Jennifer Gentle - e-mail, 15-03-2003

Non che ce ne fosse bisogno ma, a colloquio con Alessio (batteria) ed Isacco (chitarra) dei Jennifer Gentle, abbiamo ancora una volta l’impressione di trovarci di fronte ad una grande band. Non guardate troppo lontano per cercare e scovare della grande musica: una bellissima realtà è proprio qui in Italia, a Padova, ed ha voglia di far sentire la propria roboante voce anche al di fuori dei patri confini.



Rockit: Pubblicate dischi con una facilità impressionante, e nessuno di questi - tra l’altro - delude mai. L’ultimo della serie, il live “The Wrong Cage”, è suonato con Kawabata Makoto degli Acid Mothers Temple. Ci sono due banalissime domande che sono moralmente obbligato a farvi: come vi siete conosciuti e, soprattutto, come mai questa splendida collaborazione?

Alessio: La collaborazione è nata in rete. Dopo un primo aggancio gli abbiamo spedito i nostri cd, gli sono piaciuti molto e ci ha chiesto se volevamo organizzare delle date insieme, visto che lui era in Europa. Noi abbiamo accettato, ovviamente, e così abbiamo fatto due concerti insieme, che si sono chiusi con una jam su pezzi nostri. Il primo concerto è stato registrato per tracce, abbiamo avuto la possibilità di remixarlo in studio e così è nato “The Wrong Cage”. Prima o poi questa amicizia che è nata con Makoto e che si è consolidata con lo splendido tour insieme agli Acid Mothers Temple di fine novembre 2002, porterà, penso, ad una collaborazione in studio; c’è questo desiderio molto forte da parte di entrambi, però non è semplice… In questo momento è molto impegnato, ha veramente un mucchio di progetti, non ultimo la reunion dei Gong, di cui, assieme a Cotton Casino (la tastierista degli Acid Mothers temple) è membro effettivo. Registreranno un disco in Australia a marzo e poi dovranno affrontare un tour mondiale.

Rockit: In che maniera Kawabata è riuscito ad inserirsi negli arrangiamenti dei pezzi vecchi?

Alessio: Sono due pezzi molto liberi, per cui si è/ci siamo buttati. La sera del concerto, durante la cena, visto che si era creato da subito un bellissimo clima ed una certa sintonia, gli abbiamo chiesto se avesse voluto suonare con noi gli ultimi pezzi del nostro show. Lui ha accettato, chiedendo però di posticipare l’esibizione tutti assieme alla fine del suo spettacolo, per cui è stato bellissimo, perché prima abbiamo suonato noi, poi lui, e poi tutti assieme, dando l’idea di un terzo concerto…e così in realtà è stato, perché il clima è cambiato molto. Makoto non ha voluto nessuna indicazione riguardo ai nostri pezzi, non li ha voluti sentire, non ha voluto gli accordi… nulla. Solo prima di iniziare, sul palco, si è avvicinato e mi ha chiesto che tipo di pezzi avremmo suonato… io gli ho risposto che uno era lento e liquido ed un altro caotico e satanico… lui ha sorriso ed ha detto che era un’ottima indicazione. Poi abbiamo iniziato a suonare. Riascoltando la registrazione grezza del concerto pochi giorni dopo sono rimasto impressionato dal risultato, le parti di chitarra si sono integrate alla perfezione, sono riusciti certi cambi ritmici che di solito non facciamo… la magia del momento direi… peccato non aver registrato anche il concerto della sera dopo a Gorizia… ”Bring Them” è durata almeno mezz’ora e poi abbiamo suonato un altro pezzo nostro, “Rubber and South”, raggiungendo un livello di rumore impressionante… Makoto ha pure fatto volare la chitarra… penso che ai presenti le orecchie saranno fischiate per qualche giorno!

