Se Ligabue non fa sold out (e va bene anche così)

Perché tutto intorno è pieno di sold out e questo non è un bene

19/06/2019 - 14:36 Scritto da Vittorio Farachi

Qualche giorno fa Ligabue ha scritto in un post che le sue date non stanno andando benissimo. "Ciao ragazzi, come va?"- inizia il Liga - "allora: il tour è cominciato e in alcuni stadi, a questo giro, l’affluenza di pubblico è inferiore alle previsioni dell’agenzia". Su una capienza media di 50.000 biglietti pare che quelli venduti siano 30.000. No, non è una scusa per parlare male del rocker di Correggio o altro, questa volta Ligabue ha centrato il punto.

Per chi non se ne fosse accorto, da un paio d'anni a questa parte, la psicosi dei live si porta dietro la febbre del sold out. Veniamo da un decennio di torpore in cui le major, sia discografiche che, come in questo caso, agenzie di booking, sono rimaste ancorate ai re del pop (Antonacci, Pausini, Renga..). La campagna acquisti si esauriva con i talent, macchine perfette in cui totali sconosciuti vengono incubati da una produzione televisiva e risputati superstar, regalando alle etichette una promo dal valore di centinaia di migliaia di euro. Solo che il pubblico ha iniziato presto a stancarsi di questo giochino, ed ha cominciato, circa un paio d'anni fa, a buttare l'occhio altrove. Il primo passo è stato il rap, che arriva in radio e anche in Italia, con evidente ritardo sul resto del mondo, viene sdoganato al mainstream. Da lì il passo è stato breve a portarsi dietro tutti gli altri che facevano musica ma senza venire dai talent. Probabilmente è per questo che l'indie, che una volta era una vocazione stilistica, ha poi accolto tutti quelli che avrebbero fatto volentieri il pop dall'inizio, solo che volevano farlo a modo loro. 

Quando i numeri di questi artisti sono diventati troppo grandi da poter essere ignorati, le major hanno iniziato a metterci lo zampino. Questo per due motivi: comprare qualcosa di nuovo e fagocitarlo prima che diventi più grande di te e ti renda obsoleto, e perchè sai mai che lì ci sia la nuova star della musica italiana. Su questo punto, visto i numeri di Thegiornalisti, Calcutta, Salmo, Coez e compagnia, forse c'avevano ragione. C'avevamo ragione. 

Ligabue a Campovolo - bei tempi quelli, vero?

Per non perdere il filo restiamo sul mercato dei live, che è poco poetico chiamare mercato ma questo è un articolo che parla di numeri. Le major in campagna acquisti si muovono come i colossi che sono, tirando anticipi milionari ad artisti e agenzie che fino a poco tempo prima suonavano nei circoli arci e che magari hanno avuto chi il culo e chi il merito di fare le scelte giuste al momento giusto. Solo che quando qualcuno ti presta tantissimi soldi, di solito, poi li rivuole. Prendere i numeri della rete come applicabili alla vita reale è uno dei più grandi peccati che puoi commettere oggi nel mondo del lavoro, questo non significa che non sia stato fatto negli ultimi due anni da chi ha firmato quei contratti, scegliendo gli artisti in base ai numeri e non ad uno scouting mirato. Se gli anticipi sono alti e il tour non va come speravi, almeno puoi far credere che stia andando così.

Non vuol dire questo che i sold out che vedete in giro siano finti, quelle sarebbero frodi. Ma ci sono tanti modi per forzare la capienza di un locale: dal riempirlo di accrediti allo spostare il palco per segare i posti nel parterre, fino all'affittare un palazzeto, non vendere molti dei posti e usare l'aver suonato lì come biglietto da visita perchè la gente possa dire "wow, che fighi loro che hanno fatto sold out al Forum!". Ovviamente stiamo semplificando molto le cose, non è così semplice e non significa che funzioni così per tutti, ma non è troppo lontano dalla realtà. 

Se gli sgami lavorativi, tuttavia, esistono e che Dio li benedica, il fenomeno dei sold out ha creato una psicosi sulle capienze, rendendo il mondo dei live in Italia una continua gara al rialzo, con tour sotto steroidi e locali riempiti ma anche no. Ed è qui che torniamo al Liga.

Perchè Ligabue poteva dire che i biglietti stavano finendo, portare il palco più avanti e magari cancellare il parterre, vendendola come una innvoazione della struttura di un palco fenomenale. Invece no, lo ha detto chiaramente: non stiamo vendendo come ci aspettavamo. Questa cosa qui, in una riunione, probabilmente è stata detta negli ultimi due anni per metà dei tour in giro. Il sold out non è la norma, è un eccezione, è per questo che esiste una parola così per definire una data in cui i biglietti sono finiti e non il contrario. La corsa alla data gonfiata sta avvelenando la musica dal vivo. Sarà che non siamo più abituati a ad assorbire il fallimento, che tutti devono essere i primi o non sono un cazzo, ma non aver raggiunto il massimo risultato non vuol dire non aver dato il massimo. E stavolta ci voleva Ligabue a ricordarlo agli altri. 

 

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L'articolo Se Ligabue non fa sold out (e va bene anche così) di Vittorio Farachi è apparso su Rockit.it il 2019-06-19 14:36:00

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