I 40 anni del Mucchio Selvaggio raccontati in 10 copertine

Sparatorie, vendette, tradimenti, agguati. In poche parole, il Mucchio Selvaggio. No, non stiamo parlando del film di Sam Peckinpah ma dell’omonima rivista il cui primo numero uscì esattamente quarant’anni fa. Una storia di scazzi feroci, feconda di vittime illustri, sulla quale si è scritto tanto, forse troppo. Paradossi a parte, il Mucchio Selvaggio è stato, ed è tuttora, un punto di riferimento essenziale per lo sviluppo e la crescita della cultura rock in Italia, un crocevia obbligato per musicisti, critici e appassionati. Nonostante i numerosi cambiamenti in corsa, le contraddizioni, gli errori commessi. Difficile raccontare una storia così entusiasmante ma al tempo stesso tortuosa e ricca di capovolgimenti di fronte: noi ci abbiamo provato tirando fuori dieci copertine storiche.

A cura di Giuseppe Catani
N. 1 – OTTOBRE 1977
Il Mucchio Selvaggio sbarca per la prima volta in edicola nell’ottobre del 1977, a erigerne le fondamenta è un gruppo di collaboratori di Suono, tra i quali Massimo “Max” Stefani, che ne assume la direzione. 700 lire al banco, 34 facciate in bianco e nero, Neil Young in copertina, grafica spartana, scritto maluccio (e maluccio è un eufemismo), contenuti che spaziano tra blues, roots, americana, southern rock e folk. Un terreno quasi del tutto inesplorato in Italia: facile, ma non scontato, guadagnarsi sin da subito uno zoccolo duro di seguaci. Pian piano, le vendite decollano.
N. 22 – SETTEMBRE 1979
La prima delle venticinque copertine (ce ne sarebbe una ventiseiesima, finita in un Mucchio Extra del 2002) che ritraggono, da solo o in compagnia, Bruce Springsteen, una delle scoperte del Mucchio Selvaggio. Nel 1986, all’interno del numero 100, il Mucchio anticipa, con una finta recensione curata da Massimo Cotto, l’uscita di “Songs to orphans”, fantomatico triplo dal vivo del Boss. Uno scherzo al quale abboccano in parecchi, una fake news pre-internet. Qualche mese dopo, il live di Springsteen uscirà davvero, quintuplo però (“Live/1975-85”), e il Mucchio, sul numero 107, titolerà, non senza ironia, “Il quintuplo dal vivo del Boss è un falso?”.
N. 61 – FEBBRAIO 1983
C’è vita oltre il rock. Per la prima volta il Mucchio Selvaggio dedica la propria copertina a un argomento extramusicale: accanto a Kevin Rowlands dei Dexys Midnight Runners appare l’immagine di un’astronave (o di un disco volante?) in fase di decollo: un richiamo alla fantascienza e ai film “E.T.” e “La cosa”, appena usciti sul grande schermo. Il cinema si ritaglierà un ruolo importante all’interno della rivista, idem i libri e i fumetti. Il Mucchio cresce.
N. 86 – MARZO 1985
È necessario aspettare l’uscita del numero 86 per vedere un artista di casa nostra immortalato in copertina: ecco Piero Pelù, il front-man dei Litfiba, reduce dall’uscita dell’album “Desaparecido”. Il Mucchio non solo si accorge della musica – dai bassifondi in su – italiana (da lì a poco nascerà una rubrica ad hoc, “Targato Italia”, più tardi sostituita dall’inserto “Fuori dal Mucchio”) ma si lascia coinvolgere anche dalle nuove tendenze, come la new wave o l’alt-rock, nei primi numeri solo presenze sporadiche (e osteggiate), ora ospiti fissi di un giornale ormai al passo coi tempi.
N. 182 – MARZO 1993
Copertina choc, con Ernesto “Che” Guevara in primo piano. Si tratta del primo, timido tentativo di superare la formula musica-cinema-libri, un assaggio degli sconvolgimenti che saranno messi in atto con l’avvento della cadenza settimanale, quando la politica entrerà a gamba tesa tra le certezze dei lettori del Mucchio Selvaggio.