Isacco: In maniera molto semplice: è salito sul palco durante il concerto che abbiamo fatto assieme al Banale (Makoto era solista in quell’occasione), ha collegato la chitarra all’amplificatore ed ha cominciato a suonare. A dire il vero ero un po’ scettico sul fatto che la cosa riuscisse, non ci eravamo mai incontrati “fisicamente” prima di quella sera. Ma devo dire che l’incontro che abbiamo avuto al momento di “Bring Them” e “Couple in Bed by a Green Flashing Light” è stato quanto mai più azzeccato. Di questo me ne sono reso conto mentre il vortice di musica psichedelico-oblungo delle due canzoni prendeva piede quella sera, ma ancor più quando ho riascoltato la registrazione e sono rimasto letteralmente ipnotizzato.

Rockit: “The Wrong Cage” risulta la vostra prova più estrema e rumorosa, un inquietante connubio di lunghe jam ipnotiche e climax lunghissimi e psichedelici. Mi piacerebbe sapere se condividete questa descrizione e se, durante la scrittura dei pezzi, pensate mai a tutto questo o vi lasciate più andare all’istinto.

Alessio: Condivido a pieno questa tua descrizione. I pezzi di “The Wrong Cage”, già nelle loro versioni in studio sui precedenti CD, nascevano senza una struttura particolare… sono quei classici pezzi in cui noi abbiamo un giro, il riff principale diciamo, a volte un cantato, e poco più. Iniziamo a suonare, dal vivo o in prova, e queste cose prendono un po’ forma. Nel momento in cui le registriamo partiamo dalla base, la batteria, il basso, la chitarra… poi sappiamo solo cosa devono esprimere, e ci lasciamo guidare dall’istinto, iniziando ad aggiungere altri elementi come le percussioni, altre chitarre, l’organo, voci, urla, echi, riverberi… l’unica consapevolezza è l’idea, la sensazione, l’immagine che vogliamo esprimere…il mezzo è secondario…
Isacco: Sono d’accordo sul fatto che “The Wrong Cage” sia l’album meno accessibile alle orecchie più patinate e sensibili. Rivela senza dubbio l’istinto più primitivo e profondo della musica. Non mente, non si adagia, è in continuo movimento. Questo non significa che, in generale, durante la scrittura e l’esecuzione dei pezzi ci affidiamo unicamente all’istinto. Sarebbe una frase molto “banale” e poco realistica.

Rockit: Che tipo di lavoro avete fatto in post-produzione? Quanto ha inciso il missaggio e come ha modificato le canzoni rispetto alla loro versione live?

Alessio: Beh… pesante in termini di missaggio. La registrazione originale era senza profondità, i suoni erano molto secchi, era andata persa la “pasta” che abbiamo dal vivo. Questo è stato tutto sommato un bene perché ci ha permesso di agire sui singoli strumenti. Il lavoro in studio doveva servire a rendere la registrazione più vicina a quello che è stato il concerto. Poi ci siamo fatti prendere la mano, come sempre… su alcuni elementi è stato fatto un lavoro di trasfigurazione dei suoni, quasi si trattasse di un remix, la batteria e la voce sono molto sature… ecco “The Wrong Cage” non è un disco dal vivo, è il remix delle registrazioni di un concerto.

Rockit: Quanta improvvisazione e quanto studio ci sono nelle vostre canzoni?

Alessio: Le canzoni pop, quelle più articolate in particolare, sono provate da noi come band, su indicazioni molto precise di Marco, che è l’autore dei pezzi… non c’è molto spazio per l’improvvisazione, si arrangiano assieme ma sono già molto definite. Insieme cerchiamo di renderle al meglio nell’esecuzione, nella scelta dei suoni, nel clima che devono esprimere. Per i pezzi lunghi vale il discorso che ti ho fatto prima… in studio è più un’improvvisazione in fase di sovraincisione… dal vivo invece è molto più libera, le parti si modellano, crescono, cambiano concerto dopo concerto.

