Parola cantata, l'etichetta coraggiosa di Mauro Ermanno Giovanardi

Abbiamo incontrato Mauro Ermanno Giovanardi per farci raccontare il progetto dietro la fondazione della sua etichetta, Parola Cantata Dischi

Parola Cantata Dischi
Parola Cantata Dischi

Quest'anno Mauro Ermanno Giovanardi ha inaugurato la sua etichetta, Parola Cantata Dischi, con due album davvero interessanti, "Sottoponziopilato" di Martinelli e "Mi do mi medio mi mento" di Lele Battista. Sono solo i primi di un progetto che Giovanardi sente di voler portare avanti per sostenere e aiutare quegli artisti coraggiosi che hanno un messaggio da comunicare. "Coraggio" è la parola che più spesso è ritornata nella nostra chiacchierata, e il valore su cui si fonda tutta l'idea dietro Parola Cantata. 

Ciao Mauro, la prima domanda che ti faccio è la più ovvia: perché hai sentito la necessità di aprire la tua etichetta?
Ero a casa di un amico, Nicolò Bodini de La Scapigliatura, per fargli sentire dei pezzi miei. A un certo punto ha voluto farmi sentire alcuni brani del disco di Martinelli, in cui Bodini suona la batteria, e io ci sono rimasto. Fino ai 17 anni e mezzo correvo in una società ciclistica fortissima, ero 6 giorni su 7 in bicicletta, quindi sono stato molto colpito dal brano "Sudato e felice". L’idea del sacrificio, della costanza, è una cosa che mi ha fatto bene nella vita. Mi son fatto dare il numero da Nicolò e ho telefonato ad Andrea, gli ho fatto i complimenti, gli ho chiesto di farmi ascoltare tutti i pezzi perché ero davvero curioso. Era da tanto tempo che non sentivo delle storie raccontate così, con questa idea tragicomica e queste storie stralunate. Andrea voleva fare un’autoproduzione, e io avevo paura che questo diventasse l'ennesimo disco bellissimo che nessuno avrebbe ascoltato, e sarebbe stato un peccato. A questo punto mi sono chiesto perché non mettere la mia faccia, la mia esperienza, per qualche artista che secondo me merita di essere sentito? Per cui ho iniziato a covare questa idea. 

In generale, come pensi di gestirla a livello discografico?
Concettualmente vorrei fare questa cosa: vorrei non guadagnare un centesimo. Lo voglio fare in maniera mecenatistica e appassionarmi a un paio di progetti l’anno e curarli nella fase di produzione e per la pubblicazione. Sono contento che la mia storia e la mia visibilità possano servire da volano.  Per esempio ho dovuto mettere sotto bromuro Martinelli per un anno perché il disco era pronto da tanto, ma volevo che le basi di questo progetto fossero ben solide. Ho trovato un partner in Goodfellas. Secondo me sono bravi e ci hanno creduto, agli artisti abbiamo lasciato le edizioni e hanno firmato un contratto con Goodfellas. Per Lele Battista invece, che conosco da 20 anni, sapevo che aveva questi pezzi da un po' e ho insistito perché li facesse uscire. L’ho praticamente obbligato a inciderli. L'ho proprio ricattato: se entro l’anno non produci questi pezzi sappi che un paio te li prendo io e magari uno lo presento a Sanremo, perché a me “24mila anime” piace tantissimo. Per cui gli ho presentato Leziero (Rescigno, dei La Crus, ndr) e hanno fatto un paio di pezzi. Quando Lele ha finito il disco mi ha abbracciato fortissimo e mi ha detto: se non fosse stato per te questo disco non lo avrei fatto. Per me in quel momento lì, anche se avesse deciso di darlo a un'altra etichetta, il mio scopo era raggiunto, e se domani mi contattasse una major per avere un disco di Parola Cantata sarei io il primo a dire prendetelo, perché è proprio l’idea di investimento su dei talenti che non esiste più.

