Con i campi alle ortiche ed un flauto spezzato: i rischi della vita del musicista

Un nuovo studio dell'università di Princeton cerca di quantificare i problemi di una categoria che spesso non viene neanche riconosciuta come "lavoro vero"

17/07/2018 - 15:39 Scritto da Vittorio Farachi

Se chiedi a un campione di dieci bambini - meglio se non proprio piccolissimi, quelli vogliono ancora giocare nella nazionale (sigh) - cosa vogliono fare da grandi, tra astronauti, pompieri, principesse e i suddetti calciatori, ce ne sarà sampre almeno uno che vuole fare la rockstar. E crescendo quella resterà una delle ambizioni più comuni. Chiaro, è più che comprensibile. Una vita di adrenalina, vissuta in nome dell'arte e del compiacimento del proprio ego, acclamati dalle folle e perennemente fluttuanti a mezzo metro da terra, su di un palco, sopra le teste dei comuni mortali a cui regalare un po' del nostro genio. 

La vita però va oltre la favola, e la vita del musicista può essere, sempre e a qualsiasi livello, una continua montagna russa tra picchi incredibili di euforia e profonde e dolorose cadute. Così a ripetersi, sempre e per sempre. Cosa significa quindi fare il musicista? Certo, non è solo dolore e c'è sempre qualcuno che ce la fa. Drake, ad esempio, a solo una settimana dall'uscita di "Scorpion" aveva già collezionato 745.92 milioni di stream (anche se l'operazione di marketing non è stata del tutto trasparente, ma questa è un'altra storia). Tradotto in termini anche solo remunerativi, è una cifra importante. E parliamo solo dello streaming, e solo su Spotify. Ma per uno che ce la fa, il grande numero degli altri è costretto ad una realtà ben diversa. Una ricerca dell'Università di Princeton (stilata suo suolo americano, ma indicativa dell'andamento di tutta l'industria, anche la nostra) ha stilato un elenco delle principali problematiche in cui statisticamente incorrono gli artisti. 

Nonostante casi come quello del sopra citato Drake, il primo dato della ricerca è che circa il 61% dei musicisti non riesce a guadagnare abbastanza da potersi mantenere. Per guadagno non intendiamo solamente i dischi venduti, mercato notoriamente in crisi insieme all'intero ecosistema del supporto fisico, ma l'intero insieme delle entrate di un artista. Ad essere la principale fonte di guadagno sono, ancora oggi e anche per la maggior parte degli artisti più importanti, i live. E se è vero che questa cosa ha ad esempio generato un cortocircuito nel mercato italiano, alzando i prezzi dei cachet in favore di un aumento del pubblico, a discapito però dei piccoli locali, questo sistema rischia di tagliare fuori quello che può essere considerato non solo il piccolo circuito, ma anche quello medio. Insomma, il sostentamento economico di un artista è generalmente scarsamente costante, frutto di prestazioni occasionali seppur frequenti, e se questo può portare momenti molto rosei e fortunati nel giro di pochi anni può portare alla bancarotta anche chi, per un momento, ce l'aveva fatta. Insomma no, gli artisti non sono tutti ricchi sfondati, anzi. Come categoria generale i musicisti infatti non possono essere considerati pagati generosamente. 

Il rischio di dipendenza da sostanze stupefacenti, alcolismo e problemi psicologici è poi superiore a forse ogni altra categoria professionale. Colpa loro? Non è così semplice. Un musicista infatti tende a passare, genericamente, lunghi mesi a scrivere, registrare e mixare un disco, in un processo che può essere anche molto intimo e complesso, per poi passarne altrettanti in tour. E tour significa: sveglia presto, chilometri e chilometri, check, concerto, afterparty, albergo. Così a ripetizione per moltissimi giorni di fila. Come riportato dalla ricerca, su un campione di 1.200 intervistati, l'85% ha dichiarato di assumere alcol almeno 4 giorni a settimana. 

La ricerca è molto complessa e ad uno stato embrionale, noi per primi riconosciamo come molti dei punti trattati siano grattati solamente in superficie. Le dicotomie come artisti tutti alcolisti, drogati con un sacco di problemi sono sempre un po' troppo vage rispetto alla realtà, che si fonda su una infinia scala di grigi. Ma i problemi della categoria professionale dei musicisti rimangono comunque diversi e complessi, lo scopo della ricerca rimane quello di approfondire nei prossimi anni il maggior numero possibile di questi aspetti per avere una base su cui operare. Anche in Italia sono presenti diversi organi e garanti occupati su questi temi, dai fondi per musicisti alle pensioni dedicate, fino a disegni di legge a garanzia di una categoria troppo spesso vista come privilegiata e che invece si trova nella stragrande maggioranza dei casi ad affrontare enormi difficoltà. Perchè un giorno possa restare sì un ridere rauco e ricordi, tanti, ma con un campo curato ed un flauto ancora intero. 

 (via)

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L'articolo Con i campi alle ortiche ed un flauto spezzato: i rischi della vita del musicista di Vittorio Farachi è apparso su Rockit.it il 2018-07-17 15:39:00

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