Rockit: Menzione d’obbligo per la SillyBoy, la vostra etichetta personale che vi ha portato a grandi risultati in un regime completamente autogestito. Ho letto poco tempo fa che il vostro catalogo sarà completamente ripubblicato da Godfellas e, dopo l’esperienza di esclusivo commercio on line di “The Wrong Cage”, l’impegno discografico per l’estero sarà ancora più intenso. È stato difficile raggiungere questi traguardi?

Alessio: In realtà il catalogo non è ripubblicato da Goodfellas ma distribuito (giusta precisazione!, NdR). Questo è un bene, perché quello che fino ad ora è successo è stato che i titoli si trovassero in distribuzione solo a ridosso della loro uscita, mentre ai concerti si vendono abbastanza indistintamente titoli vecchi e nuovi. Questa estate, in particolare, ai festival a cui abbiamo partecipato “I am you are” (il CD del 2001 non più in distribuzione) ha venduto tanto quanto “Funny Creatures Lane” che era uscito da poco. Ora “The Wrong Cage” sta vendendo bene e sono sicuro che la possibilità di trovare nei negozi anche i titoli precedenti consentirà l’acquisto anche dei primi due cd.

Gestire SILLYBOY non è semplice e senza l’aiuto e lo stimolo del nostro amico Marco Damiani saremmo nel panico totale… finora le cose si sono evolute costantemente, quelli che all’inizio ci sembravano traguardi impossibili sono diventati realtà dopo pochi mesi. Spostando sempre più in avanti il limite siamo riusciti ad ottenere dei buoni, ottimi risultati. Raggiunto un obiettivo ce ne siamo subito posti un altro… a piccoli passi siamo cresciuti. Questo ci ha consentito di avere sempre delle continue soddisfazioni e di osare sempre di più… fino alla distribuzione americana ed inglese, obiettivo sinceramente impensabile fino a poco tempo fa.

Rockit: Come ha reagito l’estero alla vostra proposta? Parlo dei concerti ma anche delle radio e della stampa.

Alessio: Concerti ce ne sono stati pochi: uno a dire il vero, in Croazia, ed è andato molto bene... però ci stiamo lavorando ora! Con le radio straniere il rapporto è ottimo, migliore che in Italia, dove forse il fatto di venire da un’esperienza di autoproduzione, di proporre un genere poco “cool” ci ha tenuto fuori da certi circuiti... negli USA due radio ci hanno messo in heavy rotation, addirittura per WFMU siamo stati il gruppo più trasmesso nel mese di gennaio (o dicembre, non ricordo…) e ci hanno invitato a New York per uno show-case. Considera che è una radio grandissima che ha ospitato Lou Reed, Sonic Youth, Stereolab… un’altra radio, a Belgrado ha trasmesso per intero “The Wrong Cage”, che non è un disco semplice semplice, insomma, i segnali sembrano molto positivi… qui invece fanzine e radio raramente ci coinvolgono, sia singolarmente che all’interno di iniziative con altri gruppi, nessuno ci ha mai chiesto un pezzo per una compilation o cose del genere. Meglio ci gira con la stampa più emersa, dove comunque anche all’estero stiamo iniziando ad avere dei buoni riscontri. Penso che all’estero ci sia meno pregiudizio e più curiosità, forse anche per un fatto di “esotismo”, di maggior interesse per la musica psichedelica, per essere riusciti ad inserirsi in un circuito giusto o in un circuito che qui in Italia non esiste. Se penso che gli Acid Mothers Temple in USA sono gli headliner del Terrastock festival, in Inghilterra suonano alla Royal Albert Hall e hanno la copertina di The Wire, mentre qui a Milano gli hanno staccato la corrente durante il concerto per via dei volumi… insomma… qualche differenza c’è! Comunque non ci lamentiamo di come ci vanno le cose in Italia, ci siamo tolti molte soddisfazioni ed il nostro spazio lo abbiamo, però, rispetto all’estero, ho notato un certo scetticismo, un po’ di perbenismo trendaiolo…
Isacco: Bene, senza dubbio con molta sincerità e spontaneità.

