Come se la cavano i festival italiani?

Negli ultimi tempi la musica live sembra ritornata al centro degli interessi del pubblico e i festival proliferano in ogni parte d'Italia, ma come se la cavano in questo periodo particolare del mercato?

Foto di Claudio Caprai
Foto di Claudio Caprai
22/08/2018 - 12:20 Scritto da Chiara Longo

Nell'ultima pubblicazione dell'Annuario SIAE dello Spettacolo, i dati sullo stato di salute della musica live sono molto positivi, con un aumento totale del volume di affari del 4,45%, a discapito per esempio del cinema, che perde quasi l'11%. Al di là dei dati, anche nel quotidiano ci accorgiamo di come il rapporto con la musica dal vivo sia cambiato e cresciuto molto per il pubblico: sempre più spesso ci troviamo a dar notizia di doppi, tripli sold out (da Sfera Ebbasta piglia-tutto ai Thegiornalisti che riempiono i palazzetti), i concerti si moltiplicano, i tour si allungano e si allargano anche verso l'estero, e tra gli addetti ai lavori c'è un generale ottimismo riguardo il futuro della fruizione musicale, che non potendo più contare sugli introiti della produzione di per sé (dischi venduti, introiti degli streaming etc), ha concentrato i suoi interessi sul live, il settore in cui forse più di altri il giro d'affari permette veramente a musicisti e professionisti di poter considerare la musica "un lavoro vero". Al di là dell'introito del live (cachet e/o produzione), non bisogna dimenticare che il concerto è il luogo deputato per vendere dischi e merchandise, un boost sempre utile per le finanze dei musicisti.

C'è un altro dato che si evidenzia nelle stesse rilevazioni SIAE, ovvero la diminuzione delle attività dello spettacolo (-2,56%) e della spesa al botteghino (-4,31%). La discrepanza tra numero di ingressi rilasciati e spesa al botteghino ha determinato un aumento del prezzo medio praticato, pari al 5,25%, rispetto al 2016. Insomma, si fanno un pochino di concerti in meno, e sono mediamente più costosi per il pubblico. 

Alla fine della grande stagione dei festival estivi (su Rockit ne abbiamo censiti più di 60, quindi una media di 3 per regione, ma ce ne sono stati segnalati oltre il triplo tra festival e rassegne), abbiamo fatto quattro chiacchiere con alcuni degli organizzatori e direttori artistici di festival di varia natura. Dai grandi eventi sponsorizzati nei centri cittadini ai festival di periferia fatti da team di volontari, per cercare di dare una visione quanto più ampia possibile su come e in che condizioni si trovino ad operare gli addetti ai lavori in Italia. Ci siamo concentrati su lineup che prediligono la presenza italiana sui palchi, perché la musica italiana è quella che più di altre ha visto negli ultimi anni un'evidente crescita, con artisti che dai circolini si sono ritrovati nelle arene più importanti dello Stivale, coinvolti da un'esplosione di interesse che ha portato il volume d'affari e le spese per la produzione in alcuni casi a decuplicare e oltre. Questo spesso a discapito di organizzazioni più piccole, che nel giro di pochi anni si sono ritrovati a non potersi più permettere act che fino all'anno prima erano assolutamente abbordabili. 

Hanno risposto: Ercole Gentile per MusicalZOO (Castello di Brescia, 18-22 luglio); Indiegeno Fest (Golfo di Patti (ME), 3-9 agosto); Woodoo Fest (Cassano Magnago (VA), 18-22 luglio); Antonio Bergero per Balla Coi Cinghiali (Vinadio, 23-25 agosto); Mirko Perri per Color Fest (Platania, 4-5 agosto); Nicoletta Grasso per FRAC Festival (Catanzaro, 10-11 agosto).

I festival interpellati sono tutti con biglietto d'ingresso a pagamento (alcuni fisso, altri con riduzioni in base agli orari d'ingresso, per stimolare il pubblico a recarsi presto nella location) mentre Indigeno Fest adotta un metodo misto (4 giornate a pagamento e 3 gratuite). Tutti si finanziano tramite piccoli sponsor, contributi di Comuni e Regioni (come nel caso di Color Fest e FRAC, risultati vincitori di un bando della regione Calabria con cui si è riusciti a coprire una parte delle spese complessive) tranne Balla coi Cinghiali e Woodoo Festival che sono totalmente autofinanziati, soprattutto grazie ai biglietti venduti e all'area food & beverage, merch, etc, in cui contiamo anche eventuali spazi affittati a espositori, food truck etc. Tutti si dicono soddisfatti dei dati di affluenza o, nel caso di Balla coi Cinghiali che si terrà nel weekend, dai feedback ricevuti e dalle prevendite.

