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Leggi il track by track di Emidio Clementi e tutti i testi di "Aspettando i barbari"

Massimo Volume

bollo freccia

“io sono l’altro
lui che volta le spalle
bruciato di luce
confuso nel paesaggio”

Aspettando i barbari Track by Track

Dio delle zecche (di Danilo Dolci)

Vince chi resiste alla nausea / chi perde meno / chi non ha da perdere / vince chi resiste / alla tentazione / tentazione di evadere / vince chi resiste / alle tentazioni / chi cerca di non smarrire / il senso / la direzione / vince chi non si illude / noi che accendiamo lumi, / per nasconderci le luci / la moda di esibirsi travestiti / da operai / la moda di fumare / la moda di sparare o non sparare / la moda di spararsi / noi che accendiamo lumi, / per nasconderci le luci / più confortevole inselvarsi / appiattendosi zecca

Mi piace Dolci. In lui la rabbia, seppure giustificata, condivisibile, non tracima mai. Preferisce il dialogo continuo, franco, aperto: il meglio che un essere umano possa mostrare di sé. Forse è questo che rende la sua poesia così fraterna.

La Cena

Se penso a te / ti vedo in via dei tigli / lo sguardo chiuso / contro il cielo azzurro / io sono l’altro / lui che volta le spalle / bruciato di luce / confuso nel paesaggio / e senza dare nell’occhio / esco fuori dall’inquadratura / devoto a nessuno / votato alla fuga / oh madre, / il vento scuote ciò che cede / le insegne, i rami, le catene / le foglie morte dell’amore / riuniti qui a consumare / il piatto freddo della cena / la vita stinta nell’attesa / oh madre, / il mare ingoia ciò che cade / le navi, i ponti, le frontiere / il senso ambiguo del dovere / seduti qui a contemplare / le zone d’ombra della cena / la vita vinta dall’attesa / dimmi la strada / dammi un secondo / indicami il modo / per girarci intorno

Il mio immaginario si è formato tra le strade di San Benedetto. La Monterey di Steinbeck è tutta in un paio di vie dietro il porto. Allo stesso modo sono sempre stato convinto che Harvest sia stato scritto tra le cabine color ocra dello stabilimento Sud Est in una giornata di marzo. Via dei tigli è a pochi metri dal molo. Ci arriva l’odore del mare, anche se per me rappresenta la campagna inglese (un tempo la strada ospitava un galoppatoio). Stavolta c’ho messo in mezzo mia madre. Ho preso da lei più di quanto sia disposto ad ammettere.

Aspettando i barbari

Ora che l’orizzonte / è in fiamme / noi rincasiamo / serriamo in fretta le imposte / mettiamo in ordine i fogli / le provviste / i vestiti smessi dell’estate / in attesa dei barbari / le impronte lungo la strada / portano dritto al nostro giardino / non te l’ho detto / non te l’ho mai detto / nel sonno le tue braccia / sembrano ali stanche / in fuga dai barbari / lo so, / non era questo / il vino promesso / gli inviti / i fiori / le risate / ma stanotte / la notte / è una lama illuminata / che taglia il buio / e la paura / e punta avanti / dove tutto / riposa immacolato / e giusto / e nostro / e puro / prima dell’arrivo dei barbari / ora che la sera / accorcia le ombre / noi ci ritiriamo / e di fronte allo specchio / come spose / ci acconciamo / in onore dei barbari

Non ho ancora capito se la resa descritta nelle battute finali contenga qualcosa di regale o di mostruosamente caricaturale, sul genere del Satyricon di Fellini. Di sicuro, alle spalle dei personaggi, il fondale è di cartapesta, di un rosso livido.


Vic Chesnutt

Ricordati di Chesnutt / quando leggi Stevens / ricordati di Chesnutt / quando guardi Guston / ricordati di Chesnutt / quando ascolti Ritchman / ricordati di Chesnutt / quando suoni Glue man / ricordati di Chesnutt / quando conti il resto / ricordati di Chesnutt / quando togli il trucco / ricordati di Chesnutt / quando fumi l’erba / ricordati di Chesnutt / quando vedi me / bad habits / bad habits / ricordati di Chesnutt / quando il suono stride / ricordati di Chesnutt / quando la linea trema / ricordati di Chesnutt / una corona di spine / poggiata sul palco / tra la chitarra / e le spie

Mi capita spesso di pensarlo.


