Frenetik e Orang3 parlano di ZEROSEI, Roma e Nicolò Contessa

Frenetik e Orang3 in questi giorni sono a Milano. Come tutti i Romani che conosco.

Foto di Roberto Graziano Moro
Foto di Roberto Graziano Moro
26/03/2019 - 12:39 Scritto da Vittorio Farachi

Ultimamente sembra che tre quarti della musica che ascolto venga da Roma. Se non sei di Roma, anzi se come nel mio caso ci sei stato sì e no un paio di volte negli utlimi due anni, questa cosa ti può stancare forse, ma non puoi evitarla. Perchè? Perchè una buona parte delle cose più fighe che ho ascoltato ultimamente vengono da lì, e vuoi perchè forse è più semplice comunicarle se sei nato nella capitale, o per una qualche congiunzione astrale strana, continuano a venire da lì. 

Quando mi chiamano da Roma, se non ho il numero salvato, le prime due cifre sono sempre zero e sei. ZEROSEI è anche il nome di un album che nasce e si sviluppa con l'idea di raccontare quello che sta succedendo. Sulla copertina e dietro le produzioni ci sono due che quella scena l'hanno vista (e aiutata) a crescere. Nei featuring tutti quelli che dovrebbero esserci. Così li chiamo, zero-sei-zero-tre-nove.., ma Frenetik e Orang3 rispondono che sono a Milano in questi giorni. Come tutti i Romani che conosco poi, ma questa è un'altra storia. 

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ZEROSEI (antologia non autorizzata di Roma 3.0)

Avevamo un po' di idee messe da noi due, dei riff e cose così, ma tutti i brani comunque sono stati fatti con gli artisti. ZEROSEI non vuole essere un disco di romani, ma un disco che racconta Roma. Se sei pugliese e vivi qui da cinque anni sei nella scena romana. Questa è una fotografia del momento. 

Noi due abbiamo sempre fatto ballotta in studio, i nostri amici sono cresciuti e fanno concerti sempre più grandi. Per la maggior parte sono persone con cui abbiamo rapporti da tanto tempo. Ci piace dire che questa di Roma è una wave che sta al 3.0 del cantautorato romano: partendo dal Califfo passa per Sinigallia e Niccolò Fabi, poi arrivano I Cani a bomba e Coez, che è stato il primo a fare indie come viene inteso oggi. Ai tempi nostri l'indie era più fare gli Arctic Monkeys in Italiano. 

I Cani e Coez come nascita di Cristo

Coez e I Cani a Roma hanno lasciato un prima e un dopo. Non parliamo tanto del sound, ma della scrittura. Quel modo di dire le cose, i pariolini di 18 anni e tutto il resto, era come parlavamo tutti. Scrivere canzoni come parlavamo tutti prima lo facevano solo i rapper, nella forma canzone dovevi alzare il registro. Se volevi usare lo slang dovevi fare brutto, l'immaginario era quello del gangsta rap più che il rapper sciallo di oggi. Noi parlavamo così, ma non eravamo quello come artisti. I Cani ha cambiato tutto a Roma. 

O Coez con Ali Sporche, nel 2013 dire cose del genere in quel modo era futuro. Rime che sanno di rap ma nel contesto canzone, è qualcosa che non c'era. Ci sono state varie rivoluzioni a livello di penna, queste due hanno dato il via alla nuova onda, ma potremmo citrarti Microchip Emozionale, quel post apocalittico di Samuel per noi è stato fondamentale. Il cambiamento è quando arrivano parole nuove probabilmente, se trovi un modo diverso per dirlo stai dando vita a qualcosa e non solo per te, avrà effetto anche sul modo di fare musica degli altri. 

Quando la musica italiana era da sfigati

La rivoluzione più grande, o meglio la risultante più forte, è che ora si ascolta musica in Italiano. Le nuove generazioni ascoltano pochissima, davvero pochissima musica estera. Dopo anni in cui tutti cercavamo sempre musica all'estero ora ascoltiamo la nostra, e quasi in maniera esclusiva. 

Ora, soprattutto, c'è un bacino di utenza. C'erano gruppi che cantavano in italiano ma rimanevano chiusi dentro piccole cerchie, e quelli che venivano fatti girare dalle grandi etichette non erano al pari di quello che veniva dall'estero o che i ragazzi effettivamente sentivano, c'era una grandissima scollatura in questo. Anche solo qualche hanno fa, per questo motivo, se dicevi di ascoltare musica italiana ti guardavano male. 

La fine dei talent e il buongiorno (affannato) delle Major

Nella prima decade del 2000 sono arrivati i talent, e per tanto tempo sono sembrati l'unico modo per fare musica in Italia. Nel 2006 andare a X Factor era un'ottima occasione, non so quanto sia ancora vero. Le major si sono per molto tempo sedute su questa cosa, me il risultato non è mai stato davvero interessante per chi ascolta. Così si è andati avanti per inerzia per molti anni. Così dall'altra parte un pischello di periferia si riconosce molto di più in Noyz o in Sfera, e quella roba lì inizia a crescere.

È la catena di montaggio dell'hitmaking quella dei talent, prendi un ragazzo bravo e/o belloccio e te lo lavorano in maniera impeccabile. Capisco perchè farlo, una promo del genere ti costerebbe centinaia di migliaia di euro. Al posto di investire soldi su un nuovo progetto lo faccio su questo che è già cresciuto. 

Le major però stanno cambiando, ora si stanno accostando alle etichette indipendenti, magari facendo da parabola e amplificatore di quello che già fanno etichette come Bomba Dischi o Asian Fake. Cosa succede da qui in avanti? È tutto da vedere. 

Perchè ci siamo visti in studio? Perchè li abbiamo fatti suonare, con loro c'era anche Venerus, e il pomeriggio è andato così. Il video esce giovedì, lo trovi qui su Rockit.it. Intanto di ZEROSEI è uscito il vinile.

 

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L'articolo Frenetik e Orang3 parlano di ZEROSEI, Roma e Nicolò Contessa di Vittorio Farachi è apparso su Rockit.it il 2019-03-26 12:39:00

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