I 10 migliori dischi della Homesleep scelti e raccontati dai fondatori dell'etichetta

04/10/2016 - 11:15 Caricato da Redazione
Quest'anno si festeggiano i 15 anni di "Rise and Fall of Academic Drifting” dei Giardini di Mirò, che la band riporterà in tour da ottobre per una serie di concerti in nove città italiane. Il disco fu pubblicato nel 2001 dalla Homesleep Music, storica e leggendaria etichetta italiana che tra gli anni '90 e 2000 pubblicò una serie di dischi meravigliosi, sia italiani che stranieri. Abbiamo contattato Daniele Rumori, uno dei tre fondatori assieme a Matteo Agostinelli e Giacomo Fiorenza, che ha scelto e raccontato 10 dei migliori dischi che l'etichetta abbia mai pubblicato.
Giardini di Mirò - “Rise and fall of academic drifting” (2001)
Credo che "Rise and Fall" sia un capolavoro. Lo ascolto ancora oggi e devo dire che, almeno per me, non invecchia mai. Ricordo i giorni in studio e, già dai primi provini, ci rendevamo conto di avere in mano una bomba di disco. Ricordo i feedback da subito entusiastici e come il disco esplose, quasi ad un anno dalla sua uscita, grazie ad un’esibizione dei Giardini di Mirò su MTV. È stata una release davvero importantissima per la nostra etichetta, che ci ha fatto crescere tantissimo e ci ha illuso che potevamo davvero provare a fare i discografici sul serio. Cosa che al tempo, nel desolante mercato discografico italiano, non era proprio scontata...

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Yuppie Flu - “Days before the days"  (2003)
Sicuramente il mio disco preferito degli Yuppie Flu, però quello che non avrei mai voluto pubblicare. Infatti c’è un aneddoto su questo album che non so se sia mai stato reso pubblico. Doveva uscire per un’etichetta inglese molto importante, ma la trattativa saltò all’ultimo. Avevamo lavorato mesi per raggiungere quell’obiettivo, ma tutto sfumò all'improvviso. Il titolo "Days before the day" era proprio un riferimento a quei giorni “convulsi". Ricordo benissimo il momento in cui, purtroppo e per fortuna, con Matteo e Francesco ci ritrovammo a decidere di far uscire il disco per Homesleep. Credo sia uno dei più bei dischi italiani mai usciti. Quel pezzo all’inizio, “Drained by diamonds”, che dura più di 7 minuti, ancora oggi mi fa venire i brividi.

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Fuck - “Those are not my bongos” (2003)
Altro disco che fa parte della mia vita e che mi porterò dietro per sempre per ragioni che vanno oltre l’aspetto meramente musicale. I Fuck erano nostri amici, ma mai avremmo creduto che potessero accettare di fare un album originale per noi. Tra l’altro vennero in Italia per registrarlo nello studio di Matteo ad Ancona. Si fermarono qui per quasi un mese, e posso tranquillamente dire che quello fu uno dei periodi più divertenti della mia vita, che ha cementificato l’amicizia con i Fuck che dura ancora oggi. Il disco per me è un "classico”, un altro di quegli album che ogni tanto riascolto con piacere. L’accoglienza in Europa fu davvero strepitosa. Ricordo come fosse ieri i giorni in cui andammo a presentarlo in Inghilterra. Tra le altre cose abbiamo anche avuto l’onore di registrare una Peel session negli studi della BBC. Cose che non capitano tutti i giorni.
Midwest - “Town and country” (2002)
Dei ragazzini mandano un demo al mio socio Giacomo, che mentre lo ascolta mi chiama e mi dice che ha in mano un gruppo straordinario. Era così entusiasta che gli dissi “facciamoli”, mentre me li faceva sentire dal telefono. Giacomo aveva ragione, questi ragazzi avevano una freschezza ed un talento incredibile. Sono molto orgoglioso dei dischi dei Midwest. “Town And Country” però è la fotografia di quella che era la scena musicale italiana di quel tempo. Nonostante non fossimo gli ultimi arrivati, facemmo una fatica incredibile a farlo anche solo recensire. Nessun giornale musicale italiano lo prese davvero in considerazione e naturalmente il disco non ebbe il successo che si meritava. Poi, 7/8 mesi dopo l’uscita in Italia lo iniziammo a distribuire all’estero. In Inghilterra ebbe un feedback enorme. Recensioni ovunque, anche sul televideo della BBC. Disco del mese sulla sezione americana per Mojo. A quel punto ci iniziarono a cercare anche i giornali italiani… gli stessi che storsero la bocca quando gli proposi di intervistarli mesi prima.

