Mattia Coletti Pantagruele 2009 -

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Mattia Coletti si meriterebbe la faccia sui francobolli, se c'è quella di Mino Reitano potrebbero mettere anche la sua, un giorno. Perché è una persona disponibile, un ottimo tecnico di studio che ha registrato dischi molto belli – tra gli ultimi, "You A Lie" dei Comaneci - un artista prolifico che non si tira indietro nel sminuzzare la sua creatività in mille progetti, senza la paura di fare il passo falso o di diventare noiso. Più di tutto, non ti fa sentire stupido: è roba sperimentale, certo, ma che in qualche modo risulta accessibile. Come il precedente "Zeno", si tratta di musica acustica, di matrice blues, il più delle volte ripetitiva e ipnotica. Aperture solari in "The bed is over the rainbow" appena entra la batteria, pre-war folk dalle lievi influenze africane in "Eduardo Manet, 1863", pop tra Grizzly Bear e Department of Eagles in "Sofia Malevic". Si potrebbero tirare in ballo Devendra Banhart o i primi Animal Collective, e certo sono queste le sfumature che aiutano Coletti nell'instaurare una sintonia con chi lo ascolta. Ma c'è anche qualcosa di più forte, un'autorevolezza capace di andare oltre i clichè e di durare più a lungo di un movimento artistico, di una moda, di una mania esterofila di passaggio. Destruttura le canzoni e queste continuano a suonare elementari, pulite, come se fossero scritte da secoli. Può permettersi di essere se stesso senza cadere nel classico autismo da compositore colto. Questo disco ti coccola. Anche il minuto finale di distorsioni ottiene un effetto conciliatorio invece che aggressivo. A mio avviso sono in pochi a riuscirci. Per questo, pur non amando il genere, continuo ad amare la sua musica.

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La recensione Pantagruele di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2009-11-18 00:00:00

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