Se c'è un aspetto su cui tutti concordano, è la mancata o comunque ridotta lungimiranza di istituzioni e privati per l'indotto non solo economico ma anche sociale che questi festival creano e potrebbero creare in futuro. In questo senso, il caso più eclatante tra quelli analizzati è forse quello di FRAC Festival, che a pochi giorni dall'inizio degli eventi si è vista negare dal Polo museale della regione la location già confermata del parco archeologico Scolacium, con l'assurda motivazione che la musica elettronica non sarebbe consona a certi luoghi di cultura. Per fortuna il FRAC Festival ha prontamente trovato sostegno nel Comune e la Provincia di Catanzaro, che hanno messo a disposizione Villa Margherita, il parco al centro della città.

Alla voce "spese", tutti gli intervistati concordano che le grandi voci siano soprattutto produzione del festival, costi per la sicurezza e cachet degli artisti, mentre spesso i costi delle risorse umane sono abbattuti grazie all'impiego di un a rete di volontari. Proprio sui cachet degli artisti si è fermata la nostra chiacchierata, in quanto tutti ammettono di aver dovuto rinunciare ad alcuni artisti perché decisamente troppo costosi. Abbiamo quindi posto alcune domande a tutti: raccontarci la storia del festival e quali sono le linee guida seguite per la lineup, quanto il cachet di un artista possono influire su quest'ultima e se, in generale, considerano la loro un'impresa sostenibile.

Ercole Gentile - Musical Zoo: "Siamo giunti alla decima edizione nel 2018 ed il festival è cresciuto molto nel tempo. Tutto è iniziato come una festa dei locali di Brescia nello splendido castello cittadino ad ingresso gratuito e poi si è trasformato nel tempo in un vero e proprio festival con act internazionali e con una struttura organizzativa più complessa. Negli ultimi anni ci siamo spostati più su sonorità elettroniche, ma sempre lasciando spazio anche ad altri generi. Ci piace spaziare da act internazionali (quest'anno da Nathan Fake, Dengue Dengue Dengue, Call Super, Iseo & Dodosound, Jota Karloza ecc) a quello che ci ha più colpito a livello italiano (Coma_Cose, Myss Keta, DJ Khalab, Not Waving, LNDFK, Hit Kunle, Han ecc) ma anche locale (Typo Clan, Mulai, Baransu ecc). I cachet degli artisti hanno in qualche modo influito sulla lineup di quest'anno, perché alcune cifre sono lievitate nel giro di un mese: in un primo sondaggio mi è stata detta una cifra che nel giro di un mese si è quasi raddoppiata. Chiaramente abbiamo lasciato perdere, sia per la sostenibilità del festival, ma anche per i modi: non penso sia un comportamento corretto.
Dal mio punto di vista bisogna lavorare molto a livello nazionale (e con l'associazione Italian Music Festivals ci stiamo provando) per far comprendere ancora di più limportanza che hanno ormai certe manifestazioni in Italia, sull'indotto che creano a livello economico e sociale (pensiamo solo a quanti volontari fanno esperienza nei festival) e su quanto potrebbero ancora crescere (con benefici per tutti). Penso che serva molto più appoggio a livello istituzionale, ma anche privato, che si debba guardare alla musica contemporanea in modo più obiettivo e non andare a finanziare sempre le solite vecchie cose. Forse anche noi addetti ai lavori dobbiamo migliorare ancora di più la comunicazione diretta a certi interlocutori (pubblici e privati). Insomma, qualcosa si muove, ma c'è ancora tanto da lavorare."



