December Lullaby, storia di una serata in famiglia



Voglio sbatterglielo in faccia a quella impellicciata schifosa che si fa pettinare i capelli dal suo uomo viscido e calvo, qui nel sedile di fianco. Sbattergli in faccia il rock’n’roll perchè anche a sto giro ho preso il treno correndo e in questa nazione di merda tocca pure correre per prendere un treno di merda, che già c’ho il catarro e la febbre per tutte queste serati folli che faccio e cof cof cof tossisco marcio, anche se fumo poco (meno, insomma, dipende). Mi fa ridere perchè i miei animaletti tossici gli si infilano tra i denti del pettine e lei non se ne accorge nemmeno, la maiala, sta lì a ravanare e non sa che dentro ci sono io che mi si avvicino al suo minuscolo cervelletto con ghigno malefico (no, Dritto, non è quello post-limonata; questo è beffardo, ed incazzato per davvero). Perchè la storia è sempre e comunque questa: dentro sembra che si muova tutto, e fuori invece sei solo una tossina annidata fra i ricci sporchi di una grassona laida e con la figa probabilmente puzzolente.

Uffa, quanta rabbia mondo marcio. Non so perchè serva infilarcela in questo che ora diventerà un racconto “felice”, di Natale perchè è un regalo che ci siamo guadagnato e vogliamo condividere con voi. Che da quando - oltre ai miei tenderly mummy’n’daddy (con sorellina sweety) – ho una famiglia come questa che fra poco vi presento, le nostre vite si sono compattate e ora insieme siamo una potenza. Ma il fatto è... che fatica. Dio che fatica con questa fottuta musica. E, si, il solito discorso: se fossimo all’estero e se fossi Brad Pitt che ci farei con la Jolie e bla bla bla. Ma ok, basta: la festa è appena cominciata, fuori i sucker della partita, questa è la Jungle Fam’, brotha.

Verso Castellanza
La partenza è affrontando il traffico milanese, che già è allucinante di per sè, se poi ci mettiamo che è pure il venerdi prima dell’anniversario della nascita di Cristo la questione è complicata. La macchinata è composta dal gotha: c’è il Comandante Janez, c’è il Romano, c’è il Dritto e poi ci sono io, il Pivellino, che insieme al Dritto questa sera mettiamo pure i dischi in nomen “Losing My Budget”, olè. Manca il Prode Martella, che stasera è il production manager e se l’è smazzata al locale dalle due e mezza, più o meno. Si va a prendere la donna del Romano, anche lei della Jungle Crew, si molla il Comandante dalla gente importante e noi si va verso Castellanza ad affrontare la serata, la provincia, e tutto il resto. Scaletta nella testa come mostri sotto il letto, pronti a muovere il culo?

Go dancing and fuck yourself
La situazione è questa. Si va all’Heineken Jammin’ Club per presentare con un po’ di schitarrate il nuovo Heineken Jammin’ Contest. Nonostante i palazzi in stile liberty della truce e deserta Castellanza, senza il malefico navigatore del Romano e grazie alle dritte della Donna arriviamo a ‘sto pub. Tutto verde, ma questo è ovvio. Si entra e c’è la mega-tavolata dei musicisti bella imbandita di carne e pasta e patata. Si saluta il Prode Martella e subito il sant’uomo s’adopera a farci accomodare perchè ci tiene, bella lì. Il Romano e la Donna s’accomoderanno alla tavola delle autorità con il Comandante Janez e gli altri, io e il Dritto invece più modestamente ci sediamo con Bergamo, Emo e gli artisti. Prima cosa, patata. Seconda cosa, shampoo. Terza cosa, una birra, grazie.

Mangiamo, beviamo qualcosa, si parla un po’ della musica e di quanto freddo faccia nei polmoni e poi via, su in consolle. Parte il “Losing My Budget” Dj set con una scarica di indie-rock totale e totalizzante. L’obiettivo è portare il dancefloor a crescere piano piano, con il tempo. Iniziamo con i Baustelle a determinare un periodo storico, finiamo quando sul palco salgono i Les Fauves. Elena Di Cioccio li presenta con una frase del Dritto: “sexy rock’n’roll da Modena”. Ed è giusto, perchè - puta - il garage’n’roll di questo trio con elemento aggiunto alle tastiere è sinuoso di brutto, dancy con tutto quel charleston in levare, sporco, grezzo, bello denso. Qualcuno di voi li ricorderà perchè dalle nostre parti se ne era parlato parecchio, per la loro stupenda “February Lullaby”, ma in realtà questi c’hanno pure i pezzi nuovi che spaccano.

Finito, tocca di nuovo a noi a non lasciare che questi signori del pubblico si addormentino: LMB sforna giusto un trio d’assi di indie-rock, chiude con “Sapore di sale / antimilitare” tratta da “Mondo Difficile” (non un album a caso) del vecchio Tonino Carotone, e se ne torna in mezzo alla bolgia a bersi i suoi pregevoli whiskey&coca. Ora tocca ai Mr. Bizarro & The Highway Experience.

La Di Cioccio è una iena, ora, almeno l’ho vista in tivù (Italia 1!), quindi le piacciono le pantere. Groar. Li presenta come quella gran topolona di Alessandra che vedete come vi rivolta il palco, e il resto.

