L'avventura più incredibile della vita: i Moustache Prawn raccontano il loro tour in Giappone

I Moustache Prawn hanno appena affrontato un tour di 10 date in Giappone che hanno organizzato da soli: in questa intervista ci raccontano com'è andata

Moustache Prawn tour giappone
Moustache Prawn tour giappone - Santuario di Fushimi Inari-taisha, Kyoto

I Moustache Prawn sono tornati da qualche giorno da un tour di 10 date in Giappone che hanno organizzato tutto da soli. Dopo avergli dato il tempo di riprendersi dal jet-lag, li abbiamo contattati per farci raccontare com'è stato andare a suonare in un luogo con una cultura così affascinante e diversa dalla nostra. Ecco cosa ci hanno raccontato.

Ciao ragazzi, com'è andato il tour?
Crediamo che sia stata l'avventura più incredibile della nostra vita. Siamo ancora scioccati e non credo ci riprenderemo facilmente.

L'avete organizzato da soli?
Leo ha una particolare fissazione col Giappone e un giorno, di ritorno dal Texas, ha deciso che fosse il momento di andare a fare un tour da quelle parti, sfruttando i suoi contatti con la gente del posto. Abbiamo fatto questa scelta sia perché il nostro genere è molto apprezzato e visto molto più come una novità rispetto a posti come l'Europa o gli Stati Uniti, sia perché il mercato musicale giapponese è uno dei più floridi al mondo, soprattutto se si considera la vendita dei dischi fisici.

Qual è stata la difficoltà più grande che avete incontrato nell'organizzazione?
Comunicare con i promoter e gli organizzatori di eventi. In Giappone è difficile trovare qualcuno che parli inglese in maniera comprensibile. Per fortuna i programmi di traduzione simultanea sono stati di grandissimo aiuto. Abbiamo comunque iniziato a seguire corsi di Giapponese all'università per poter proseguire questo cammino.

Raccontateci il clima, musicale e non, che avete trovato.
C'era una grandissima eccitazione ed euforia in ciascuno dei live. In Giappone, le band emergenti sono solite pagare il gestore del locale affittando la sala concerti (le cosiddette live houses) e la strumentazione (da paura, anche nelle live houses più modeste) per potersi esibire e promuovere la propria musica. In alcuni casi ricevono la metà del prezzo del biglietto della gente venuta per loro. I biglietti per entrare in una live house costano dai 10 ai 20 euro, e i dischi si vendono anche a 20-25 euro. In 25 minuti le band concentravano tutta la loro rabbia e la loro energia, i live erano curati fino al dettaglio, c'erano gruppi che si preparavano dalla mattina con il truccatore personale soltanto per dare il massimo in quei 25 minuti, sperando che ci fosse in sala la persona giusta al momento giusto.

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Qual è stato l'episodio più bello capitato in tour?
Ce ne sono davvero tanti. Ci siamo chiusi per tre giorni in un magazzino di utensili subacquei che conteneva al suo interno uno studio di registrazione sospeso su una piattaforma con centinaia di strumenti strani e cianfrusaglie elettroniche d'altri tempi, tra cui vecchi computer Atari e robottoni porta birra. Abbiamo dormito in una tenda e registrato musica per due giorni di fila con i membri della nostra etichetta di Tokyo, la 33Record, attraverso il metodo degli sketches. Partendo da un beat, da un riff qualunque, ognuno registrava qualcosa fino a creare delle vere e proprie composizioni. È venuta fuori parecchia roba strana cantata un po' in finto inglese, un po' in lingua inventata, un po' in italiano e un po' in giapponese. Volevano che registrassimo 3 dischi in 3 giorni. Ci siamo quasi riusciti.

E quello più strano?
Non saprei da dove iniziare. Ne dico uno così tra i tanti. In una live house, a Yasu, ci hanno tenuti in una specie di camerino che era una sorta di stanza da giochi. Il proprietario, Shun, che non parlava mezza parola d'inglese, ci mostrava ognuno dei suoi giocattoli e ci chiedeva di giocarci, regalandoci ogni tanto dei piccoli doni, del sake in busta, dei mini gelati, degli snack a forma di drago, della vodka, poi ci ha fatto fare esercizio fisico con degli attrezzi da palestra, applaudendoci di tanto in tanto. È stato davvero strano. È stato strano dormire nelle stazioni di servizio delle autostrade, facendo il tragitto dal camper al bagno (nella saletta per le mamme che cambiano il pannolino ai bambini) in pigiama mentre i giapponesi, vestiti eleganti e in giacca e cravatta, ci guardavano disgustati. È stato strano dormire in una capsula. È stato strano pescare una carpa gigante. È stato strano immergerci nell'attraversamento pedonale di Shibuya tra centinaia di persone e le mille luci al neon di Tokyo. È stato strano farsi un giro nel quartiere gestito dalla Yakuza. Credo che non ci sia successa una cosa “normale” in tutto il viaggio.

