Jennifer Gentle I am you are 2001 - Lo-Fi, Indie, Folk

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Stranissimo e al contempo bellissimo questo esordio dei Jennifer Gentle, ancora una volta provenienti da una terra, il Veneto, che anno dopo anno partorisce gruppi rock assolutamente vitali. E non mi sembra esagerato poter dire che questo disco farà la sua figura anche davanti ad altri nomi ‘altisonanti’ di tutta la scena indie, non solo italiana ma anche internazionale. Sia chiaro: indie inteso come ‘indipendente’, sia in termini di contratti con le major che di sonorità, siccome il terzetto di cui vi sto parlando sembra rifuggire ogni schema. Un po’ come all’epoca fu per Beck, quel (ormai ex) giovanotto americano che stupì il mondo intero con “Loser” e relativo album intitolato “Mellow gold”.

I nostri tre connazionali - ci teniamo a precisare la provenienza - sfruttano la scia dell’artista appena nominato, riuscendo a realizzare un album in cui la commistione di generi e atmosfere non delude in alcun momento. In realtà l’anticipazione di “No mind in my mind” nella compilation “Homesleephome” era un’indicazione molto rilevante. In quell’occasione, infatti, i ragazzi mettevano in mostra la loro alienata vena pop contaminata da un pizzico di folk. Ricetta che si ripete anche sulla lunga distanza, a volte sapientemente condita dalla psichedelia di stampo beatlesiano o, più in generale, da quella proveniente dal periodo dei sixties (“Always been together”, “Rubber and south”). Altre volte sembra invece di sentire versioni alternative di canzoni scritte da un misconosciuto cantautore americano che risponde al nome di Ben Vaughn; si prenda ad esempio “Husbands”, babele sonora in cui la confusione, ovviamente, regna sovrana. Oppure “The strumpfhose melodie”, esperimento country/folk in chiave lo-fi.

Il finale è (quasi) all’insegna della melodia: “Since i’ve seen the seas” è infatti un pezzo tranquillo, ma che non potremmo certo definire la classica ballata convenzionale - giusto per rientrare nei canoni di quell’indie a cui sopra accennavamo.

La sostanza, comunque, è sempre la stessa: canzoni ‘deviate’ che finiranno per girare sul vostro lettore come se fossero pezzi pop da cantare e ricantare sotto la doccia, mentre si fanno le pulizie di casa o in qualunque posto voi siate. Che sia forse questo il nuovo concetto di musica pop?

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La recensione I am you are di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2001-01-24 00:00:00

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