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In realtà – anche senza l’alieno Franz che ha proseguito il suo viaggio cosmico verso la batteria degli One Dimensional Man prima occupata dal compianto (per modo di dire) Perissuti – la storia giusta dei Bizarri è che funzionano perchè stanno bene così insieme. “Mi sbaglierò, ma con i Bizarro e il loro ‘HelloHell’ è tornato quello che da queste parti mancava da un po'. Lo spettacolo”. Giust’appunto. Nonostante un audio tormentato ma comunque soddisfacente, salgono sul palco e sbarabam, un po’ di roba core che aggiusti la questione. Fra incroci malati fra Queen Of The Stone Age e International Noise Conspiracy e Ikara Colt, la storia post-stoner-indie-glam-rock da Venezia seduce per la prorompente sessualità e ingabbia per il caos sonoro sotto il quale sono sottese come lame le loro canzoni. Mi giro verso il Dritto che ha una mano conservata in tasca mentre nell’altra regge un bicchiere: “Bella storia, eh?”. “Usti”. Come commento mi sembra abbastanza, anche perchè manco il tempo di dire be’ che ci tocca di nuovo salire in consolle a regolare la questione cambio palco.

E’ il mio turno, mi infilo la cuffia e mi guardo attorno. Locale pieno. Vado di Offlaga Disco Pax e “Robespierre”, perchè ci sono cose che non devono mancare mai. Con gli occhi faccio un tour di 360 gradi, e la storia figa di fare il dj vi giuro che è quella di percepire l’energia che viene dal pubblico e che restituisci scegliendo la musica che ti piace. Tipo un satellite di Berlusconi che gode quando un cinese si connette a vedersi Emilio Fede alla tivù. Tipo il cassiere dell’autostrada che si masturba mentre chiede un 1,60 € di pedaggio ad un rumeno e questi glieli dà giusti, contati (no, questo no, cazzo c’entra? Leggi meno Palahniuk, Pivello). Insomma, capture-release tipo una foto. Stupendo, anche perchè gli Offlaga sono qualcosa di irripetibile e le nostre sei dita protese al cielo mentre sotto si canta del “mio quartiere” sono qualcosa che rimane nella nostra storia. E qualcuno sa perchè. E poi via, “Fight For Your Rights To Party” e poi il Dritto va giù di hip-hop tanto per iniziare a mettere a posto la questione. Perchè intanto, mentre sul palco salgono gli Stoop, è arrivato Alioscia dei Casino Royale, a cui abbiamo immodestamente occupato in precedenza il posto di disc jockey, e be’, insomma, non vi devo raccontare chi è.

Sono raffinati, questi. Ma dopo il rock’n’roll strabordante dei due indiessimi precedenti la loro storia blues è comunque di percezione mutata. Perchè qui la fisicità è molto meno presente e bisogna semplicemente ascoltare e godere della loro bravura strumentale. Io che vado di whiskey&coca intanto mi do alle public relations, perchè la cosa bella dei live è che incontri, reicontri, ti stupisci, ritrovi, scorgi, ti riaggiusti con la categoria umana. A volte. Altre invece ci vai giù di brutto, l’umore crolla e se il dj o la band non passano il pezzo giusto è tragica. Qui, sotto l’eleganza classica degli Stoop, l’atmosfera elettrica trasforma il Jammin’ Club in un teatro dove non si recita nemmeno a soggetto, dove la nostra vita violenta e confusa si imbizzarrisce in una favola buffa. E’ la storia del rock’n’roll che semplicemente si ripete nella sua incredibile, destabilizzante routine. Perchè sono sempre e comunque gli attori a determinare la qualità dell’opera in gioco, nelle loro presenze e nelle loro assenze regolati da un regista che ci deve essere non come culmine gerarchico di un sistema piramidale, ma come punto di riferimento autorevole. E dunque abbastanza naturale. E insomma questa sera sotto il cielo padano plumbeo di Castellanza nascosto da un velo d’ombra nero lungo una notte, mentre beviamo un altro whiskey&coca e mentre festeggiamo compleanni e mentre cantiamo la merda che i sucker portano nel sangue e mentre costruiamo i festival del futuro e mentre balliamo un po’ di questa musica fantastica, la Jungle Fam’ ha detto ciao e tanti auguri a tutti. Perchè nel 2006 ci prendiamo tutte le certezze. O almeno quelle che ci bastano a poter vivere una vita sopra quel fottuto e labile confine che è la decenza.



Sarebbe potuto essere semplicemente un report live di una Festa di lancio del nuovo Heineken Jammin' Festival Contest. Ma non è stato così. Perchè a volte i cronisti sono anche partecipanti attivi delle cose che raccontano. E allora mettono in ballo sensazioni diverse, e non si pongono fuori dall'orbita geostatica di ciò che è in oggetto. Qui a Rockit, poi, sapete che siamo bizzarri. E tutti gli altri aggettivi che vi piacciono tanto, e che potete usare come meglio credete. Perciò ecco la storia di una serata che sancisce - forse ufficialmente - la nascita della Jungle Fam', ovvero di una piattaforma di due realtà che parte da lontano, e che non vi presentiamo perchè probabilmente la scoprirete strada facendo. Come d'altronde abbiamo fatto noi

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L'articolo December Lullaby, storia di una serata in famiglia di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2006-01-02 00:00:00

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