Motta: "Ogni concerto è una grande festa dopo il lavoro fatto per prepararlo"

"Motta dal vivo" è il disco che celebra gli ultimi tre anni della vita dell'artista toscano, trascorsi sui palchi italiani. Dalle urgenze dietro "La fine dei vent'anni" alle ispirazioni ricevute in viaggio di nozze in Australia, fino al prossimo album, lo abbiamo interrogato

Un'immagine tratta dal live di Motta all'Auditorium Parco della Musica di Roma
Un'immagine tratta dal live di Motta all'Auditorium Parco della Musica di Roma

Con Motta ci si sente abbastanza spesso, o per lo meno con regolarità. L'ultima volta era stato non molto tempo fa, in occasione del suo ultimo concerto all'Auditorium Parco della Musica di Roma, in chiusura del tour di Vivere o morire. Dal 6 dicembre quel concerto è diventato un disco live intitolato, semplicemente, Motta dal vivo. Allora abbiamo ripreso in mano il telefono, per sapere quante e quali cose siano cambiate in questi pochi mesi, e perché un simile concerto andava celebrato in vinile. 

Di tutte le tappe del tour, come mai hai deciso di fare diventare un disco proprio quella conclusiva?

Rappresenta la sintesi degli ultimi tre anni, ed è stata realizzata in uno dei luoghi più belli che ci sono in italia per sentire concerti. È stata una festa finale, c'è stato un grande lavoro sugli arrangiamenti, per farli diversi dalla versione in studio e quindi anche la sensazione che avevo io sul palco era di qualcosa che non era mai successo. Sono tanti motivi per cui ho voluto stamparlo. Le canzoni si sono tanto rigenerate nel corso di questi tre anni, anche se uno prova ad ascoltare l'album ci sono canzoni che hanno proprio un altro sapore rispetto a come erano state registrate.

In Cambio la faccia sei stato affiancato da tua sorella Alice, che già suonava con te nei Criminal Jokers. Come è stato averla sul palco in questa veste? E perché proprio quel pezzo fra quelli fatti insieme?

A parte ovviamente la vicinanza e l'amore che ci lega come fratello e sorella, penso che sia una delle voci più belle che ci siano e più complementari rispetto alla mia. Mia sorella è sempre stata molto più brava di me a suonare, ha sempre avuto una visione della musica più chiara della mia. È tante altre cose, oltre a essere mia sorella.

La copertina di
La copertina di

Ci avevi detto nella scorsa intervista che questa data sarebbe stata per te un punto di partenza, e non di arrivo. Il percorso è già iniziato?

Sì, sto scrivendo delle cose molto diverse da prima, devo dire che in questo periodo sto ritrovando un amore per la musica. Non che fosse scemato, è che mi sono concentrato tantissimo sulle parole e sul testo negli ultimi due anni, mentre ora sto ricominciando, ad esempio, a comprare strumenti assurdi, perché voglio continuare a stimolarmi a fare cose che non ho ancora fatto. E soprattutto cose che non mi riesce di fare. Questa è la cosa che mi fa stare in movimento oggi.

Com'è cambiata la preparazione di un live per te negli anni?

Il discorso live è forse uno dei motivi per cui nel tour della Fine dei vent'anni il pubblico è aumentato. Mi reputo fortunato, perché sono circondato da musicisti incredibili: riusciamo a condividere il silenzio, a stimolarci e a crescere insieme per quanto riguarda gli arrangiamenti. Dietro al live c'è un lavoro incredibile che poi porta al festeggiamento, quando appunto si fanno concerti.

A proposito di La fine dei vent'anni, nella nostra classifica sui dischi pop italiani del decennio si è posizionato al sesto posto. Ok?

No, volevo essere primo (ride). No, sto scherzando, mi fa molto piacere, soprattutto che l'abbiate definito un disco pop. Perché è assolutamente così.

Quando l'hai registrato ti stavi rendendo conto che stavi facendo qualcosa di così importante?

Quando l'ho registrato era un'urgenza conseguente a una grande solitudine che c'era stata. L'unica cosa di cui mi rendevo conto era che per me era assolutamente necessario dire quelle cose. Non pensavo a quello che sarebbe successo dopo.

Per te oggi cos'è la fine dei vent'anni?