N. 224 – 24 SETTEMBRE 1996
Novità in arrivo nella struttura societaria del Mucchio Selvaggio, trasformata in cooperativa: da quel momento, grazie alla legge sui fondi per l’editoria, nelle casse cominciano a sgorgare fiumi di denaro. Si sogna in grande: con il numero 224 prende il via la fase del settimanale (durerà per oltre otto anni, fino all’uscita 605 del 21 dicembre 2004), nascono progetti collaterali, come il trimestrale Il Mucchio Extra. La politica, il giornalismo di inchiesta, in parte anche lo sport e la satira, rosicchiano sempre più spazio alla musica, in particolare a partire dagli anni ’00, fino a diventarne una parte imprescindibile. Non tutti gradiscono la trasversalità del magazine: le vendite non sono entusiasmanti, anche se la redazione tiene botta.
N. 264 – 1 LUGLIO 1997
Muore Jeff Buckley, il figlio di Tim, quello di “Grace”. Una perdita grave, il Mucchio Selvaggio saluta l’ennesima vittima del rock’n’roll circus con il numero del primo luglio 1997, ma a finire in copertina è Mick Grondahl, il bassista della band del musicista californiano. Una figuraccia epocale, la peggiore in quarant’anni di storia del Mucchio.
N. 579 – 18 MAGGIO 2004
“Vasco Rossi un grande…”. C’è sconcerto tra i lettori quando il numero 579 appare in edicola. Ma è tutto sotto controllo: in realtà, lo speciale che finisce all’interno del Mucchio recita “Vasco Rossi un grande… bluff?”. I fan del Blasco si imbufaliscono (strano, vero?) ma la vera vittima della burla è una collaboratrice dell’ufficio stampa della Emi, che fornisce le foto a corredo del servizio senza battere ciglio. Passerà un brutto quarto d’ora…
N. 639 – OTTOBRE 2007
E a un certo punto irrompe l’anticlericalismo. Articoli su articoli sulle nefandezze di Sacra Romana Chiesa si accavallano tra le pagine del Mucchio Selvaggio. Sul numero 639 compare una copertina particolarmente cruda (e di rara bruttezza), un papa Ratzinger che tiene in mano la testa mozzata dell’allora sindaco di Roma Walter Veltroni. Il pretore di Trani ordina il sequestro delle copie nelle edicole della sua provincia, mentre la Procura della Repubblica di Roma mette sotto indagine Max Stefani assieme al redattore Massimo Del Papa per “vilipendio e rappresentazione offensiva del senso religioso”. Finirà tutto in una bolla di sapone ma l’episodio renderà ancora più evidente la spaccatura tra i sostenitori di un Mucchio meno aggressivo e più concentrato sulla musica, in primis Daniela Federico e Federico Guglielmi, e chi, invece, come il direttore e un pugno di fedelissimi, ha intenzione di restare fedele alla linea. Si arriva a uno scontro frontale, fino a quando l’assemblea dei soci della cooperativa decide, a maggioranza, di esautorare Max Stefani.
N. 683 – GIUGNO 2011
È il primo numero del Mucchio Selvaggio senza la firma del suo fondatore. La direzione passa a Daniela Federico, ruolo peraltro ricoperto anche in passato, che piazza sullo scranno di caposervizio la sua compagna, Beatrice Mele. Una scelta che provoca più di un malumore tra i componenti della redazione, tanto che gran parte delle firme storiche del Mucchio prenderà altre direzioni. La rivista, dopo un periodo di crisi, riprende quota con l’arrivo di nuovi collaboratori e ora, in occasione del quarantennale, si è rifatta il look con un restyling e nuovi contenuti. Altri quarant’anni di Mucchio Selvaggio? Perché no?

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La gallery I 40 anni del Mucchio Selvaggio raccontati in 10 copertine è apparsa su Rockit.it il 2017-10-16 10:26:34