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Quali sono le caratteristiche che un artista deve avere perché ti colpisca?
Mi piacerebbe che i dischi di Parola Cantata fossero dei dischi coraggiosi. Secondo me il disco di Martinelli per le cose che racconta, per come è fatto, per come si presenta, per la sua difficoltà iniziale. è un disco coraggioso, come quello di Lele. Non mi interessa fare dei dischi che abbiano un suono da cantautorato indie, o che facciano il verso a Vinicio Capossela, mi piacerebbe sentire un suono punk come quello di Andrea o comunque un suono più moderno. Quest'idea era un po’ quella dei La Crus all'inizio: mutuare la metodologia dell’hip hop, cercando di mettere il nostro background che andava dai Joy Division ai Massive Attack con quello che la canzone italiana aveva di meglio, cioè la canzone d’autore. Per cui volevamo rivoluzionare la canzone d’autore alla Fossati o alla Vinicio Capossela, che appena usciti erano qualcosa di potente, però dopo 30 anni…

Una volta individuato il disco che cosa fai? Quali sono le parti operative? Ad esempio cosa hai fatto con Martinelli visto che il disco era già pronto?
Gli ho vietato di uscire con quel mastering perché se ti perdi una parola di quello che dice non capisci il resto. Ho fatto rifare il mastering da Giovanni Versari che è stato il fonico dei La Crus per sei anni. La priorità era che si capisse tutto, poi abbiamo rivisto la scaletta e la copertina, che era già pronta ma non andava bene. Gli ho spiegato come fare meglio alcune cose. Non è stato semplice, ma gli ho fatto capire che ognuno di noi quando è coinvolto così tanto non riesce ad avere uno sguardo distaccato. Abbiamo fatto un po’ di foto perché lui è un tipo abbastanza stralunato, e il risultato era meno elitario della copertina originale. La sua foto quindi rappresentava di più il suo mondo, pop ma stralunato, fresco ma moderno. Era questa l’immagine giusta.

(Martinelli)

Quindi oltre a sentirti discografico ti senti produttore artistico.
Sì, infatti ai miei artisti dico di essere un dittatore illuminato. Avendo una certa esperienza, gli spiego cosa farei io e perché. Io ero uno dei quattro soci della Vox Pop e abbiamo fatto 107 numeri di catalogo, dalla Vox Pop sono passati tutti. Su alcune cose ci sono passato anche io con un disco dei Carnival of Fools. All'epoca sono impazzito e avrei voluto ammazzare Giacomo Spazio, ma adesso sono contentissimo delle scelte che lui mi ha imposto all'epoca… questo perché dall’interno non riesci ad avere uno sguardo lucido.


Il nome che hai scelto, Parola Cantata, già di suo racconta tantissime cose, ma vorrei che mi spiegassi cosa significa per te. Mi sembra un bel manifesto d'intenti.
Così come mi interessano un suono e un’idea coraggiosa, mi interessa che la ricerca letteraria in qualche modo abbia determinate caratteristiche, che ci sia quell’idea di raccontarsi un po’ esistenziale, un po’ malinconica, che è figlia di quella generazione della musica d’autore, dove non racconti slogan. Mi interessa che ci sia una ricerca sulle parole usate.

Ti faccio una domanda tra parentesi visto quello che mi stai raccontando: cosa ne pensi del Nobel a Dylan? C'è stato un po' di dibattito tra chi era pro e chi era contro.
Io ho avuto la fortuna in prima superiore di avere un’insegnante di Italiano che era abbastanza fuori ma anche abbastanza avanti, e la prima volta che ho sentito parlare di Bob Dylan è stato perché lei, saltando a piè pari il programma, ci leggeva Dylan e De Andrè. Ogni tanto ironizzo su come canta Dylan (ride ndr), però ritengo che insieme a Cohen, Nick Cave e Shane MacGowan dei Pogues, scriva da Dio… voglio dire l’hanno dato a Dario Fo (ride ndr)! Non fraintendermi, a me piace tantissimo Fo e sono anche d’accordo per certi versi, ma se lo danno a Dario Fo, è il minimo che lo diano a Dylan. Poi sono in pochi nella storia della musica rock ad aver influenzato così tante generazioni. Ha scritto delle robe pazzesche sempre, una penna felicissima.