Avete condiviso i palchi con qualcuno di interessante?
Abbiamo scoperto tantissimi gruppi interessanti e siamo convinti che, se ci fosse l'opportunità di farli suonare in Italia, piacerebbero a tutti. Una delle band più interessanti con cui abbiamo condiviso il palco sono le JinnyOops! (anche loro sono state al SXSW a Austin), una band shoegaze di nome 死んだ僕の石川 e i PlasticZooms, una band post-punk che ha vissuto a Berlino e che ha girato anche in Europa. Contiamo di farli venire in Italia per un tour.

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Vi è capitato di parlare con la gente del posto della musica italiana?
Si, molte volte ci è capitato di parlare delle affinità e delle differenze nel mondo musicale tra Italia e Giappone. In genere i giapponesi non conoscono la musica italiana. In un solo caso abbiamo avuto la fortuna di cantare "'O Sole Mio" con una cantante lirica giapponese innamorata dell'Italia. È stato poi interessante confrontarsi con un ragazzo italo-giapponese, Ryo Matsuyama (che tra l'altro è molto bravo e si è esibito durante il nostro primo concerto al Garage di Tokyo) riguardo quest'aspetto. Lui ci ha spiegato meglio come funziona la musica in Giappone ed è stato perfettamente in grado di fare un confronto avendo vissuto in Italia fino a 6 anni fa.

Avete notato delle differenze tra il pubblico italiano e quello giapponese?
Abbiamo trovato lo stesso calore di quando suoniamo in Italia, e siamo molto contenti per questo. In generale il pubblico era sempre preso benissimo e ballava come se fosse al concerto della loro band preferita. Tutti erano molto curiosi di vedere lo show di questa band italiana venuta a fare un tour di 10 date in Giappone, ci trattavano come se fossimo delle star, chiedendoci di firmare il loro disco con il loro fare super timido. È stata davvero un'esperienza indimenticabile.

In generale, come sono i posti dove siete stati a suonare? I locali sono attrezzati? C'è una cultura della musica dal vivo? Se sì, in cosa differisce dalla nostra?
Come dicevo, anche la live house più modesta garantisce una strumentazione da paura. In alcuni casi abbiamo trovati schermi giganti sul palco e prima di suonare bisogna compilare un modulo in cui scrivi i BPM di ogni brano per poter coordinare le luci a tempo. In generale, possiamo affermare che in Italia c'è la fortuna di ricevere un cachet, il vitto e l'alloggio ad ogni live, cosa per nulla scontata in Giappone. Quando chiedevamo a delle band di venire in Italia a suonare e che avrebbero ricevuto un compenso per il live, quasi non ci credevano. In Giappone per avere una band devi assolutamente avere un altro lavoro per pagarti le spese dovute al fatto di avere una band. Ovviamente, sto parlando dell'ambiente underground, funziona così almeno finché non ti fai un nome più grosso e non sei in grado di portare pubblico e di vendere biglietti. Oltretutto le band guadagnano dal merchandise, vendono davvero di tutto, spazzole per capelli, penne, cappellini, fermacarte, ecc.

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Se doveste dare dei consigli a una band italiana che vuole organizzare un tour in Giappone, quali sarebbero?
Il nostro consiglio è quello di provare a buttarsi e di provare un'esperienza del genere, in Giappone c'è molta attenzione nei confronti della musica e ci sono molte opportunità di farsi notare. Inoltre saremmo felicissimi di aiutarla e supportarla. Abbiamo intenzione di creare un ponte tra l'Italia e il Giappone. In un certo senso, vogliamo portare le band italiane in Giappone e le band giapponesi in Italia, cercando di creare un'interconnessione tra queste culture così lontane e di mettere a contatto i due ambienti musicali. È un progetto che sta prendendo piede e di cui presto sentirete parlare.

Pensate di tornarci dopo questa prima esperienza? 
In generale in Giappone abbiamo trovato un terreno fertile e abbiamo sicuramente intenzione di ritornarci, chissà, forse proprio nel 2017. In realtà ci stiamo già lavorando, ma non assicuriamo nulla. Per il momento, ci concentreremo sul prossimo tour in Italia e sulla lavorazione del terzo album.

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L'articolo L'avventura più incredibile della vita: i Moustache Prawn raccontano il loro tour in Giappone di Chiara Longo è apparso su Rockit.it il 2016-10-28 15:29:00

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