Dimaxyon song (in memoria di Buckminster Fuller)

Contenitori / che / perdono / acqua / noi siamo / nuotiamo / & / ogni tanto / affoghiamo* / ho messo / chiodi / tra / le corde / ho preso / il vuoto / dalle / stelle / & / l’ho / sparso / lungo / le strade / del mondo / & sulla / vostra / pelle / vi / piaccia / o no / rendi / il mondo / vecchio / rendi / il mondo / un cerchio / rendi / il mondo / al caso / rendilo / uno scherzo / rendi / onore / ai vivi / rendi / gloria / al nulla / ricordati / di Alexandra / & / offri / un giro / alla fortuna / ti / piaccia / o no
(*John Cage)

Ho un amico architetto con cui un paio di volte alla settimana vado a nuotare. E’ lui che - sotto la doccia - mi ha introdotto al genio di Buckminster Füller, uno che ha preso a calci in culo la prudenza e la ragionevolezza, per spingersi dove la prudenza e la ragionevolezza sarebbero stati solo d’impiccio.


La notte

Marco ha una webcam aperta dove batte sempre il sole / si vede la spiaggia, si vedono le onde, si vede una donna che si allontana su un gommone / lui aspetta sempre il momento di partire / arrivare un giorno / incorniciato da un’alba sublime / Carlo ha un ombrellino piantato in mezzo al petto / ho il cuore in ombra, dice / ho il cuore gelido / toccalo, dice / avvolgilo / tienilo stretto / sto morendo di freddo / Anna è seduta appena un po’ più in là / a contare le volte in cui la vita / l’ha lasciata da sola dentro a un bar / non ha consegne / non ha progetti / non ha buoni da scalare / poi guarda l’ora / e decide che ha fame / Mirko è caduto sul più bello / scivolato all’improvviso / a una banale svolta del destino / ora vive con sua sorella / la sera siede fuori, sui gradini / la vita s’è rotta / dammi una moneta / grida a Elena e agli altri vicini / e io? / io aspetto qui / dove la vista rassicura / ho con me i tuoi fiori / le tue accorte raccomandazioni / e mi affido alla notte / che confonde le tracce / che nasconde i rifiuti / che ritorna costante / Luca s’è fatto prendere dall’ossessione del denaro / Leo dal fascino osceno del caso / Stefano ha bisogno di attenzioni / Laura di privazioni / Gianni vive a Pechino / Laura serve ai tavoli in un ristorante di Torino / Andrea prende una droga che fa dimenticare / Sergio ha una malattia che lo fa addormentare / Mimmo è morto / e io? / io aspetto qui / e mi affido alla notte / che confonde le tracce / che nasconde i rifiuti / che ritorna costante

L’ho scritta come se tenessi in mano una macchina fotografica. Uno scatto a testa. Una manciata di secondi a disposizione per ognuno. E’ una canzone molto affollata. Urbana. Di qualcuno che cito ho perso da tempo le tracce.


Compound

Gli uccelli / sul tetto / la notte / lasciano / impronte / di metallo / gli uccelli / sul tetto / la notte / insidiano / i confini / del nostro / mondo perfetto / addestrati alla guerra / alla notte, alle ombre / al deserto, alle voci / alle mura, alla morte / che arriverà / planando / in un’alba di maggio / uno squarcio di bianco / illuminato dal cielo / che ora pende / strappato / proprio / sopra / di me / & / di te / gli uccelli / sul tetto / la notte / sognano / sogni / di cristallo / gli uccelli / sul tetto / stanotte / frugano / tra le rovine / del nostro / mondo perfetto

Osama Bin Laden. Abbottabad. L’erba incolta e le galline. Una villetta sgangherata, simile a quelle che punteggiano il litorale calabrese. Quel misto di domestico e di sinistro che avvolge la scena. I materassi insangunati a fianco delle ciabatte.