Rockit: A parte trovare sconcertante il fatto che nessuno (anche e soprattutto in ambito indipendente) vi abbia mai chiesto di partecipare ad una compilation, vorrei approfondire il discorso riguardante la situazione italiana. Innanzitutto, cosa intendi per perbenismo trendaiolo? E poi, quali sono secondo te i termini di differenza fra noi e loro? Insomma, se questa differenza c’è (ed io credo ci sia) è possibile secondo te individuarne le cause, le precondizioni e le possibili soluzioni?

Alessio: Io non trovo sconcertante questa cosa: trovo un po’ arrogante da parte di chi vuole rappresentare le realtà italiane non chiamare gruppi validi ed emersi… voglio dire, è ovvio che non si può chiamare tutti, ma trascurare certi gruppi (non necessariamente il mio) significa non prendere in considerazione realtà importanti, apprezzate e soprattutto con un’estetica forte e propria. Il perbenismo trendaiolo… mi era venuta fuori un po’ così questa espressione, ora devo cercare di darle un contenuto… vediamo: quello che ho appena detto già dà un’idea, diciamo che ci sono capitati tutta una serie di episodi che mi fanno pensare che anche le realtà che si vorrebbero più libere, curiose, scevre di schemi mentali siano piene di regole non scritte, di convenzioni, di scelte estetiche ben codificate nel NON essere mainstream (sante parole!, NdR).

Io sono rimasto letteralmente allibito quando, dopo il concerto di Musica nelle Valli, dove in sostanza ci sono TUTTI (gruppi indipendenti e seguaci), qualche “collega”, anche abbastanza famoso, mi si è avvicinato dicendomi “mi avevano detto peste e corna di voi, in realtà mi siete piaciuti un casino”. E l’ha detto non una volta, ma tante volte e a tutti noi presi singolarmente… Ora, visto che le nostre recensioni sono quasi tutte buone se non eccellenti, mi chiedo come potesse essersi formato un’idea di questo tipo… l’idea che mi sono fatto io è che l’essere fuori da un certo circuito (parlo di etichette, distributori), proporsi con un’idea estetica diversa, non necessariamente migliore, sia di per sé una cosa non facilmente accettabile, che in qualche modo esclude in partenza… e le voci iniziano a girare, soprattutto se poi inizi ad avere comunque dei riscontri, magari in realtà importanti ed emerse. Io francamente non ne posso più di sentirmi dire che la mia batteria non “spacca” (mamma mia che brutto termine!!!) nei nostri dischi… ma chi ha detto che tutti i gruppi devono avere una batteria registrata alla Steve Albini?!? Non ne posso più di sentirmi chiedere perché non usciamo con quell’etichetta con cui si pensava uscisse il nostro primo CD… siamo palesemente distanti e penso che ognuno abbia fatto la sua strada egregiamente raccogliendo molte soddisfazioni… non ne posso più di sentirmi chiedere perché non abbiamo più quel distributore… insomma, sono scelte, anche estetiche. Il nostro primo CD non si capisce come mai è stato confuso con tutto l’indie rock americano (Pavement, Grandaddy, Beck) attirando molto interesse proprio dai maggiori seguaci di questo modo di pensare: questo da un lato ha giovato al nostro debutto ma ha creato un equivoco per cui al secondo CD questo pubblico ed anche alcuni giornalisti non ci hanno più considerato, come se la premessa per considerare Jennifer Gentle fosse non la musica, ma il contesto, la possibilità di inserirci in un filone.

