Io : Noi : Rockit.

Vengo da un posto che è ancora una ferita aperta, che sanguina, punti che passo a toccare e che sento cedere.

Carlo Pastore e un cerotto sulla bocca. 10 anni di Militanza e Poesia
Carlo Pastore e un cerotto sulla bocca. 10 anni di Militanza e Poesia

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ROCKIT.

Nella risposta alla Provincia una risposta all'Italia.

Nel Valore, una Famiglia.

Nella Visione, la Condivisione.

10 anni di Militanza, Poesia e DIY.

"Dedico questa jam a tutta la mia family
ai guaglioni che mi han tirato su
quando avevo 16 anni o poco più"
(Sangue Misto, "La parola chiave")

Vengo da un posto che è ancora una ferita aperta, che sanguina, punti che passo a toccare e che sento cedere. Nasco in provincia, e di provincia probabilmente resterò sempre nonostante tutti i miei sforzi: i conti con la propria terra si chiudono ritornandovi per sempre. Di quei posti è lo sguardo diffidente nei confronti del diverso e un'ipocrita assuefazione al socialmente accettato; una volta si chiamava borghesia. Di quei posti è la tendenza a ritenersi completi e risolti di per sè, una tendenza che cresce coll'aumentare dell'altitudine sopra il livello del mare, ma anche l'abitudine a ristringere sempre di più il proprio cerchio umano lasciando alla vecchiaia che avanza il compito di giustificare una non-scontata grettezza. Ma sono di madre sarda, razza isolana che non può concedersi il lusso del lamento e non ha che da scegliere: accettere le leggi del proprio posto o andarsene. Io, come mia madre, ho scelto di andarmene. Questo significa un vuoto.

E' una questione di sangue. Come trasfusioni alla ricerca dei propri gruppi simili si intrecciano i miei rapporti. Qualcosa di indotto e necessario, al contempo drammatico e affascinante. In questi intrecci cerco la Vita al di là di quello che banalmente potrei accettare d'avere. Andare oltre. Cercare la proprima dimensione. Spostare in avanti la faccenda, sempre. E' così che, inconsapevolmente o fortuitamente o per fiuto, sono giunto a Rockit. Percorsi.

Al mio primo concerto ci vado il 20 gennaio del 2001. Sono i Marlene Kuntz di "Che Cosa Vedi". Prima ho addosso tutta la discografia dei Litfiba e poco altro. L'introduzione autografa di Guglielmi su "Desaparecido" è il gancio con la voglia di approfondire. Entrare. Fare parte. Finisco nel circuito passando dai canali più battuti da quella sorta di antagonismo (vetero)adolescenziale che si lega alla musica "alternativa", nella maniera in cui ci arrivi perchè il mondo comincia a crearti particolarmente prurito e cerchi le tue valvole di sfogo. Il mio primo articolo su Rockit compare il 6 febbraio 2001. Due settimane dopo. Simbiosi. Il ricordo che ho di quel momento sono io che apro Outlook Express, clicco due volte su una mail di Fausti'ko, leggo: "ci piacciono i tuoi pezzi, vuoi collaborare con noi?", mi alzo dalla sedia rossa nell'angolo della sala, corro verso il salotto, guardo i miei genitori seduti sul divano, urlo: "mi hanno preso! Avete capito? Rockit! Mi hanno preso!". Mi accolgono un sorriso ed un bravo, entrambi disorientati ma sinceri. A quindici anni l'entusiasmo è puro ed ingenuo. Apprezzerò poi il loro savoir faire e il loro lasciarmi fare; Rockit non l'hanno mai bene capito, ma l'hanno sempre accettato.

Due anni dopo è un MEI. Pons che mi dice che mi si deve chiedere una cosa, Camillo seduto al banchetto che beve del rosso, Fausto indaffarato nelle pubbliche relazioni, Daniele disperso e solo dopo anni penso a quale bisogno della società stesse trovando soluzione allora. Poi Fiz mi prende da parte, andiamo in cortile. Era vestito come un damerino: camicia, cravatta, golf, giacca. E coppola; era il suo periodo parigino. Siamo davanti al baracchino del bar, nel chiacchiericcio indistinto attorno. Fiz mi parla. C'è una redazione, delle cose da fare. Anche se i progetti, l'università, Bologna e l'adolescenza non permettevano di avere una visione lucida, era come se scelta fosse già stata fatta. Un'altra volta: questione di scelte. Di quel dialogo ricordo la parola "part-time", gli occhi rivolti al futuro e il tono confusionario. Era qualcosa tutto da plasmare. Ripetè circa cinque volte il discorso, poi chiosò: "ora ti parla Acty". (Quante cose m'hai insegnato, Fiz). Poi Acty inizia a parlare per davvero. Progetti, etichette, invio, contenuti, spedizioni, soldi, scuole, tanto a Bologna vai a farti le canne, contratti Rai, e un centinaio di altre cose, compresa la sua tesi e Papa del forum. Muoio di parole; c'era forza in quelle parole. La trasfusione era avvenuta. Fu come il primo respiro dopo il coma.

