Cinque cose che mi hanno insegnato le canzoni dell’adolescenza

La musica che ascoltiamo durante l’adolescenza rimane dentro per sempre, come le cose che in qualche modo ci ha insegnato.

CCCP "Epica Etica Etnica Pathos"
CCCP "Epica Etica Etnica Pathos"

Le canzoni dell’adolescenza, le compila da cameretta, le frasi più belle copiate sui diari: la musica quando hai sedici anni gioca un ruolo fondamentale perché, come per tutte le altre cose, a quell’età ci si innamora a livelli difficili da raggiungere poi. Passioni folli e compulsive che ti spingevano ad ascoltare lo stesso brano in loop per settimane (c’era chi registrava cassettine con lo stesso pezzo ripetuto più volte sui due lati), a legare con persone con cui non si ha nulla in comune se non gli stessi gusti musicali, a sognare -per chi come me è cresciuto in provincia- di andare in città a vedere un concerto vero, quando il massimo concesso allora era la discoteca la domenica pomeriggio. E su tutto una curiosità infinita e insaziabile, alimentata dall’oggettiva complessità di scoprire, nei primi anni novanta, le cose belle: dalle mie parti non prendeva Videomusic, ma un canale privato trasmetteva per alcune ore al giorno MTV Europe, una finestra magica sulla musica contemporanea che la maggior parte dei coetanei non conosceva, linfa inesauribile di novità e fonte di entusiasmo puro. Poi gli amici più grandi, che magari avevano anche una band e ti copiavano i dischi in accessi di proselitismo spinto, convinti che tu comunque non li avresti capiti come loro.

Ogni scoperta una conquista, certe canzoni un lampo in equilibrio tra pugni nello stomaco e colpi al cuore, e in tutto questo parole che negli anni si sono sedimentate sotto pelle, sfuggendo abili alle rigide imposizioni della maturità: stampati in qualche luogo tra la memoria, i desideri e il come sono andate le cose, i testi di alcune canzoni sono rimasti lì dov’erano più o meno trent’anni fa, e ancora oggi sanno dirmi ciò che devono. Ecco cinque cose che mi hanno insegnato quei brani, cose che non avrei imparato altrove allora e che continuo a portarmi dentro.

Le emozioni nascono e muoiono, il perché non lo sapremo mai

“L’odore delle rose è una reazione chimica”: io non ci ho mai creduto, convinta da sempre della magia del mondo e devota ingenuamente ai principi della bellezza e della poesia, con tutti i libri delle materie scientifiche delle superiori ancora praticamente nuovi. Ma come quel profumo intenso eppure effimero, so bene come appassiscono i sentimenti, e lo scopri proprio in quell’età in cui tutto s’accende, esplode e si scioglie in tempi brevissimi. La gioia incontenibile, il terrore beffardo, la malinconia che sembra tingersi ogni volta di eterno, i ti amerò sempre: tutto passa, spesso senza un motivo preciso. E anche se non sapremo mai perché le emozioni nascono e muoiono, ho capito che bisogna adattarsi a questo ciclo perpetuo di balzi altalenanti, di intensità variabili, di illusioni e piedi per quanto possibile a terra. Senza sosta e in qualche modo, per continuare a sentire profumi vividi ed essenziali. (“L’odore delle rose” - Diaframma - 1992)

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In certi casi basta una sola parola d’amore

I fallimenti, le onde dolorose, gli inevitabili addii: di fronte ai precipizi della vita solo una parola. Certo detto così sembra una banalità, e invece è il pensiero puro che nobilita i momenti neri, la base che tiene in piedi consolazione e ripartenza, l’esserci per andare avanti. Come l’intenzione di un abbraccio, come occhi che ti guardano per una volta diversi, una mano che sostiene e limita le cadute. Quando sembra che sia sempre notte, e a volte lo sembra a lungo, non dire una parola che non sia d’amore per uscirne: “Per me per la mia vita che è tutto quello che ho, è tutto quello che io ho e non è ancora finita”. (“Annarella” - CCCP - 1990)

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Le cose possono cambiare con violenza, all’improvviso

Adattarsi al cambiamento è una conquista lenta che non sempre si raggiunge: durante l’adolescenza ogni cosa sembra cristallizzata, incastonata in un quotidiano fatto di piccoli passi, tanto nitida da avere la sensazione di conoscere il respiro profondo di ogni giorno. Poi arriva la rottura, quel crac non necessariamente esterno o visibile a tutti, e scopri che in quella calma apparente e tiepida tutto può esplodere all’improvviso. Non abbiamo armi, soltanto incertezze da limare e desideri da coltivare, tutto il resto possiamo chiamarlo destino, caso, occasione da cogliere o perdere, e allora a volte “Non resta altro che guardare i disegni sulle mattonelle del pavimento”. (“In nome di Dio” - Massimo Volume - 1993)

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La crescente sfiducia nella classe governante

Gli anni dell’adolescenza sono quelli in cui ci si avvicina alla politica, di solito con ideali da tifoseria spinta, come fede incrollabile nelle proprie capacità di poter cambiare il mondo dalla cameretta o con manifestazioni locali di piazza, con la speranza che le cose possano migliorare davvero. Ma la disillusione nei confronti dei governanti e del futuro idilliaco serbato nelle promesse vane si spalanca presto, una costante che spinge a momenti ad allontanarsi del tutto per poi tornare a credere in qualcosa: “Non cambierà non cambierà, sì che cambierà vedrai che cambierà”, eppure “La primavera intanto tarda ad arrivare”. (“Povera patria” - Franco Battiato - 1991)

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Il diverso ha paura di noi, e non il contrario

Mai come oggi, per quello che ricordo, si ha paura del diverso: diverso per forma, colore, fede, orientamento sessuale, posizione sociale; non abbastanza normale, non sufficientemente uguale agli standard. E allora si fa la guerra, si ghettizza, si umilia, si prova terrore soltanto perché non ci si riconosce in qualcun altro. Al liceo per chi non era esattamente allineato, ogni giorno era una lotta per la sopravvivenza: prese in giro, offese, solitudine, e se queste cose non ti toccano sei tu che hai un problema. L’ho capito allora quanto sia dura per molti sentirsi parte dello stesso mondo che abitano tutti, così come dovrebbe essere, e quanto sia stupido credersi migliori perché simili alla maggioranza. Solidarietà, empatia, rispetto: perché “L'unica cosa evidente è che il mostro ha paura”. (“Il mostro” - Samuele Bersani - 1992)

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L'articolo Cinque cose che mi hanno insegnato le canzoni dell’adolescenza di margherita g. di fiore è apparso su Rockit.it il 2019-03-14 12:52:00

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