(Indigeno Festival, foto di Giuseppe Mollica)

Indiegeno Festival: "Siamo arrivati alla quinta edizione e dalla prima sono cambiate diverse cose. Il primo anno siamo partiti con due date al Teatro Greco di Tindari, poi il festival è diventato di 7 giorni e ha coinvolto diverse location del Golfo di Patti: il centro storico, Patti Marina, la Riserva di Marinello, dove abbiamo introdotto un artista segreto proprio per puntare sulla scoperta e non sul nome.
Il festival infatti ha la particolarità di essere itinerante proprio perché si vuole puntare sull’esperienza e sulla scoperta. Le escursioni, le visite guidate e esperienze come il parapendio sono diventate poi parte integrante della manifestazione. La linea artistica di Indiegeno si è basata sull’eterogeneità degli artisti. Quest’anno abbiamo voluto mescolarci con diversi generi: elettronica, rap, rock, folk... Oltre a nomi “più gettonati”, ogni anno diamo ampio spazio ad artisti che spesso non suonano in altri festival. Ci piace comporre la lineup anche un po’ fuori dall’hype, scommettendo su artisti che vogliamo far scoprire al pubblico. Sicuramente per un festival giovane come il nostro far quadrare i conti è fondamentale, cerchiamo da sempre di costruire una line up che possa comunque rendere l’esperienza per il pubblico unica, sia per i luoghi in cui si svolge che per gli artisti presenti, alternando nomi affermati a nuove leve che in qualche modo ci hanno affascinato durante l’anno. Questa costruzione diventa sempre più complessa perché i cachet oscillano in breve tempo e non sempre sono una garanzia, facciamo degli sforzi per portare i nomi che vogliamo perché quella è l’idea di festival che abbiamo in mente e difficilmente ci lasciamo scoraggiare, capiamo che quotare un artista ora sia difficile, numeri vertiginosi sulle piattaforme di streaming e sui social e un primo tour nei club possono dare l’idea che un artista possa solo crescere, invece a volte oscilla tra alti e bassi perché non ha ancora una carriera e un pubblico così solido alle spalle. Il rischio resta per entrambi molto alto, dal canto nostro ci potremmo giocare anche il festival stesso, perché i costi ovviamente non si fermano al solo cachet e riuscire a rientrare di tutto quando vuoi anche provare a far vivere location insolite come spiagge, riserve naturali o appunto il Teatro Greco di Tindari basta poco per fare la differenza. Una delle cose che ci ha fatto “sorridere” però sono stati i cachet di progetti musicali con solo uno o due singoli, con tanti streaming o visualizzazioni, ma senza esperienza di live o con un repertorio di quattro canzoni. Comprendiamo tutto, ma fare il giro del web solo con un brano e vendere live in questo modo lo troviamo disonesto. Non pensiamo faccia bene al mercato. Inoltre, gli artisti in questo modo rischiano di bruciarsi e le manifestazioni di rimetterci tanti soldi. 
Nonostante tutto, crediamo che quando ti siedi a un tavolo per organizzare un festival la prima cosa che pensi è quale atmosfera vuoi che la gente respiri e quali posti e artisti possono renderla tale, le passate edizioni ci hanno dato morale e voglia di continuare così, di scegliere la line up che desideriamo cercando di instaurare un dialogo con booking e artisti perché il risultato finale sia un evento unico ed emozionante per tutti. Il festival sarebbe più sostenibile nel momento in cui ognuno: istituzioni, imprenditori, burocrazia capisse il valore di manifestazioni di questo tipo, in quanto rappresentano un indotto e un rilancio non indifferente per l’economia locale."