Sto parlando molto, ma vorrei essere chiaro, mi rendo conto che mi sto muovendo sulla lama del rasoio che separa l’analisi consapevole dallo snobismo arrogante. Non sto dicendo che il resto del panorama sia pessimo, intendiamoci… sto dicendo che considerare solo certe scelte estetiche come “legittime”, degne di essere considerate è limitante. Fotografare la musica italiana solo sotto una certa luce non è corretto, non aiuta lo sviluppo di una capacità di ascolto e di analisi, non crea curiosità, non crea in qualche modo un circolo virtuoso che possa permettere una crescita di tutto l’ambiente. Questo non c’entra niente con l’apprezzare o meno Jennifer Gentle, che, diciamolo chiaramente, all’interno di un discorso così ampio sono una goccia in un mare… è l’atteggiamento che è un po’ perverso. Non penso che all’estero sia molto diverso, solo che i numeri consentono ad ognuno di crearsi un proprio spazio, una propria realtà… mi sembra che ci siano più alternative… non l’Alternativa al mainstream. In Italia, forse proprio perché stiamo parlando di un fenomeno microscopico, c’è molta ideologia, molto senso di appartenenza, e poca curiosità. Forse paghiamo il prezzo di una decadenza morale, ideale, e perché no? politica che da molti decenni a questa parte vede l’Italia un paese periferico, marginale, chiuso in se stesso e nel suo passato, ricco di un orgoglio ormai ingiustificato… ovviamente non mi sto riferendo solo alla musica. Io soluzioni non ne vedo, nel senso che mi sembra tutto molto radicato e tutto sommato vivo questa situazione con abbastanza serenità, ogni tanto mi incazzo, più spesso mi ci trovo bene e mi diverto… dopotutto qualcuno troverà questo lungo discorso arrogante, qualcun altro condividerà ma in sostanza ognuno si tiene ben stretto quello che ha e quello che pensa… e forse è normale che sia così! Everybody needs somebody to love…

Rockit: Sei stato chiarissimo, e mi trovi d’accordo su molti punti della questione.

Cambiando discorso, ma neanche troppo, voi ch’avete una qualche esperienze all’estero trovate particolari differenze di organizzazione e di gestione degli eventi musicali fra l’Italia e, appunto, l’estero?

Alessio: Non so cosa risponderti… la data che abbiamo organizzato a Zagabria è andata benissimo… ma lo KSET è considerato uno dei locali più belli d’Europa, ci suonano tutti i big…sarò grato per sempre a Massimo degli Zu che ci ha messo in contatto con loro. Per il resto l’esperienza è poca… però stiamo iniziando a lavorarci su un tour all’estero… ti saprò dire.

Isacco: L’unica esperienza che abbiamo avuto all’estero è stato il concerto di novembre a Zagabria. Devo dire che l’organizzazione dell’evento è stata impeccabile, sebbene con pochi mezzi. O meglio: un esempio di come si può gestire un bel concerto con strumenti vintage di buona qualità anche se non si hanno molti soldi a disposizione (i fondi erano quelli recuperati dalle offerte degli avventori). Ed il clima che provavo era estremamente gioviale. Otto e mezzo!

Rockit: Riflettevo qualche giorno fa su quanti bei dischi fossero usciti dall’inizio dell’anno ad oggi, e in Italia - con i Candies, i Cods, i Milaus, i Three Second Kiss (così come tanti altri) – e all’estero – Loose Fur, Calexico, Madrugada e pure Massive Attack (sono poco esauriente e soprattutto soggettivo). Mi piacerebbe sapere se acquistate nuove produzione e cosa stato ascoltando in particolare in questi ultimo periodo.