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Ant - “Footprints through the snow” (2006)
Sono sempre stato un super fan degli Hefner, che ho seguito sempre, anche nelle varie carriere soliste. Un giorno, grazie a Giovanni Gandolfi, ho scoperto il primo singolo di Ant, "A Long Way To Blow A Kiss", uscito in solo 200 copie per una micro etichetta svedese. È stato amore al primo ascolto, quindi lavorare con Ant è stato davvero un sogno. Inoltre, anche in questo caso ho avuto la fortuna di avere a che fare con una persona con cui sono rimasto amico negli anni. Detto questo, credo che la capacità di scrittura di Antony Harding sia davvero unica, ed onestamente non mi spiego come mai non abbia raggiunto una popolarità più ampia. Questo disco, registrato nei nostri studi da Giacomo, è un piccolo gioiello di indie pop. Lo consiglio vivamente a chi non lo conosce.
El Muniria - “Stanza 218” (2004)
Forse il disco più travagliato della nostra storia. Mimì (Emidio Clementi, ndr) mi propose questo progetto una sera in cui ci siamo sbronzati insieme al Covo. Era la prima volta che, come Homesleep, decidevamo di puntare su un disco cantato nella nostra lingua. Il risultato, per me, è un capolavoro assoluto della musica italiana, che in tanti stanno riscoprendo solo negli ultimi anni. Ma per farlo abbiamo tutti faticato moltissimo… Clementi voleva assolutamente registrarlo in un hotel a Tangeri, noi mettemmo un budget per esaudire i suoi desideri. Budget proporzionato alle nostre possibilità, ovvero molto modesto, tanto è vero che la band raggiunse il Marocco in autobus. Dopo i primi giorni di registrazione, in cui Mimì mi aggiornava entusiasta scrivendomi da un internet point, la band smise di mandare notizie. La situazione era precipitata. Theo Teardo che faceva parte del progetto se ne andò negando il permesso di utilizzare le cose registrate anche da lui. La band tornò indietro senza niente di registrato o utilizzabile. Poco dopo lasciò anche Dario Parisini. Dovemmo riorganizzare tutta l’uscita del disco, registrandolo quindi negli studi Giacomo e rimandandone l’uscita di parecchi mesi. Poi, visto che le sfighe non vengono mai da sole, ci furono diversi problemi anche una volta completato. "Stanza 218" uscì in contemporanea con il romanzo “Il primo Dio”, che si mangiò tutta la promozione, anche sui giornali musicali. Inoltre, il nostro distributore dell’epoca ci comunicò che -a differenza di quanto prestabilito- il disco non sarebbe stato più una priorità per loro, lo giudicavano troppo cupo per un lavoro che usciva a ridosso dell’estate.
Insomma, fu un incubo. Ma non posso dimenticare il senso di liberazione nella sera in cui lo presentammo al Covo, sold out per l’occasione. Mi sono persino commosso.

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Julie's Haircut - “After dark, my sweet" (2006)
Immagina questo: hai nel tuo roster un gruppo che ha una capacità unica di scriver brani pop e accattivanti. E su questo si è costruito una solida fan base. Un giorno questo gruppo viene da te e ti propone un disco super psychedelico ed oscuro. Ovviamente il progetto ci entusiasmò. E per poco non fu il disco della svolta per tutti noi. Infatti una grossa agenzia pubblicitaria ci propose di utilizzare video e musica di "Satan Eats Seitan" per un’importante casa automobilistica italiana… firmammo addirittura un pre-contratto con delle cifre che ci avrebbero sistemati per qualche anno… poi naturalmente saltò tutto anche qui, perché l’azienda in questione per la prima volta nella sua storia decise di affidarsi ad un’agenzia pubblicitaria diversa da quella che ci contattò. Nonostante tutto conservo un ricordo bellissimo di questo disco che non fa altro che confermare il mio amore per i Julie’s Haircut: musicisti straordinari, ma soprattutto persone meravigliose.

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“Everything is ending here - A tribute to Pavement" (AaVv, 2003)
Quando abbiamo annunciato il progetto, ci hanno scritto decine e decine di band da ogni parte del mondo che volevano farne parte. Potessi tornare indietro lo farei in maniera completamente diversa, con meno gruppi ed evitando cover multiple. È un disco pieno di difetti, ma credo si senta che è stato realizzato da veri fan. Metterlo insieme è stata un’esperienza bellissima, inoltre -cosa non da poco- mi ha anche permesso di conoscere i miei idoli assoluti, ovvero Stephen Maklmus e Spiral Stairs.
The Ian Fays - “The Damon Lessons” (2006)
Kyle dei Fuck mi fece sentire il demo di questo gruppo di Arcata, una piccola città della California. Le cantanti erano due gemelle di 19 anni. Suonava come un misto incredibile tra Grandaddy e Bjiork. Non potevamo non farle. Sono molto felice di aver portato questa band per la prima volta in Europa. E sono molto felice che Liz, durante un suo tour italiano abbia conosciuto Samuele Palazzi (ex Calorifer is Very Hot, ndr), con cui oggi è felicemente sposata con due splendidi bambini. Questo è sicuramente una delle cose migliori venute fuori da Homesleep!
Shout Out Louds - “Our ill wills” (2007)
Una delle ultime nostre release, portato a termine solo grazie alla determinazione della nostra Paola. Ho sempre amato gli Shout Out Louds, quindi realizzare un disco così importante, anche se solo per l’Italia, è stato comunque un sogno. Credo sia un album bellissimo, un capolavoro di indie rock. Ho avuto anche la fortuna di fare un mini tour con gli SOL, cosa che altro non ha fatto che confermarmi la grandezza di questa band.

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