Woodoo Fest: "Siamo partiti 5 anni fa, da sopra un palchetto che era dentro a un capanno assurdo e polveroso in un posto improbabile di un paesino impronunciabile sotto un diluvio interminabile. Quando diciamo “se ce lo avessero detto che saremmo arrivati fino a qui non ci avremmo creduto” credetemi, non è retorica. Li eravamo in 8 e il primo sabato abbiamo fatto 800 persone ci sembravano un mare ed eravamo felicissimi, abbiamo chiuso in perdita il primo anno e ci siamo detti “mai piu”... poi una scintilla si è accesa e siamo arrivati qui. Ad oggi non so dirti più in quanti siamo, il festival ha iniziato ad attrarre come una calamita professionalità di serie “A” in ogni settore e arriva al suo quinto anno realizzando dei record che sono bellissimi da vedere e leggere. 
Per la lineup avevamo già in mente le linee guida, chi posizionare e dove, e piano piano, come quando costruisci qualcosa con i Lego, si è allineato tutto. La cosa interessante è stato vedere artisti confermati mesi fa “scalare la posizione in scaletta”, guadagnarsi delle aperture ai Main Artist; Myss Keta, per dirne una, era inizialmente sul second Stage, ma passando i mesi è salita sempre di piu arrivando ad aprire Cosmo.
C’è da dire che il festival ha sempre avuto una connotazione molto “indie” già dalla seconda edizione, quando 5 anni fa andava ancora qualche strascico di “dubstep” (strano come oggi faccia ridere anche solo pronunciare la parola). Avevamo scelto un po' “controcorrente” di mettere sui palchi quel seme che poi si è trasformato nella “scena” musicale che sta trascinando il sistema “musica”; forse anche questo “essere arrivati prima” ed averci creduto per primi ci ha dato qualche marcia in più. C’è poi un attenzione particolare per il second stage che è diventato una rampa di lancio per molti artisti che l’anno successivo sono diventati headliner di moltissimi festival compreso il nostro (prendetevi una bella birretta ghiacciata e magari con gli amici una sera andate a dare uno sguardo alle LineUp delle edizioni passate è un gioco molto bello). 
Credo che ad oggi la quotazione sia uno dei mestieri piu difficili in questo campo; le cose cambiano velocemente (troppo?), il mercato si espande e decresce con dei ritmi difficilissimi da calcolare e un artista che oggi va forte entro pochi mesi può invertire le aspettative di affluenza sia verso l’alto che verso il basso. Tutto questo è pressoché incalcolabile e c’è una buona dose di istinto nella scelta finale, ma credo che ad un certo punto, come organizzatore, ti affezioni ad un’idea di serata, ad un colore preciso da dare ad una giornata, vedi nella testa quel preciso artista sul palco e un po’ inconsciamente continui a seguirla anche se il cachet si alza. Credo che per alcuni artisti in lineup avremmo anche speso di più pur di tenerli, anche con un rischio altissimo di perderci del danaro (assurdo no?)"

Antonio Bergero - Balla coi Cinghiali: "Balla Coi Cinghiali è ormai attivo da 15 anni e ha avuto diverse pelli: è nato come piccola realtà di band locali e ha toccato le 80.000 presenze ad ingresso gratuito nel 2011. Poi c'è stato uno stop, un cambio di location e ora il festival conta circa 15mila presenze annue con un biglietto. Il risultato è che oggi BCC è un festival più sicuro, strutturato e gestibile. Un po' come noi soci degli inizi, visto che dai vent'anni siamo passati ai 35 e oltre. Il rocchenroll, però, c'è sempre. 
Il consueto bacino delle band da cui attingevamo improvvisamente è diventato mainstream (Calcutta docet). Così, fino a qualche anno fa abbiamo avuto concerti di artisti che oggi non potremmo più permetterci, come Lo Stato Sociale o Sfera Ebbasta, per dirne due. Ma non ne facciamo un gran problema, chi viene a Balla Coi Cinghiali sa che troverà musica di suo gradimento e viene per l'atmosfera unica del festival, non solo per i nomi in cartellone. Poi non dobbiamo per forza richiamare folle oceaniche, pur amando gli incrementi di pubblico. Per il resto, siamo contenti per molte band che abbiamo contribuito a lanciare: ora hanno una platea molto vasta. 
Il nostro festival è sostenibile perché fatto da volontari, altrimenti non credo lo sarebbe. Abbiamo tutti altri lavori e ci ritroviamo a centinaia per 15 giorni a Vinadio, come una specie di famiglia allargata. Questo è un indubbio vantaggio economico e non solo. Capisco che, se un gruppo imprenditoriale volesse replicare un Balla Coi Cinghiali per fare soldi, dopo aver abbozzato il business plan ci direbbe che siamo tutti pazzi. Detto questo creiamo un grande indotto per chi lavora per noi, oltre che per il territorio, e anche questo ci fa piacere.
Cosa migliorare? Ogni anno cerchiamo di ottimizzare le spese generali, che sono già ben gestite: per essere dei volontari agiamo ormai da anni come professionisti. Ci piacerebbe avere altri palchi e ancora più offerta artistica, ma senza alzare il biglietto. E, se continuiamo così, ce la possiamo fare."