Milano diventa la (mia) città. Una scrivania per due diventa la miniera nella quale scavare le fondamenta di un virus nell'aria che meritava di tramutarsi in una Magia. Stare stretti nel tugurio di quell'ufficio al Jungle Sound significava dare la cifra alla difficoltà della situazione. Guardare oltre, provarci fino in fondo. Rockit era allora, una delle webzine più in vista, più di tante altre; eppure criticata, eppure sottodimensionata, eppure fondamentale. Ci andiamo per farla diventare semplicemente ciò che deve essere: un punto di riferimento credibile e autorevole. Di personalità. Non ci interessa copiare i finti giornalisti musicali di cui è piena l'Italia. Non ci interessa copiare gli stranieri. Non ci interessa più giocare. Diventa piano piano una cosa seria. Lo capiamo strada facendo. Facendo i nostri errori. Ci poniamo degli obiettivi. Li perseguiamo. A volte non li raggiungiamo, spesso ce la facciamo. Ci scontriamo con le istituzioni. Cerchiamo il tono più adatto.

Maturiamo.

Come qualsiasi persona che dalla Provincia se ne va con una Fame Pazzesca perchè deve colmare un vuoto.

Se è la nostra vita, giochiamocela tutta.

Se è il nostro talento, giochiamolo tutto.

In due anni e mezzo, facciamo un MI AMI in tre condividendo una sola scrivania, sempre la stessa. 2005. Tre persone; tremila spettatori. L'anno dopo abbiamo tre scrivanie e siamo in sei, fra collaboratori volontari e poco altro; seimila spettatori. Ora è considerato uno dei cinque festival più importanti d'Italia. Intanto facciamo restyling al sito, rilanciamo organizzando feste per tutta Italia il nostro magazine come free press in bilico fra sensazione grafica e contenuti tascabili di qualità. Vediamo crescere esponenzialmente i nostri contatti, sentiamo crescere la voglia di Musica attorno anche nella gente indifferente, cerchiamo di affrontare le richieste del mercato. Non abbiamo più paura di pronunciare la parola mercato: scendiamo dal piedistallo per non isolarci nel mondo. Ci scendiamo alla nostra maniera, perchè abbiamo qualcosa da dire e per farsi sentire bisogna stare in mezzo alla gente (lasciamo il pregiudizio ideologico a chi ha da riempire giornali illeggibili che non spostano poco-nulla; ognuno deve essere padrone del proprio tempo). Scriviamo recensioni che fanno incazzare alcuni e ne fanno innamorare altri, dedichiamo le nostre parole più belle alle ragazze che ci fanno stare male, a volte e quasi per caso firmiamo parole che sanno di generazione - un giorno ci sarà da definire in un saggio lo stile gonzo "da Lester Bangs di Provincia" (fu Damir Ivic a definirci così) di cui Rockit è stato, come tutte le esperienze Do It Yourself, inconsapevolmente alfiere (è la "Critica Partecipativa", prometto che le daremo dignità ideologica). Ci diamo a Rockit. 100%. E conduciamo tutto condividendo altrettanto con i nostri collaboratori da tutta Italia; dialogo e presenza secondo una logica di identità centrale forte; personalmente, sono contro il pensiero debole.

E vi giuro vorrei citarli tutti, i collaboratori di Rockit con i quali ho avuto più o meno veracemente avuto a che fare in questi anni. Loro sanno quanto sono importanti dentro questa storia. Una Storia che, come tutte le storie, è fatta di uomini. Di gente. Perchè non esistono cose, ma solo persone. Le stesse (lettori, operatori del settore, appassionati) con le quali ogni giorno ci confrontiamo su tutta la linea. Molti di loro avranno qualcosa da recriminare, altri da lamentarsi, altri ancora da accusarci. Molti altri, la maggioranza, sono sicuro invece che apprezzino e partecipino. Perchè, in fondo, da Rockit ci sono passati tutti. Un po' per la simpatia, ma soprattutto per la sua unicità, la sua onestà, la sua schiettezza, la sua competenza, la sua credibilità. Quello che volevamo e sempre vorremo è essere una risposta al provincialismo che uccide, e dunque un progetto concreto per l'Italia. Certamente migliorabile e perfettibile, ma sicuramente fondamentale. Al contrario di molti altri ricerchiamo sempre il Valore, e abbiamo il coraggio di fare scelte senza faciloneria. Abbiamo creato una Famiglia, compatta nel condividere una Visione comune. Siamo sostanzialmente ancora qui per lavorare al Sogno, quello stesso Sogno che si scontra quotidianamente con quell'Italia Reale così distante dai nostri canoni di valutazione dell'Importante. Da dieci anni cerchiamo la Poesia, ne siamo militanti perchè ne vogliamo l'affermazione su più larga scala. E siamo sicuri che, sia che la mano vostra ci venga porta in segno di rispetto sia che armi una pistola, in fondo sappiate d'aver di fronte gente che fa di tutto per guadagnarsi il vostro Rispetto. Inseguendo quella Bellezza che salverà il Mondo.

Indice speciale 10 anni:

Leggi "Oggi sono 10 anni. Buon compleanno Rockit!" (di Giulio Pons)

Leggi "I Litfiba, il Cencio's… e poi Rockit" (di Daniele Baroncelli)

Leggi "10 anni di storia e spingo ancora" (di Fiz)

Leggi "Strada facendo… con Rockit" (di Acty)

Leggi "Io : Noi : Rockit." (di Carlo Pastore)

Leggi "I miei ringraziamenti" (di Camillo)

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L'articolo Io : Noi : Rockit. di Carlo Pastore è apparso su Rockit.it il 2007-05-23 00:00:00

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