, alla glitch music, sto tentando di unire queste anime in un prodotto che sia comprensibile senza perdere un briciolo dell'approccio free iniziale, e uscirà qualcosa con l'altro mio progetto, i Merchants. Se la musica continuerà a darmi le soddisfazioni avute quest'anno sarò felice anche nel 2016.

---
L'articolo Bienoise - Il nostro fragile equilibrio tra rumore e narrazione di Marcello Farno è apparso su Rockit.it il 2015-12-29 08:12:00

COMMENTI

Aggiungi un commento Cita l'autore avvisami se ci sono nuovi messaggi in questa discussione Invia