Torniamo ai tuoi artisti, una domanda a bruciapelo: qual è la migliore qualità di Martinelli?
È che in questa sua tragicomicità, la comicità è sempre molto intelligente, tranne un pezzo che questa caratteristica non ce l’ha perché è un po’ troppo adolescenziale che si chiama "Flauto di pelle" (ride ndr), infatti quando ho letto la tua rubrica "Pescato Fresco" gli ho detto: finalmente qualcuno che te lo dice! Tutti i pezzi hanno questo equilibrio in cui la comicità è sì divertente, ma sempre pensata, intelligente, ma non quel pezzo, anche se parte da una storia vera, forse io sono troppo vecchio per capirlo. Però è il pezzo che piace di più in concerto.

Ti faccio la stessa domanda su Lele Battista, qual è la sua migliore qualità come autore?
In tanti pezzi che scrive ci sono dei passaggi che ti fanno dire: ecco, è vero. Ti ci identifichi. Una canzone è riuscita quando le tue esperienze, le tue storie diventano anche le storie degli altri. Come mi era capitato con Vinicio, con Tenco, ci sono dei brani di Lele che quando li ascolto vorrei averli scritti io. Mi piace come scrive, come si racconta, come riesce ad entrare. Ha un modo di scrivere per certi versi vicino al mio, per altri molto distante, per esempio quando usa i giochi di parole. In generale mi piace come riesce ad essere esistenziale senza essere pesante, quella sorta di leggerezza pensosa calvianiana.

(Lele Battista)

C'è un ascoltatore ideale a cui vuoi rivolgerti? Te lo chiedo perché questo è un momento particolare della musica italiana, in cui finalmente non esistono più indipendenti e mainstream, ma alcuni dischi rischiano di restare in mano agli addetti ai lavori senza mai arrivare al pubblico.
A me piacerebbe sempre semplificare la musica tra bella e brutta. Ti racconto questo episodio, quando ero in Warner e c’erano ancora soldi nella discografia, l'etichetta ti faceva arrivare a casa a Natale un pacco con 20/30 dischi. Di questi la maggior parte non ti interessava, però magari c'era il disco di Madonna e te lo ascoltavi, Neil Young e te lo sentivi, i Red Hot e sentivi pure loro, poi c'erano quei dischi che dicevi: bah! Anche no. E tra i dischi del "bah!" c’era il primo disco di Michael Bublé, con le canzoni di Natale. Normalmente l'avrei portato in un negozio di dischi e l'avrei scambiato con qualcos'altro, ma nella tracklist c’era "Fever" e decisi di ascoltarlo, e ci rimasi di merda, volevo smettere di cantare per quanto mi aveva impressionato. Per cui alcune volte hai un atteggiamento un po’ così, prevenuto, e poi invece...

Mi chiedevo se questo progetto di etichetta comprendesse un’autoproduzione, cioè: il prossimo disco di Mauro Ermanno Giovanardi esce per Parola Cantata?
Non lo so. Ti dico la verità, ancora non lo so. Sarebbe figo, ma non ti nascondo che potrebbero essere altre le soluzioni adatte a me perché purtroppo non sono capace a fare dischi che costino poco (ride, ndr), però potrebbe essere bello.

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L'articolo Parola cantata, l'etichetta coraggiosa di Mauro Ermanno Giovanardi di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2016-11-30 10:56:00

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COMMENTI (1)

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  • nonnatris 8 anni fa Rispondi

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