Silvia Camagni

Se ne andò di casa / un pomeriggio di maggio / lasciando che il sole sbiadisse / tutto quello che era stato / portò con sé gli occhi neri di sua madre, / un orologio rotto, / la promessa inutile di / un indirizzo sbagliato / poi in un bar lungo la strada / un ragazzo le chiese / della sua solitudine / della sua testa rasata / lei rispose: / sono la vedova / dei vent’anni mai passati / le mie bottiglie sono vuote / o sono chiuse / ma la strada è fatta anche per questo / e se vuoi ti aspetto / si fermarono a dormire in una pensione / a due passi dal mare / lui le offrì il suo corpo glabro / e la canzone nella pubblicità / di una gomma da masticare / lei gli mostrò una stanza buia / proprio in fondo al suo cuore / vorrei invitarti a entrare / gli disse / ma c’è troppa confusione / si lasciarono la mattina dopo / a un incrocio / senza niente da dirsi / giusto un gesto del capo / si lasciarono come / tutte le cose destinate / a dividersi / come il mare e la terra / come gli amanti di un’ora / Silvia, / stai attenta / copriti meglio / conserva l’amore / per quando fa freddo / qualcuno mi ha detto / che vivi a Berlino / che esci la sera / che abiti sola / io ti sogno / ogni tanto / che attraversi / la strada / ti giri e / mi gridi / fai presto, / poi di colpo / scompari

E’ difficile capire cosa fa di una persona una persona adatta a essere raccontata, ma so che Silvia è tra queste. Tempo fa avrei voluto dedicarle un romanzo. Il romanzo è diventato una canzone. Mentre scrivevo il testo pensavo a She’s a woman degli Hüsker dü.


Il nemico avanza

Il nemico avanza / noi ci ritiriamo / il nemico si accampa / noi lo tormentiamo / il nemico è stanco / noi lo attacchiamo / il nemico arretra / noi lo bracchiamo* / ricordi Beirut / e la foce del Mekong / le strade di Saigon / le mura di Algeri / i fuochi sparsi / le macerie / il porto di Haiphong / bombardato dal cielo? / crudele / a vent’anni / il corpo distratto / la notte disposta / per un ultimo assalto / l’odore del sangue / che sa di dolce / di pesce pescato / di sperma / di vita che morde / il nemico ci assedia / noi ci rintaniamo / il nemico fugge / noi lo inseguiamo / il nemico è vivo / noi lo uccidiamo / il nemico si nasconde / noi lo staniamo / ricordi Kinshasa / Bukavu / il Katanga / la morte derisa / alle porte di Onitsha / Schramme di spalle / Ciombé in divisa / Goosens ucciso / appena un attimo prima / spietato / a vent’anni / il corpo esibito / la notte arroccata / dietro al mattino / l’odore del sangue / che sa di mare / di cose perdute / di etere / d’estate
(*Mao Tse Tung)

E’ un pezzo pieno di figure inquietanti, avanzi di galera da cui è meglio tenersi alla larga. Ho sempre provato un’insana attrazione nei confronti dell’Africa postcoloniale di Denard e di Steiner. Dentro, da qualche parte, con una sahariana arrotolata sulle maniche e la sigaretta tra le dita, si intravede anche Goffredo Parise. A dentri stretti confessa che il sangue umano ha un non so che di eccitante su di lui.


Da dove sono stato

Camerieri / cantanti / attori bipolari / arguti figli di papà / bukowski butterati / massa drogata / sanbenedetto in croce / mahagonny abbandonate / monterey di sogno / parrucchieri in estasi / gerani ai davanzali / (ricordarsi di dare da bere) / von braun ingannato / vasche ionizzate / & culi di hockney / culi di hockney / bagnati di luce annoiata / (il lusso freddo della solitudine / di cose al loro posto / mai desiderate) / “noi siamo o non siamo / siamo o non siamo / noi siamo o non siamo / socialmente parlando”* / Buckminster Fuller / perso in una bolla / di vetro e di metallo / di fronte / a tutti voi / io oggi / umilmente / mi inchino / per avermi / fatto sentire vivo / e reso grazia / al vostro incanto / vi lascio / e corro incontro / ai giorni / che mi spettano / le carte appese al petto / e una versione di riserva / per tutte le strofe / uscite male / e le frasi sbagliate / che nessuno / potrà più cancellare / io vi saluto / e mi inchino / io vi saluto / e pieno di rispetto / vi dico addio
(*John Cage)

Messa così alla fine, assume un tono quasi apocalittico. Non era nelle intenzioni. Non so se la vita contiene veramente dei cicli, ma ogni tanto si ha bisogno di fare spazio. Ecco un elenco di quello che ho cacciato via, pieno di riconoscenza e di rispetto. Anche di amore, ci mancherebbe.








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