(Balla coi cinghiali, foto di Paccini)

Mirko Perri - Color Fest: "Siamo alla sesta edizione e il dato restituito dalla nostra storia è altamente positivo, soprattutto in termini di crescita dell’affluenza. Innanzitutto ciò che è cambiata è la sempre maggiore professionalizzazione del nostro staff che è costituito da persone che, anche grazie all’esperienza del Color Fest, hanno sviluppato un profilo lavorativo legato al settore. Il gusto artistico della produzione si è anch’esso affinato nel tempo, con un’attenzione particolare verso la creazione di un evento che tenga presente le tendenze nazionali, senza mai diminuire però la qualità dell’offerta.
Il Color Fest ogni anno cerca di invitare un ospite che affonda le sue radici musicali in tempi passati. La ricerca artistica ha puntato negli anni a creare una line-up che possa ospitare non solo i nomi più importanti e seguiti del panorama indie italiano ma anche proposte regionali: cantautori, band, reading e produzioni artistiche made in Calabria. Il punto fermo è quello di voler creare un festival multigenerazionale che, oltre a portare sopra uno stesso palco contenuti “senza un limite di età”, aumenta di anno in anno il bacino di utenza fidelizzato alla manifestazione. 
Il festival ad oggi è sostenibile ma in un territorio difficile come la Calabria è stato necessario superare determinati ostacoli, fidelizzare il pubblico instaurando un rapporto empatico profondo che ha gettato la base per una stabilizzazione pluriennale del nostro evento. Tra gli aspetti da migliorare mettiamo in cima alla lista l’eco-sostenibilità del nostro evento, caratteristiche legate al consumo di energia pulita e raccolta differenziata dei rifiuti per cui servirebbe una mano dagli enti pubblici e non si andrebbero a toccare le tasche del pubblico ma il suo senso civico."

(Color Fest, foto di Silvia Cerri)

Nicoletta Grasso -FRAC Festival: "Siamo alla quarta edizione del festival e si è percepito un grosso cambiamento in termini di previsioni di partecipazione. Ogni singola edizione ha la sua importanza chiaramente, quest'anno è stata davvero dura dover cambiare location in una settimana e ripensare a tutta una produzione. Abbiamo dovuto eliminare alcune cose. Nonostante questo il Comune di Catanzaro ci ha accolti e la nuova location ci ha davvero sorpresi, devo dire che si è adattata benissimo al format del nostro festival. FRAC è un festival essenzialmente di musica elettronica con all'interno interventi di artisti provenienti dalla performing arts e dalle arti visive. Questa edizione ha dato più spazio alla musica visto il cambio di venue. Cerco sempre di mescolare artisti internazionali della scena elettronica con producer italiani con un forte senso di ricerca dietro il loro lavoro. Il bello di FRAC è alternare gli show live musicali agli interventi site specific ed installativi di artisti visivi. Quest'anno ho cercato di andare anche incontro ai desideri del territorio, infatti c'è stata una piccola punta di pop nel cartellone. Credo di aver scelto gli artisti giusti con i budget adeguati anche se è ovvio che alcuni sono sempre troppo alti rispetto a quanto dovrebbero costare! In ogni caso ci sono degli artisti troppo sopravvalutati che magari costano, sparo una cifra a caso, 4000 euro ma che porterebbero 10 persone in un territorio come la Calabria. Il punto è che quando decidi di fare un festival in una regione dove in prevalenza vanno di moda le discoteche è difficile creare una programmazione che rimanga sempre negli anni lineare e coerente. Io ci provo chiaramente! Ma il lato economico è sempre davvero difficile da tenere a bada. 
Questo è il secondo anno su 4 di edizioni in cui partecipiamo ad un bando regionale ed il supporto economico è certamente un fattore fondamentale. Di certo senza questi supporti, attualmente un festival come FRAC non potrebbe essere sostenibile in questa regione. Quest’anno abbiamo avuto visitatori anche dall’estero ed è un bel dato! Dal prossimo anno lavoreremo maggiormente in questo senso. Per il momento sono alla ricerca della prossima location ed ho già un po’ di contenuti che non vedo l’ora di portare. Ci vediamo a FRAC 2019!"

(FRAC Festival, foto di Serena Belcastro)

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L'articolo Come se la cavano i festival italiani? di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2018-08-22 12:20:00

Tag: festival

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