Alessio: Una volta ero molto più attento e aggiornato… oggi, devo essere sincero, mi sono un po’ impigrito. Dovendo fare la mia playlist per il 2002 avrei molte difficoltà, non so se potrei arrivare a dieci titoli. Dei dischi che citi ho comprato solo i Massive Attack, sono un loro grande fan e ho già in tasca i biglietti per il concerto di Milano. Sabato scorso ho comprato i primi 6 cd di Battiato, che in parte conoscevo già, ma visto che costavano solo 6 euro l’uno ne ho approfittato. Sono bellissimi!!! Poi gli ascolti di sempre (Velvet Underground, Can, Pink Floyd, Tom Waits, il kraut rock…). Ecco, recentemente oltre ad una sbornia di Acid Mothers Temple, sto ascoltando molto jazz psichedelico degli anni ‘60/’70: il Miles Davis più acido, Hanckock, Sun Ra, Albert Ayler (questo a piccole dosi perché è veramente robbbba pericolosa), Alice Coltrane… sono dischi veramente innovativi e tuttora bellissimi, caldi, che hanno molto da dire e da comunicare, invecchiati pochissimo. Non è che la musica che esce in questi anni non mi piaccia, è che molte volte la trovo poco sincera e sopravalutata. I Massive Attack mi piacciono molto, penso siano un gruppo molto rock, più dei gruppi chitarrosi che vanno ora. Tra i cd recenti… quelli di Liars ed El Guapo mi sono piaciuti… ma secondo me non sono così eccezionali come si è letto e questo un po’ mi irrita, poi Johnny Cash, i due di Tom Waits, mentre tra gli italiani dell’ultimo periodo Zu e Planet Funk mi garbano parecchio… anche i singoli dei Tiromancino non sono male, il cd non l’ho sentito però. Degli ultimi anni mi è piaciuto il disco dei Sigur Ros, quello precedente, non l’ultimo (che non ho sentito, ma mi ha irritato un po’ l’idea dell’assenza dei titoli ecc ecc), le cose meno malinconiche/mi taglio le vene dei Radiohead di “Kid A” e “Amnesiac”. L’elettronica mi interesserebbe molto, se fosse utilizzata con un po’ di fantasia, ma raramente mi sembra di trovare qualcuno in grado di farne un buon uso… insomma, molto mestiere e poco altro. Bjork è brava! Devo approfondire la conoscenza di Aphex Twin: il nostro fonico ci ha fatto sentire delle cose molto interessanti. Insomma mi piacciono tutti quegli artisti che sanno scrivere belle canzoni, possibilmente un po’ malate e disturbate, piuttosto che perfette e pulite, o che sono in grado di sperimentare l’impossibile, di inventarsi un suono, uno stile…le anonime vie di mezzo non mi piacciono.

Rockit: Anche a me, ottimo!

“I am you are” è del 2001, “Funny Creatures Lane” del 2002, così come “The Wrong Cage”. Cosa dobbiamo aspettarci da questo 2003?

Alessio: Non lo so, per una volta vorremmo fare le cose con calma. Stiamo lavorando molto come SILLYBOY per la promozione all’estero, vorremmo suonare fuori dall’Italia e proporre anche qualche nuovo progetto: probabilmente questo autunno pubblicheremo i CD dei Land of Nod, duo inglese vicino a Neu!, Can e Spacemen 3 (qualcun altro potrebbe chiamarlo post-rock…) e un nuovo progetto di Makoto Kawabata insieme a Cotton Casino (dovrebbe chiamarsi “Makoto and I”), entrambi degli Acid Mothers Temple.

Isacco: Una laurea in Medicina e Chirurgia, finalmente.

Rockit: Se avete un appello da lanciare, un amore da conquistare, un insulto da gridare, o un disco da consigliare o un gruppo da boicottare, questo è uno spazio libero in cui potete dire tutto ciò che vi pare. Buona fortuna!

Alessio: Non l’ho mai fatto, mi vergogno, ma visto che festeggio in questi giorni un anno con la mia ragazza…bhe, sì insomma, Monica ti amoooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Isacco: Un augurio di pace. E… “mauriiii, ghetto carta da buroooo?!”

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L'articolo Jennifer Gentle - e-mail, 15-03-2003 di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2003-03-18 00:00:00

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