Remo Anzovino Igloo 2010 -

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non è certo cheap come l’imbarazzante Allevi, ma neppure il più colto di tutti. Una buona via di mezzo, direi, accessibile a tutti, ma sostanzialmente aliena da una ricerca vera e propria.

In fondo in fondo, volendo proprio buttare nel calderone di tutto e di più, si potrebbe dire che Remo Anzovino fa parte di un genere non ben definito e con evidenti difformità, che comprende anche Ludovico Einaudi, Stefano Bollani e Giovanni Allevi.

Tratti comuni: la spiccata propensione a fondere tra loro i linguaggi più disparati, ma con una decisa impronta (o patina, a seconda dei casi) colta; il pianismo che costituisce la base strumentale di partenza dell’operazione. Differenze: beh, il valore artistico. Anzovino non è certo cheap come l’imbarazzante Allevi, ma neppure il più colto di tutti. Una buona via di mezzo, direi, accessibile a tutti, ma sostanzialmente aliena da una ricerca vera e propria.

“Igloo” non differisce molto da “Tabù”, se non per una maggiore propensione sinfonica e i duetti importanti: Franz Di Cioccio, Bebo Ferra, Francesco Bearzatti, Gabriele Mirabassi, Luca Aquino, Enzo Pietropaoli, ognuno dei quali porta un colore diverso. Per il resto, i soliti Morricone, Piovani, Tiersen, lontane eco di Ravel e Prokofiev (nella title track), mediterraneità, epicismi.

Solo che a tratti sembra di stare in un film di Tornatore o della saga di “Harry Potter”.’Nzomma. Sarò controcorrente, che volete farci. Certo, la bravura è fuori discussione, ma, come avevo segnalato per “Tabù”, la stucchevolezza è dietro l’angolo. Bella la copertina di Davide Toffolo.

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La recensione Igloo di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2012-04-16 00:00:00

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