Chi resta fermo è perduto: l'intervista ad Ainé

Ainé ci racconta qualcosa in più sul suo percorso artistico e sul nuovo album "Niente di me" in uscita a ottobre per Universal.

Foto di Mattia Borgioli
Foto di Mattia Borgioli

Ainé, al secolo Arnaldo Santoro, ha esordito nel 2016 con “Generation One”, uno dei prodotti discografici più interessanti di quell’anno, frutto di una formazione musicale eccellente e di una gavetta di tutto rispetto. A distanza di un anno esce l’ep “UNI-VERSO”, sintesi di un progetto di maturazione artistica e personale, divisa tra un'anima soul e l'influenza dell'elettronica, nonché frutto del nuovo percorso di studi dell’artista al Berklee College di Boston. Dopo essere entrato ufficialmente nella scuderia di Universal Music Italia lo scorso agosto, ha da poco presentato il nuovo singolo “Ormai”, estratto dall’album in uscita a ottobre “Niente di me” (anticipato da un tour estivo): abbiamo fatto due chiacchiere con Ainé per farci raccontare il suo percorso e qualcosa in più sul suo nuovo disco.

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In un contesto nel quale le classifiche musicali sono dominate dai ragazzi usciti dai talent e relative hit pop, ti presenti con successo sul mercato discografico con un prodotto sofisticato e ricercato, appoggiato questa volta dalla capolista delle case discografiche. Questo dimostra ai giovani quanto ancora impegno, fatica e studio possano premiare. Quanto importante è stata la tua formazione professionale per il tuo percorso artistico?
È stata fondamentale, ma credo sia fondamentale per tutti avere una formazione sia di studio che di esperienza pratica sul campo. Perché a lungo andare chi non ha studiato, chi non ha fatto esperienza, si vede e si sente, soprattutto nei live. Quindi sì, ritengo che per me, come per un qualsiasi altro artista, lo studio e la messa in pratica dello stesso siano stati essenziali.

Dal 2016 non ti sei fermato. Prima hai fatto uscire il disco “Generation One”, poi “UNI-VERSO”, e ora ti prepari al grande ritorno con il nuovo disco dal quale hai estratto come primo singolo “Ormai” che, come l’intero disco che va a precedere, è stato interamente composto e scritto da te. Quando nasce questo brano e con quali premesse?
Questo brano, come altri brani, è stato scritto nell’arco di due anni. In realtà è uno dei più vecchi che ho composto. Poi, un giorno, me lo sono ritrovato tra le mani e ho lavorato nuovamente sulla base musicale e sul testo. Come gli altri brani, è scritto in prima persona e racconta un pezzo della mia vita sul quale si possono rispecchiare molte altre persone. Volevo scrivere un brano nel quale la gente si potesse rivedere, potesse riviversi. Penso sia questa la potenza principale di “Ormai”: la facilità con la quale ci si rispecchia nelle parole. In questi giorni, infatti, ci sono un sacco di ragazzi che mi scrivono dicendo “Mi ritrovo tantissimo nel testo di “Ormai””. Questo mi rende felice, anche perché penso sia meglio ritrovarsi in un testo di questo tipo che in altri nei quali si parla di pistole, soldi e cavallini.

Come si articola generalmente la scrittura di un tuo brano?
Prima di tutto parto dalla melodia, la registro sul cellulare e poi vado in studio. Lì riarrangio il tutto e a pezzo finito scrivo il testo. Scelgo di scrivere il testo alla fine del processo compositivo in quanto ritengo sia la parte più importante, voglio prima essere sicuro della metrica e di tutto il resto. Diciamo quindi che nasco prima come compositore e poi come autore. Che poi non mi sento nemmeno troppo un autore, me la vivo più come un rapper che si scrive liberamente le sue strofe.

Oltre a sancire un ulteriore passo avanti nella tua crescita artistica e personale, il prenderti carico di tutto il lavoro compositivo-autoriale rappresenta un punto di svolta importante per la carriera di un artista. Le responsabilità crescono e con esse anche le aspettative. Cosa cambierà nella tua musica rispetto al passato e cosa, invece, ritroveremo? Chi è Ainé adesso?
Innanzitutto sarà un disco completamente in italiano. Sarà più commerciale, ma comunque non perderà la vena artistica che è sempre stata la mia. Avendo scritto di mio pugno tutti i pezzi, e avendoli scritti con la mia band accanto, non ci sono stati particolari stravolgimenti esterni che hanno influito sul prodotto interno. Diciamo che quella che si vede e che si ascolta è stata una rinascita automatica e naturale. Io amo cambiare e cerco di essere sempre il più contemporaneo possibile. Chi resta fermo è perduto. Quindi chi è Ainé… Secondo me è la stessa persona di prima, forse un po’ più maturo, più sicuro di sé e di quello che scrive. Più sicuro poi di quello che farà. Adesso so veramente quello che voglio e non vedo l’ora di prendermelo. Certo, sento di più la pressione delle aspettative, ma sono comunque tranquillo. Infatti ringrazio tantissimo la Universal, mi trovo veramente bene con questo team di lavoro e la cosa bella è che a loro piace molto la mia musica. La mia più grande paura era quella di deluderli o di trovare persone che mi dicessero “No, non va bene! Cambia questo o quello”. Invece, grazie al cielo, non ho avuto questo problema. Stiamo già pensando agli album futuri, quindi da quello che ci diciamo sarà un lavoro a lungo termine. Incrociamo le dita.

Parlando dei tuoi artisti di riferimento e delle tue fonti di ispirazione, hai affermato di “saltare nel passato ed ascoltare il presente”. Quali sono stati i principali punti di riferimento, passati e presenti, per questo nuovo disco?
Per questo nuovo progetto ho ascoltato un sacco di musica nuova, delle nuove generazioni. A me piace tantissimo Francesca Michielin, mi piace qualcosa di Calcutta, Coez, Willie Peyote, i Coma Cose, l’ultimo Cesare Cremonini. Mi sono messo principalmente ad ascoltare musica italiana. Sono rimasto molto affascinato da questo grande fenomeno che è oggi l’indie e il pop, mi piace studiarlo. Poi comunque un orecchio l’ho rivolto al passato. Sono un fan sfegatato di Pino Daniele, Lucio Dalla e Lucio Battisti. La musica italiana di una volta è un qualcosa di incredibile.

Oltre ai generi musicali che hai mescolato e proposto negli scorsi anni, c’è qualche nuova sperimentazione che ti incuriosisce e perché?
A me piacciono tantissimo le sperimentazioni, su qualsiasi campo. Pensate, un anno fa ho scritto un ep che mescola musica classica e metal. Nessuno lo sa, forse un giorno lo farò uscire. Sono affascinato da questi mondi inesplorati. Tuttavia, devo dire che il nuovo disco sarà più vecchio stile, suonato con la mia band e con qualche strumento digitale, ma comunque la componente analogica è quella prevalente. Troverete un po’ di pop, del rock, dell’elettronica. Insomma, sarà ricco di generi ma comunque le sonorità non saranno troppo inusuali.

Attraverso il tuo modo di fare musica intendi lanciare un messaggio particolare? Se sì, a chi si rivolge?
Il mio messaggio principale, nonché il mio scopo, è quello di portare un certo tipo di musica qui in Italia e di creare, o meglio, di portare alla ribalta una nuova scena musicale sul panorama italiano. Il nostro Paese è ricco di artisti incredibili ed è tempo che prendano il posto che gli spetta.

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L'articolo Chi resta fermo è perduto: l'intervista ad Ainé di Davide Lotto è apparso su Rockit.it il 2018-06-08 12:07:00

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