È un bellissimo ricordo, perché in qualche modo mi sento molto più felice adesso, mi sento di aver accettato le cose che non potevo cambiare. Magari non tutte, ma quasi. Mi fa piacere pensare che su tante cose sono andato avanti, in qualche modo. 

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Disco del 2019?

Per l'Italia non lo so, ma penso che a livello internazionale Billie Eilish abbia segnato una svolta, soprattutto per l'impatto sonoro della sua musica. 

Puoi scegliere l'artista che vuoi per farci un disco.

Johnny Greenwood.

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Recente in tv la tua neo sposa Carolina Crescentini ti ha definito "punk romantico". Ti ci ritrovi?

Carolina è molto più intelligente di me, quindi mi fido.

Il tuo viaggio di nozze in Australia ti ha ispirato per i futuri lavori? 

Assolutamente sì, mi ha fatto vedere veramente tutto molto più chiaro e tutto in maniera più semplice, perché era veramente tantissimo tempo che non mi fermavo. Stare tre settimane in un posto dove respiri una civiltà completamente diversa da quella che si respira a Roma, assieme a un popolo meraviglioso, che ama le cose semplici. Poi ci sono stati viaggi in macchina con dei silenzi bellissimi che abbiamo condiviso, e che mi hanno veramente fatto respirare la mente. Sono veramente carico nell'affrontare la scrittura del nuovo disco adesso.

C'è qualcosa che ti ha colpito particolarmente di questo viaggio?

Vedere tanta gente che suona e anche la grandezza che c'è in Australia, l'enormità degli spazi. Là c'è poca gente, questa cosa qui è rilassante.

Hai anche suonato?

Mi sono messo a fare una jam session a un certo punto. Tra l'altro suonando il basso, che è uno dei miei strumenti preferiti.

E com'è andata?

È andata benissimo, ho delle registrazioni assurde che è possibile che vadano in qualche disco. Non so se in questo, ma in altri magari sì.

Hai visto qualche strumento che ti ha "intrippato"?

Quando viaggio cerco sempre strumenti particolari da portare a casa, ma questa volta a colpirmi è stata... la chitarra. Sembrerà una cazzata, però andare dall'altra parte del mondo e sapere che c'è ancora qualcuno che la suona mi ha fatto veramente molto piacere.

Recentemente hai realizzato le musiche per il film Letto numero sei, dove recita Carolina. Che esperienza è stata?

È molto diverso: anche lì non ho lavorato da solo, ma con Leonardo Milani e Taketo Gohara. L'altro giorno, quando abbiamo fatto la conferenza stampa con Carolina, la regista Milena Cocozza e con Andrea Lattanzi, mi sono sentito parte di una squadra, che è una cosa molto bella e che troppo poco spesso capita nella musica. Nel cinema tutte le persone hanno lo stesso obiettivo finale, che è il film. Sentirmi parte di questo mi ha dato grande forza: quando fai qualcosa con un'altra persona, se tutte e due ci tengono, sarà sempre sicuramente meglio che farla da solo. A livello musicale ho fatto anche cose diverse rispetto a quello che faccio di solito nelle canzoni, perché quando fai colonne sonore per un film il testo è il film stesso, quindi si tratta di usare evidenziatori diversi e cercare di accompagnare una trama già scritta. Anche musicalmente ho fatto delle cose che nelle mie canzoni non c'erano mai state, per esempio ho usato molto di più l'elettronica. Penso che questa cosa mi porterà anche a sperimentare ancor di più sui miei dischi.

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L'ultima volta ci hai detto che ti saresti fermato per un po', però mi pare di capire che in realtà hai già molti progetti in ballo. Quindi è cambiato qualcosa sulla tua agenda?

Direi di no, ora mi sono fermato perché ora facendo altre cose rispetto a quelle che faccio di solito (e che adesso non vi posso dire). Fermarsi vuol dire respirare novità, e il prossimo disco uscirà quando sarà giusto. Quando mi renderò conto che le canzoni sono finite, lo farò uscire, ma non ho scadenze. 

Prevedi una lunga attesa?

Dovrete aspettare il tempo giusto, non so se è tanto o poco.

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L'articolo Motta: "Ogni concerto è una grande festa dopo il lavoro fatto per prepararlo" di Vittorio Comand è apparso su Rockit.it il 2019-12-07 14:20:00

Tag: album

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