Bungalow 62 Snowy Teeth Drive 2010 - New-Wave

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La sua formazione classica, l'ascolto rivelatore di Lou Reed, le esperienze condivise con Emidio Clementi negli anni universitari. E poi staccarsi da tutto e trovarsi in una minuscola casina di legno della Svezia centrale, decidendo di farne un domicilio idealmente definitivo a contatto con atmosfere anonime, in cerca di un senso, uno qualunque, purchè sia tale. Bungalow 62, progetto personale di Paolo Forlì, nasconde tutto questo.

Sette piccole canzoni folk che si riempiono gli occhi di grazia e smanie sdolcinate, carezzandosi l'una con l'altra, ridendo di se stesse facendosi il solletico (ché prendersi troppo sul serio non è cosa per noi). Curato in produzione da Mattia Coletti, "Snowy Teeth Drive" è un disco fatto di canzoni scarne e dense, che penzolano pregne di emotività tra gli ascolti della vecchia e della nuova generazione di songwriter folk americani.

Da "Welcome song" a "Shining silence", tutto si muove con sinuosa intimità lo-fi. Eppure, particolarità del disco, è che la sfumatura privata sembra esser presente mai in modo troppo esclusivo. Costante è infatti la volontà di dare al lavoro una impronta intimistica che non sia ostinatamente minimale. E se da un lato la lezione di autori nostrani (Bob Corn) sembra presa alla lettera per dedizione a un suono caldo e introspettivo, è pur vero che nelle canzoni di Bungalow 62 tutto si flette costantemente a situazioni di aperture corali e gioiose che smorzano volutamente i toni più cupi e personali: così ad esempio in "Bet and Charly", in cui le tipiche tensioni intimistiche e malinconiche si schiudono a situazioni di leggerezza inattesa, tra fischiettii e coralità pop alla Sufjan Stevens, che calcano bene la tendenza più giocosa e genuina dell'autore.

Dalle citazioni di Shakespeare in "Sonnets: N° 21" al koto di Chieko Mori nell'outro di chiusura, dalle liriche di Robert Frost alle batterie di Michele Grossi (Dadamatto): "Snowy Teeht Drive" è un album che si lascia apprezzare piano e che alla lunga decidi di tener caro. Non un lavoro imprescindibile, ma senz'altro a tratti indipendente, colorato quel tanto che basta per caratterizzarsi in modo personale in questa nuova bella generazione di cantautori da cameretta italiani. Un disco che sorride, che ai sospiri imbronciati di una calda confessione autunnale alterna sprazzi vitali che annunciano serate estive alle porte.

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La recensione Snowy Teeth Drive di Scritto da Giulio Pons è apparsa su Rockit.it il 2010-05-05 00:00:00

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